Lunedì 7 Dicembre il Presidente egiziano Al Sisi è stato ricevuto dal Presidente francese Macron nell’ambito di una vista di tre giorni. I temi dell’incontro sono stati plurimi, ma i capisaldi del dialogo tra Macron e Al Sissi sono da sempre la “lotta al terrorismo” e gli scambi commerciali, a cui va aggiunta la questione del conflitto libico. In Libia infatti i due paesi sono alleati nel sostegno al Generale Khalifa Haftar in spregio alla legalità internazionale, visto che il governo riconosciuto dalla comunità internazionale è quello di Tripoli guidato da Al Serraj, più volte attaccato in grandi forze con l’ausilio di mercenari russi dal Generale Haftar.
La visita del “Faraone” egiziano è stata aspramente criticata da Ong e associazioni per i diritti umani, che contestano il tappeto rosso srotolato di fronte al dittatore che nel frattempo prosegue imperterrito nella sua durissima repressione. Ricordiamo che in Egitto si contano oltre 60.000 prigionieri politici detenuti in condizioni disumane, e solo nel mese di ottobre 2020 sono state eseguite cinquanta condanne a morte.
Emblematicamente proprio durante la visita di Al Sisi in Italia abbiamo avuto la notizia dell’ennesima prepotenza dell’Egitto con il prolungamento della detenzione del giovane ricercatore Partick Zaki, un gesto che lascia trasparire l’arroganza e il senso di impunità che pervade il regime egiziano. Uno schiaffo all’Italia dopo la mancata sul caso Regeni, che in questi giorni ha raggiunto un’altra vetta con il mancato riconoscimento delle indagini svolte dalla magistratura italiana. L’Egitto inoltre insiste sulla tragi-comica e offensiva versione del rapimento del povero Giulio da parte di cinque disgraziati uccisi a sangue freddo, dimostrando così una totale mancanza di collaborazione delle autorità de Il Cairo, più volte denunciata dalla famiglia di Regeni e dal mondo dei diritti umani, a partire da Amnesty International.
Sul versante degli scambi commerciali la Francia è tra i paesi maggiormente attivi nella vendita di armi alla spietata dittatura egiziana.
A questo proposito Macron durante la conferenza stampa, ha affermato: “Non condizionerò la nostra cooperazione in materia di difesa, come in campo economico, a questi disaccordi (alludendo alla questione dei diritti umani, n.d.r) perché, in primo luogo, credo alla sovranità dei popoli e al rispetto dei nostri interessi legittimi e reciproci. Inoltre, perché ritengo che sia più efficace avere una politica di dialogo esigente che una politica di boicottaggio la quale ridurrebbe l’efficacia del nostro partenariato nella lotta contro il terrorismo e per la stabilità nella regione”. La questione libica esprime importanti posizionamenti economici e geopolitici, infatti ad essa è collegato il controllo del Mediterraneo e dei ricchi giacimenti di gas che vi si trovano.
La Francia ha significativamente richiesto, in tempi recenti, di aderire al Forum del gas lanciato dall’Egitto che si occuperà tra l’altro del gasdotto Eastmed, un progetto gigantesco e dal valore economico incommensurabile che trova la ferma opposizione turca che per questo ha siglato un accordo marittimo con il governo legittimo libico di Fayez Al Serraj. Il controllo del gas del Mediterraneo è diventata una questione centrale per le politiche internazionali, l’Egitto dopo la scoperta dell’enorme giacimento di Al Zohr, da parte dell’italiana Eni è passato in breve tempo da importatore a esportatore di gas naturali e il vecchio “Mare Nostrum” si sta rivelando una cassaforte energetica sui cui tanti vogliono mettere mano. Dal controllo del Mediterraneo, strettamente legato al conflitto libico, si passa ai rapporti con la Turchia e alla questione dell’islam politico.
Infatti il regime egiziano ha basato la propria narrazione trovando legittimità internazionale proprio sulla “lotta al terrorismo”, slogan che caratterizza l’operato del Cairo dai giorni del Golpe con cui Al Sissi prese il potere nel 2013, interrompendo la prima esperienza democratica della storia egiziana. Il primo atto del regime di Al Sissi fu il massacro di Piazza Rabaa al Adawiyya e Piazza al Nahda, seguiti da altri eccidi di manifestanti di oppositori, in particolare della Confraternita dei Fratelli Musulmani.
La strumentalità della retorica di Al Sissi trovò conferma nella repressione feroce, prima dei Fratelli Musulmani e dei gruppi islamisti, andando a toccare ogni altra tendenza politica, dai giovani del 6 Aprile, a tutta l’area rivoluzionaria e laica arrivando ai militanti per i diritti umani e ad ogni forma di opposizione interna, che paradossalmente veniva e viene bollata come legata ai Fratelli Musulmani e quindi “terroristi”.
L’esodo in Turchia dei militanti della Fratellanza e la copertura politica che Erdogan ha dato a questa tendenza hanno creato quindi una inimicizia mortale tra Egitto e Turchia. E qui il cerchio si chiude, ogni presa di posizione internazionale del regime egiziano si è andata basando sulla retorica della “lotta al terrorismo”, dopo che Al Sissi ha bollato i Fratelli Musulmani come gruppo terrorista, imprigionandone i militanti, chiudendone le sedi, sequestrandone le proprietà. Da qui la ricerca di alleanze internazionali, a partire dalla Libia, il cui governo legittimo viene considerato da Al Sissi come vicino alla Fratellanza e alla formazione di un nuovo blocco politico con Arabia Saudita ed Emirati Arabi in funzione anti-turca e anti-Fratelli.
Nel frattempo il terrorismo in Egitto è cresciuto, la lotta al terrorismo ha dato magri risultati e la repressione selvaggia ha prodotto esclusivamente una maggiore radicalizzazione, con il fiorire di gruppi jihadisti che hanno approfittato del risentimento di molti giovani senza più speranze, in un generale impoverimento che ha toccato tutto il Paese, favorendo marginalità, risentimento, sfiducia generalizzata nelle istituzioni. Il crollo delle già esili classi medie, la criminalizzazione di ogni forma di dissenso e una vera e propria guerra dichiarata alla gioventù hanno contribuito all’esacerbarsi delle tensioni nel paese delle Piramidi.