Il tanto atteso Dpcm per Natale in vigore da oggi, 4 dicembre 2020, è sostanzialmente una replica di quello che introduceva i tre colori per le regioni. Il coprifuoco per Natale, Santo Stefano e Capodanno è stato decretato con il Decreto Legge del giorno prima e la cosa, oltre a generare confusione, è anche un po’ sospetta.
Il Dpcm vuoto
Ieri sera il Premier ha riciclato il copione della diretta serale per presentare il Dpcm di Natale in vigore da oggi 4 dicembre 2020. Per due giorni i quotidiani si erano affannati a dare, spesso con articoli a pagamento, anticipazioni sulle ipotesi che circolavano. Nel frattempo la sostanziale novità, cioè una sorta di coprifuoco per i giorni di Natale, Santo Stefano e Capodanno, era stata decretata a mezzo Decreto Legge il giorno prima, ed era quindi disponibile on-line.
Fin dall’inizio della pandemia ci sono state critiche sulla rilevanza giuridica delle pesanti misure restrittive introdotte con uno strumento come il Dpcm. Il governo è riuscito a trovare resistenza zero in Parlamento ed è andato avanti per 9 mesi con questa soluzione. Il Dpcm di Natale però è sostanzialmente una replica di quello del 3 novembre mediante il quale furono introdotte misure di contrasto alla seconda ondata della pandemia differenziando le regioni per “colori”.
L’unica differenza rilevante sono le tre giornate festive in cui non sarà possibile a nessuno, neanche in zona gialla, di uscire dal proprio comune. E poi il divieto di spostamento tra regioni dal 21 dicembre e l’Epifania. Ma queste misure in realtà sono solo “trascritte” nel nuovo dpcm in quanto sono state adottate con un decreto legge il giorno prima.
Questa mossa ha spiazzato tutti i giornalisti che, col decreto legge già firmato dal Quirinale e quindi già in vigore, anticipavano queste misure come contenuto rilevante del Dpcm in discussione. Il premier ha alimentato questa confusione nella sua diretta dove ha anche presentato questi divieti come fossero effettivamente dovuti al nuovo Dpcm.
I sospetti
Questo gioco delle tre carte, di mettere nel Dpcm misure già adottate con un Decreto Legge, induce a pensare che il numero di ricorsi presentati su tutto il territorio nazionale comincia ad essere rilevante ed il Governo forse inizia a temere per questi provvedimenti giuridicamente sproporzionati.
Nella diretta di ieri sera Conte ha fatto una promessa a mezza bocca ma il Premier non è nuovo a mezze promesse sul futuro, quando introduce misure difficili da digerire. A marzo ci invitò a “stare lontani oggi per abbracciarci più forte domani”, e circolavano inizialmente stime su una durata del lockdown di sole due settimane. Quando ha introdotto i colori per le regioni un mese fa, pur anticipando che a Natale non ci sarebbero stati cenoni megagalattici, ha detto che lo si faceva per preservare le festività di Natale, e la colpa della seconda ondata è stata data a qualche serata in discoteca in estate.
Ieri sera ha detto che “probabilmente” quasi tutta Italia tra qualche settimana sarà zona gialla, e così tutti possono sognare di spostarsi in altra regione prima del 21 dicembre ed anche iniziare a pensare a come eludere i divieti per il 25 e 26 dicembre e per Capodanno. Ma verosimilmente non ci sarà una pennellata di giallo sulle regioni ora arancioni e rosse e sarà data la colpa allo shopping natalizio.
La Chiesa come il Parlamento
Se il Parlamento in questi 9 mesi non ha opposto reale resistenza alla “soluzione Dpcm” inventata da questo Governo, con il silenzio tombale della Chiesa per la liturgia natalizia stravolta dagli ultimi provvedimenti abbiamo un’ulteriore conferma che ci può essere imposto quasi di tutto.