Il 19 novembre il Viminale ha riciclato il Consiglio per i rapporti con l’Islam italiano e nello stesso giorno il TAR della Lombardia ha emesso l’ennesima sentenza a favore di un centro islamico colpito da un provvedimento amministrativo contro la libertà di culto. I rappresentanti dei musulmani continuano a farsi selfie nelle sedi istituzionali senza ottenere nulla di concreto, ma nel frattempo anche la Chiesa Anglicana ha siglato il suo concordato senza alcun clamore mediatico. Perché da decenni ai musulmani va sempre così male?
In Italia il diritto al culto viaggia su un doppio binario e questa è un’anomalia in uno Stato di diritto. C’è il percorso concordatario, che serve a mantenere i privilegi che la Chiesa Cattolica ha ottenuto durante il ventennio fascista, e c’è la libertà di culto vera e propria che è tale solo sulla carta perché se fosse reale non ci sarebbe bisogno dei concordati. Lo stesso percorso concordatario ha una doppia corsia. Abbiamo il Concordato della Chiesa Cattolica (art. 7 della Costituzione) e poi ci sono le Intese (art.8 comma 3) che sono i “concordatini” per le altre confessioni. Ma l’Intesa non è un diritto, è una forma pattizia e le parti non sono obbligate a scendere a patti. E’ alquanto evidente, se si è dotati di almeno un neurone, che nessun governo siglerà mai un’Intesa con i musulmani. Sono decenni che la cosa non va in porto ed i musulmani dovrebbero avere il coraggio di guardare in faccia alla realtà invece di sorridere alla fotocamera.
La libertà di culto che non c’è
La libertà di culto in Italia sarebbe sancita dal’art.19 della Costituzione che ne garantisce la dimensione individuale quanto quella collettiva, in forma privata come nella sfera pubblica. La cosiddetta libertà di “pregare quel che si vuole a casa propria” non è quindi quello che garantirebbe la nostra Carta costituzionale. Ma soprattutto, questa libertà (teorica) non è negoziabile, non necessita di prerequisiti, e deve essere garantita a tutti. Nella pratica però non abbiamo una legge attuativa di questo principio costituzionale che rimane sostanzialmente un proclama inefficace. Il problema principale si riscontra nell’edilizia di culto e vi incorrono guarda caso soprattutto i musulmani.
“Cosa prevede la legge per la realizzazione di una moschea? Non esiste una risposta a questa domanda perché abbiamo un vuoto normativo in materia”
Nessuno, a parte la Corte costituzionale, ha mai messo mano alla Legge sui culti ammessi (che risale al 1929, anno del Concordato), né per adeguarla alla Costituzione del ’48 o all’evolversi della normativa edilizia, né per abrogarla. Senza una legge attuativa dell’art. 19 della Costituzione, per quanto riguarda l’edilizia di culto, quello che sarebbe un diritto fondamentale degli individui e delle comunità religiose di fatto resta subordinato alla volontà politica, e quest’ultima è condizionata dalla campagna denigratoria nei confronti della religione islamica.
Più nel dettaglio, questa libertà deve farsi largo nelle norme edilizie regionali, dove abbiamo avuto casi di leggi regionali anti-moschee, e deve superare l’inerzia della previsione urbanistica degli ottomila comuni d’Italia. Su questa violazione di un diritto fondamentale per due milioni e mezzo di musulmani in Italia è atteso un pronunciamento della Corte Europea. Nel frattempo proliferano i luoghi di culto informali (le cosiddette moschee abusive) continuamente oggetto di provvedimenti amministrativi e che vengono tenuti aperti da sentenze che riconoscono il vuoto normativo. Le confessioni che raggiungono l’Intesa superano questo limbo ma per i musulmani la via d’uscita potrebbe essere una legge sulla libertà di culto in attuazione (magari estensiva) dell’art. 19 della Costituzione.
La foglia di fico dell’Intesa
Le prime ed ultime formali richieste di Intesa da parte delle organizzazioni islamiche in Italia risalgono agli anni ’90, quasi 10 anni prima dell’11 settembre, ma lo Stato italiano non ha mai avuto alcuna voglia di “normalizzare” il culto islamico in Italia, indipendentemente dal colore del governo. Possiamo dire che il percorso reale per giungere ad un’Intesa si è arrestato sul nascere circa 25 anni fa. Da allora abbiamo avuto iniziative sempre più distanti dalla prassi che (per gli altri) porta all’Intesa. Il Viminale ha più volte avviato percorsi dispersivi che non hanno mai avuto il fine dell’Intesa, fosse solo perché questa si sigla col Consiglio dei ministri e non con il Ministero dell’Interno.
