Matteo Salvini sulla sua pagina mi ha attaccato dandomi in sostanza dell’estremista ed accusando il nostro giornale di minacciare i giornalisti, lo ha fatto sulla scorta di una polemica innescata da alcuni articoli apparsi su Libero e il Giornale che han parlato di “fatwa” solo perchè abbiamo smascherato l’inconsistenza e la falsità delle loro accuse.
La fama di Matteo Salvini come propalatore di fake news è nota, quindi non mi sono stupito quando ieri sera mi ha dedicato un post sulla sua pagina facebook diffondendo l’ennesima falsità. Devo ammettere però che il livello della mistificazione da lui operata è tale da obbligarmi a rispondere.
Salvini affidandosi ad un articolo de Il Giornale confonde volutamente una normalissma dialettica politica in una “fatwa” termine che ormai viene usato sempre più a sproposito come sinonimo di condanna a morte.
Quindi le sue parole sono gravi:” Se questi sono gli “islamici moderati” in Italia, siamo a posto… Solidarietà ai giornalisti minacciati! Stop all’estremismo islamico.” Parla di giornalisti che sarebbero stati da noi minacciati e di estremismo islamico.
In una settimana in cui gli attentati imperversano sulle prime pagine di tutti i giornali questo tipo di accusa pubblica ha tutte le sembianze di un’accusa di terrorismo con annesso incitamento al linciaggio.
Grazie a questo tipo di falsità in questi anni ho spesso ricevuto minacce ed insulti di tutti i tipi ed è inaccettabile che un ex ministro dell’Interno non abbia coscienza delle implicazioni delle sue parole o peggio istighi consapevolmente squilibrati e violenti di ogni risma.
Ma come nasce questa vicenda?
Nel contesto delle già tese relazioni internazionali tra Francia e Turchia, a ragione di ciò che avviene nel Mediterraneo orientale, si inserisce la polemica scatenatasi a seguito della ripubblicazione delle vignette di Charlie Hedbo in cui si offende il Profeta Muhammad (pbsl).
Da lì in poi è un’escalation, con Macron che prima dice che: “l’Islam è una religione in crisi” e poi difende la scelta del settimanale satirico come rappresentativa dei valori fondanti della Republique.
Con il presidente turco Erdogan vi è uno scambio frequente di attacchi molto pesanti aggravati dal fatto che Macron oltre alla questione delle vignette, porta avanti la sua annunciata “battaglia contro il separatismo islamico” che in realtà altro non è che una repressione di tutto ciò che è organizzazione sociale e politica dei musulmani francesi.
Nel giro di pochi giorni in Francia ci sono tre attentati, il primo a Nizza, il secondo ad Avignone ed il terzo a Lione. Tutti vengono attribuiti al terrorismo “islamico” ma se per Nizza bisogna ancora chiarire i contorni della vicenda, per quanto riguardo Avignone e Lione le procure hanno già smentito la matrice religiosa e stanno indagando su altre piste, segno che la violenza in Francia ha molti colori.
La stampa Italia in tutto questo?
Come ha ben spiegato Giuseppe Mancini dalle colonne di questo giornale alcuni dei giornalisti più islamofobi del panorama italiano non si accontentano più di infangare i musulmani ma hanno trovato nella combo “islamici”+ Erdogan un nuovo esaltatante filone di farneticazione.
Queste sono alcune delle frasi scritte da gente come Feltri, Fiamma Nirenstein e Giubilei:
Erdogan è “il migliore punto di riferimento del mondo terrorista”;
“Erdogan […] è come Osama bin Laden, […] ordina di trucidarci e i suoi sudditi obbediscono manifestando una crudeltà senza pari”;
“Impossibile non pensare a un nesso tra l’attentato di [Nizza] e la copertina di Charlie Hebdo uscita ieri”;
“La Turchia è il nostro nemico principale al giorno d’oggi. Vuole conquistare l’Europa e imporre la sua visione dell’islam”;
“Oggi il leader [della Turchia] sembra incoraggiare una nuova guerra di religione in difesa dell’Islam”.
Quando Mancini in un articolo chiede conto di queste parole e denuncia la totale inconsistenza degli argomenti a sostegno delle accuse questi invece di rispondere urlano alla fatwa e lo fanno accusandoci sostanzialmente di essere dei pericolosi estremisti religiosi, ecco Giubilei: “Un’accusa grave considerando il sito da cui proviene che fa un elenco con nomi e cognomi delle voci che si sono macchiate, a giudizio della redazione de La Luce, di “islamofobia”.
E ancora: “Non abbassiamo la guardia, certi segnali sono allarmanti”. Il punto è proprio questo: difendere la nostra libertà di parola, di espressione e di critica sancite dalla Costituzione e alla base della democrazia italiana.
Ecco il punto, la loro è libertà di parola, mentre la nostra libertà di critica e di stampa si tramuta immediatamente in minaccia? E perchè?
Semplice, sembra che i musulmani non abbiano diritto di partecipare al dibattito pubblico, vedete come plasticamente si manifesta il pregiudizio islamofobo.
Dall’inconscio dell’autore emerge prepotentemente e afferma: io posso esercitare il mio diritto di critica, il musulmano no, perchè il musulmano facendolo mi minaccia, mi fa la “fatwa”, insomma siamo i nuovi barbari.
Eppure, sul giornale che dirigo, Giuseppe Mancini, esperto di cose turche, sarebbe riuscito a fare una fatwa non solo non essendo un giurisperito ma pure non essendo musulmano, una cosa inaudita.
La colpa del nostro giornale è quella di aver messo in luce la totale mancanza di argomenti e fonti a supporto di dichiarazioni pesantissime all’indirizzo della Turchia, ma abbiamo capito che questo aspetto della deontologia per certi giornalisti non è proprio scontato.
Lo deduciamo ad esempio dalle parole di Fausto Bioslavo su Il Giornale: “Feltri ha osato paragonare Erdogan a Osama bin Laden chiedendo che «venga imbrigliato affinché la smetta di ammazzare gente in Europa, specialmente in Francia negli ultimi giorni». Un’opinione forte, senza prove da portare in tribunale, come sostiene il quotidiano di Piccardo, ma si limita ad essere un commento, giusto o sbagliato, in un Paese dove vige la libertà di stampa e di espressione.”
E qui uno non sa se ridere o piangere, davvero, perchè siamo costretti a spiegare ai colleghi de Il Giornale che accusare una persona di “ammazzare gente in Europa” non può essere derubricata a semplice opinione ma, codice penale alla mano, può costituire reato di diffamazione contro cui il diretto interessato può sporgere denuncia.
E poi i barbari saremmo noi…