L’attacco a colpi di coltello contro fedeli nella cattedrale di Nizza ha scatenato sulla stampa italiana – figuriamoci su Facebook e twitter – la solita ondata di islamofobia sguaiata. Ma stavolta il bersaglio è stato anche politico: il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan.
Autorevoli commentatori lo additano come se non il responsabile almeno il mandante morale, perché soprattutto nelle ultime settimane è stato coinvolto in uno scontro con l’omologo Macron aspro e ampio: dalla geopolitica mediterranea a per l’appunto l’islam in Francia. In sintesi: l’attentatore tunisino ha colpito perché spinto dalle parole durissime pronunciate negli ultimi giorni da Erdoğan contro il presidente francese. La tesi è evidentemente strampalata, perché la distanza tra le dichiarazioni del presidente turco e le coltellate di Nizza può essere colmata solo da acrobazie logiche.
Non c’è rapporto né diretto né indiretto, nei fatti quelle di Erdoğan sono risposte – certo, non amichevoli – all’offensiva antiturca di Macron: in Libia, al fianco della politica oltranzista della Grecia nel mediterraneo, in appoggio all’organizzazione terroristica Pkk, contro le moschee e gli imam in Francia che hanno invece il sostegno di Ankara. Perché mai la Turchia dovrebbe subire e tacere? Perché non dovrebbe difendere i propri interessi nazionali? Misteri della propaganda.
Quel che è apparso sui quotidiani italiani – sia su carta, sia sul web – è raccapricciante. Comincio dai due alfieri dell’islamofobia a mezzo stampa, Fiamma Nirenstein (Il Giornale) e Vittorio Feltri (Libero). La prima definisce Erdoğan “il migliore punto di riferimento del mondo terrorista”, anche se “non possiamo accusarlo di terrorismo in modo diretto”. Però, “è difficile ignorare che Erdogan abbia minacciato direttamente e ripetutamente la Francia e Macron in questi mesi della molteplicità di attacchi”; dopotutto, è coinvolto “in un gioco che coinvolge i gruppi terroristi, da Al Qaeda, all’Isis a Hamas agli Hezbollah, con incontri, spostamenti, finanziamenti, armi”. Al di là del massacro della sintassi e della punteggiatura, quali sono i fatti e i riscontri?
Feltri, se possibile, è riuscito a fare di peggio: “Erdogan […] è come Osama bin Laden, quello delle Torri Gemelle abbattute a New York, e necessita di essere imbrigliato affinché la smetta di ammazzare gente in Europa, specialmente in Francia negli ultimi giorni.” E ancora: “Erdogan […] ordina di trucidarci e i suoi sudditi obbediscono manifestando una crudeltà senza pari.” Anche in questo caso: i fatti e i riscontri, dove sono?
Le nuove leve della destra di matrice sovranista/leghista non hanno potuto che accodarsi in un unanime “è tutta colpa di Erdoğan!” Lo ha dichiarato ad esempio Francesco Giubilei sul sito di Nicola Porro: “Impossibile non pensare a un nesso tra l’attentato di [Nizza] e la copertina di Charlie Hebdo uscita ieri.” (quella che offendeva pesantemente sia il presidente turco, sia la religione islamica). Riscontri? Fatti? Lasciamo stare.
Sempre online, spicca un’intervista al filosofo francese Pascal Bruckner: “La Turchia è il nostro nemico principale al giorno d’oggi. Vuole conquistare l’Europa e imporre la sua visione dell’islam. […] Tutti i Paesi europei si devono unire per sconfiggere Erdogan nella sua crociata.” La sua crociata? Ecco: il mondo alla rovescia!
E l’intervistatrice, Giulia Belardelli, come ha reagito? Gli ha contestato magari questo capovolgimento della realtà? Più in generale lo ha incalzato, lo ha invitato a fornire riscontri? Beh, no: mettendocisi d’impegno è persino riuscita a superarlo in quanto a islamofobia militante:“La Turchia è un Paese Nato che fino a poco tempo fa sembrava sulla strada di entrare nell’Unione europea. Oggi il suo leader sembra incoraggiare una nuova guerra di religione in difesa dell’Islam. Cosa cambia quando questa fatwa arriva da Ankara, e non da un sedicente Stato come l’Isis?”
Bruckner non ha potuto rifiutare l’assist: “Gli attacchi terroristici rivendicati o ispirati dall’Isis sono diversi dalle aggressioni di questi giorni, fomentate da un grande Paese islamico come la Turchia. L’obiettivo però è lo stesso: dividerci e colpire i valori occidentali alla base delle nostre democrazie.”
Io ormai mi sono rassegnato: la propaganda antiturca soprattutto dell’ultimo decennio, di matrice islamofoba, è irreversibile. Il danno è stato fatto, la percezione collettiva si è consolidata in una corale ostilità. Eppure, la Turchia sarebbe il partner ideale per l’Italia – culturale, politico, commerciale – nel Mediterraneo. Non varrebbe la pena attivarsi per almeno cominciare a contrastare questo flusso incontrollato di antipatica disinformazione?