Un tunisino, un ragazzo di 21 anni, uno che pare sia arrivato a Lampedusa a settembre su un barchino, e poi, dopo essere stato identificato a Bari e sottoposto a regolare tampone, è scappato fino in Francia Dio solo sa come, e nulla di meglio ha trovato da fare che non entrare in una chiesa a Nizza per uccidere a coltellate il sacrestano e due donne che hanno avuto la sventura e il solo torto di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
In questa ennesima orribile vicenda, si mette in conto, come si dice oggi, di default, senza nemmeno aspettare un momento e provare a indagare un po’ più a fondo, il “terrorismo islamico”, e i tg nazionali, da quelli Rai fino alla 7, passando per quelli in quota Mediaset, hanno dopo mesi di martellamento quotidiano e costante, messo le notizie relative all’ossessione Covid per un attimo, solo per un attimo, in posizione di attesa. Per qualche minuto hanno parlato d’altro, hanno parlato dell’attentato terroristico.
Questo attentato, che più che attentato pare un atto di pura e turpe macelleria, arriva come il cacio sui maccheroni nel pieno di una polemica che ha visto impegnati lo Stato francese e il suo presidente Macron a rivendicare, in nome della laïcité e della libertà di espressione, il diritto alla bestemmia e all’offesa delle cose sacre di ogni religione, ma in particolare dell’Islam; diritto rivendicato con ostinazione e fierezza, non a caso dopo un altro episodio truce nel quale un insegnante parigino ha perso la vita per aver mostrato in classe le vignette di Charlie Hebdo sul Profeta dell’Islam, la Pace e la Benedizione Divina su di lui.
Anche a non voler essere complottisti e a non voler pensar male, questa storia puzza non poco, perché oggettivamente sembra il set cinematografico perfetto per corroborare la politica di Macron e le sue tesi e soprattutto per costringere ancora una volta i musulmani di tutto il mondo sulla difensiva. Forse il Covid e l’attenzione che monopolizza nei media riuscirà questa volta a risparmiarci lo spettacolo deprimente dei talk show televisivi in cui musulmani improbabili si fanno avanti a dire corbellerie da paura o altri, meno improbabili, sono costretti a umilianti dissociazioni da gesti a cui non si sono associati mai, neppure nel più remoto dei loro pensieri. Forse.
Ho un amico che incontro spesso al mattino. Beviamo un caffè insieme. Un uomo tranquillo che ha superato la soglia dei cinquant’anni da un pezzo. Il mio amico ama l’ironia, arte che esercita con una certa leggerezza; ironico senza mai essere offensivo, ed è innegabilmente divertente. Apprezzo la sua compagnia. Due chiacchiere, qualche battuta spesso riferita al calcio, il nostro sport preferito; e poi lui mi fa dare un’occhiata a Il Giornale, quotidiano che compra per qualcun altro, se non ho capito male, un suo zio anziano, più anziano di noi.
Gli chiedo per cortesia di farmelo scorrere. Stamattina c’era un articolo di Magdi Cristiano Allam, una curiosità malsana mi ha spinto a leggerlo. Ci dev’essere in me una perversione; so benissimo cosa può scrivere Magdi Allam su un argomento come l’attentato di Nizza, per lui un invito a nozze, una tazza di caffè e latte fumante nella quale intingere il biscotto. Sono arci-sicuro che non vi troverò nulla di bello e di piacevole, ma tant’è proseguo nella lettura.
Per questo signore, questo egiziano transfuga dell’Islam, fattosi battezzare sobriamente in mondovisione da papa Benedetto XVI, il problema non è il terrorismo, che per lui ha un solo colore, quello islamico; il problema non sono le più che probabili derive psichiatriche di un giovane con chissà quale storia alle spalle, che forse verremo un giorno a conoscere. No. Il problema è l’Islam, questa religione che lui ha deciso di combattere, e che odia, facendo di questa lotta la sua stessa ragione di vita e naturalmente anche del suo living, sì, del suo pane e companatico quotidiano. Anche se non lo dice apertamente, Magdi vorrebbe una cosa sola, una cosa semplice: la guerra atomica contro due miliardi di musulmani, questo non c’è scritto nell’articolo, ma lo si intuisce.
Se penso che questo signore è stato vicedirettore del Corriere, che è stato preso sul serio per tanto tempo, e che c’è ancora chi evidentemente lo prende sul serio, foss’anche solo Mortimer Sallusti, perché gli permette di scrivere articoli importanti su un quotidiano che sarà pure quello che è, ma che è pur sempre un giornale a diffusione nazionale, di fatto l’organo ufficiale di un raggruppamento politico di importanza nazionale, finanziato da Berlusconi, letto purtroppo da, azzardo, qualche decina di migliaia, forse centinaia di migliaia, di persone ogni giorno; se penso a tutto questo, mi assale un senso di malessere e di nausea.