Quando il Viminale convoca l’Armata Brancaleone dell’Islam in Italia sostanzialmente compie un atto politco-mediatico che nulla apporta al diritto al culto dei musulmani e per comprendere questa cosa può essere utile fare un confronto con altre confessioni. Nonostante l’esigua presenza dei buddisti in Italia nessuno si è mai permesso di convocare congiuntamente l’Unione Buddisti Italiani e la Soga Gakkai, e questi due enti buddisti hanno siglato due diverse intese (ed hanno diverse caselle per la destinazione dell’8×1000). A nessuno è mai venuto in mente di colpevolizzare i buddisti per il fatto di non avere “un Papa unico” né di far dipendere da questo il loro raggiungimento dell’Intesa. Per i musulmani invece, anche a livello istituzionale, vige la vulgata secondo la quale essi “non sono uniti, non c’è chi può parlare a nome di tutti loro”.
Consulte, Comitati e Consigli per l’Islam. Decenni di prese in giro
Nel 2005 Il Ministro dell’Interno Pisanu (Governo Berlusconi) istituì la Consulta per l’Islam, un comitato composto da diverse “anime” dell’Islam italiano, e per questo destinato a naufragare. Il suo successore Giuliano Amato (Governo Prodi) confermò tale organo portandolo a firmare una inutile carta dei valori rivolta agli immigrati (di qualsiasi religione).
Quando al Viminale subentrò Roberto Maroni (Governo Berlusconi) la consulta venne accantonata in favore di un Comitato per l’Islam (2010). La sostanziale differenza tra i due organi stava nel fatto che, nel secondo, alla rappresentanza dei musulmani veniva affiancata la presenza di “esperti” (non musulmani) come a voler sottolineare un handicap da parte dei musulmani. Questo comitato produsse una serie di “pareri” tra cui un discutibile documento sulle nascenti primavere arabe per le quali ci si riproponeva di influenzare la stesura delle costituzioni che sarebbero state redatte dopo il rovesciamento dei regimi arabi (si era già certi dell’esito di queste primavere).
Nel 2016 (Governo Renzi) il Ministro Alfano (autore della legge sulle espulsioni preventive dei musulmani) istituì il Consiglio per i rapporti con l’Islam, un organo di soli “esperti” che quindi allontanava ancora di più i musulmani da questi seppur finti tavoli. Col successivo ministro Marco Minniti (governo Gentiloni) questo Consiglio ha prodotto un surreale documento in cui tra l’altro si suggeriva ai musulmani di “re-interrogare i testi sacri”, e fu chiesto a questo Consiglio di redigere il testo di un grottesco quanto inutile Patto nazione per un Islam italiano, firmato poi dalla totalità delle organizzazioni islamiche storiche più una pletora di nani e ballerine.
L’ultimo atto, inizio di una nuova sceneggiata?
Il 19 novembre scorso il ministro Paola Lamorgese ha riciclato il Consiglio per i rapporti con l’Islam, voglia Iddio per un atto politico-mediatico unico, e nello stesso giorno il TAR della Lombardia sentenziava il torto subito dall’associazione islamica Anasr di Seregno (MB) da parte dell’amministrazione comunale. Prima che i professoroni di questo Consiglio (Naso, Allievi, Ferrari…) inizino ad illudere le associazioni islamiche millantando poteri magici finalizzati ad avanzamenti in materia di diritti, sarebbe utile per i musulmani che le associazioni di “rappresentanza” si facessero invece pubblicamente sentire, e con forza, in merito ai tanti ricorsi legali necessari in Italia per poter pregare.
Potrebbe essere loro utile ricordare che il 30 luglio 2019, a pochi giorni dalla crisi del primo Governo Conte, il Consiglio dei ministri ha stipulato un’Intesa con la Chiesa Anglicana in Italia (15mila fedeli). Tra un po’ la scheda dell’8×1000 necessiterà di essere stampata su più pagine, e conterrà anche religioni nate nel nuovo millennio. Ma continuerà a mancare una casella per la seconda confessione del paese e del pianeta, che si stima sarà la prima religione mondiale nel 2070 (e forse è proprio quello che si vorrebbe evitare). Intanto prosperano l’indotto accademico e quello editoriale su ogni tematica anche lontanamente riconducibile all’Islam: immigrazione, integrazione, cittadinanza, terrorismo, libertà di culto, e l’immancabile voyeurismo per il velo islamico.