Quando John Lennon fu assassinato l’8 dicembre di 40 anni fa io avevo 5 anni e da giovane ho considerato Lennon in una dimensione ideale che poi ho rivalutato, al ribasso. Era uno straordinario musicista pop, protagonista di un’epoca musicale irripetibile, ma la sua visione del mondo rispecchiava tutti i limiti della controcultura del suo tempo. Limiti che in un certo qual modo pervadono anche il nostro tempo. E’ stato tuttavia uno dei massimi esponenti di uno stimolo creativo di cui l’attuale epoca politica, culturale e musicale, avrebbe comunque bisogno.
Quando nel 2006 venne pubblicato Tutto il potere al popolo di John Lennon, l’intervista perdura del 1971 realizzata da Tariq Ali e Robin Blackburn, avevo la stessa età che aveva lui quando rilasciò quelle dichiarazioni. Ne rimasi un po’ deluso ma quando l’anno dopo nella città di Pechino vidi due ragazzi più giovani di me, uno cinese e l’altro occidentale, seduti per terra in un sottopassaggio a discutere eccitati di John Lennon mentre sfogliavano una sua biografia, ebbi la percezione che il suo mito non si sarebbe mai sgonfiato. E questo perché la sua musica riveste e trascende il suo pensiero.
La Musica di John Lennon
John Lennon ha avuto due carriere musicali: una con i Beatles negli anni ’60, di cui i 4 di Liverpool sono stati forse la massima icona, ed una da solista negli anni ’70, iniziata nel ’68 mentre era ancora con i Beatles. E’ difficile scindere il Lennon solista dalla sua relazione con Yoko Ono che di fatto diede il via alla fine della band. Il Lennon ’68-’69 era un membro dei Beatles in simbiosi con Yoko Ono: i Beatles incisero La ballata di John e Yoko con Yoko Ono che compare sulla copertina insieme ai Beatles, i due incisero 3 album sperimentali insieme, e su tutto ci fu Give Peace a Chance, l’inno del Movimento Pacifista registrato nell’estate del 1969 nella stanza n° 1742 del Queen Elizabeth Hotel di Montreal. John Lennon era diventato un’icona politica a prescindere dai Beatles e grazie anche, forse soprattutto, a Yoko Ono.
Il Lennon psichedelico
Anche se molte canzoni dei Beatles sono accreditate alla coppia Lennon-McCartney (così come le prime canzoni del Lennon solista scritte indubbiamente senza McCartney) spesso è evidente, oltre che noto, chi dei due ha dato il contributo maggiore. I Beatles più avanguardisti sono stati quelli di Sgt. Pepper’s e tra le vette della musica psichedelica del 1967 ci sono senz’altro alcune composizioni di John Lennon come Strowberry Fields Fover e Lucy in the Sky with Diamonds. Per uno come me che ha fantasticato di nascere nel 1950 per vivere da diciassettenne la Summer of Love quella produzione musicale basterebbe da sola per assegnare a John Lennon un posto di rilievo.
Il Blues di John Lennon
Non posso nascondere di aver provato poi molta fascinazione per le composizioni più inquiete di John Lennon incise proprio nel periodo ’68-‘69. Su tutte la graffiante Yer Blues contenuta nel White Album dei Beatles e dove grida “sono solo, voglio morire”. La parte musicale è rock-blues e ricorda la musica dei Cream di Eric Clapton insieme al quale finirà per suonare questo brano al Rock and Roll Circus dei Rolling Stones (’68) e nel Live Peace in Toronto 1969. E’ ancora con Clapton alla chitarra che Lennon incise Cold Turkey, un altro brano blues-based che suonarono insieme anche nella versione live che comparirà poi su Some Time in New York City (1972), il mio LP preferito del Lennon solista.
Il Lennon impegnato
Ad un certo punto fu impossibile scindere il musicista dall’icona generazionale che per alcuni anni John Lennon fu. Esattamente un anno prima che Lennon incidesse Give Peace a Chance i Beatles incisero Revolution che, con la sua posizione critica nei confronti dei movimenti di protesta, fece etichettare i Beatles come non impegnati. Ma si trattava a tutti gli effetti di una canzone di John Lennon che però da solista riuscì a tenere tutto insieme con la dimensione del sogno che sapeva trasmettere. Instant Karma (’70) con versi “noi tutti brilliamo, come la luna, e le stelle, ed il sole” competeva in classifica con il singolo Let It Be uscito quando già i Beatles non esistevano più. L’anno dopo fu la volta di Power to the People, un brano orecchiabilissimo scritto dopo aver rilasciato l’intervista perduta del 1971 e dove strizza l’occhio ad aspirazioni meno pacifiche con i versi “faresti meglio a darci ciò che è nostro, noi dovremmo buttarti giù”. Poi nello stesso anno arrivò Imagine che sul lato B del 45 giri aveva Working Class Hero. L’impegno proseguì con Woman is the Nigger of the World e con canzoni scritte per le detenzioni di Angela Davis e John Sinclair ed il tutto gli comportò l’espulsione dagli Stati Uniti nel 1973, dopo soli due anni dal suo trasferimento a New York. Quando nel 2006 fu pubblicata l’intervista perduta del 1971 fu anche pubblicato il documentario USA contro John Lennon. Era il periodo in cui si erano risvegliati i movimenti pacifisti, George Bush era il nemico comune e somigliava tanto al Nixon Presidente degli USA al tempo di John Lennon. Poi però arrivò Obama ed i pacifisti tornarono in letargo nonostante gli Stati Unti siano sempre stati in guerra. Miti come John Lennon si prestano molto bene alle rivendicazioni del centro-sinistra quando al governo c’è il centro-destra e ci si può anche lasciare andare a cose da sinistra radicale.
Lennon, la religione e la fine del sogno
Più della famosissima Imagine, rappresentativa del John Lennon pensiero secondo me è la canzone God: “Dio è un concetto col quale misuriamo il nostro dolore. Lo ripeto, Dio è un concetto col quale misuriamo il nostro dolore. Io non credo alla magia, alla Bibbia, a Gesù, a Kennedy, allo Yoga, ad Elvis, ai Beatles, a Bob Dylan… io credo solo in me… il sogno è finito”. Questa canzone è precedente Imagine (di un anno) ed è alla base del “mondo senza religioni” immaginato da Lennon in Imagine. Sul verso in questione è possibile speculare in tanti modi, Lennon stesso l’ha fatto, ma se “Dio è un concetto” allora è probabile che i conflitti religiosi (che nel 1971 erano un non tema rispetto alla Guerra Fredda e alla Guerra in Vietnam) sono probabilmente una giustificazione a posteriori di qualcosa che forse ha altre radici. Con l’espressione “il sogno è finito” si fa riferimento al sogno degli anni ’60 e in God Lennon parla di tutto ciò che era all’epoca dei Beatles ed ora non è più. Adesso ci sono solo “Yoko e me”, dal sogno collettivo si passa quasi all’atomizzazione del sogno. Il manifesto universale che si vuole vedere in Imagine può quindi anche essere visto come l’illusoria pretesa di un’armonia raggiungibile pacificamente come somma di individualismi. In fin dei conti la longevità di Imagine sta forse tutta qui, nella sua carica attrattiva nei confronti dello spirito materialistico del nostro tempo. Oltre che ovviamente nel suo potere immaginifico.