Siamo in un momento di passaggio, una fase di transizione…Da anni si ripetono e si ascoltano simili frasi, nell’attesa che una nuova sostanza storica e sociale prenda forma. Ma se fosse proprio il passaggio l’essenza di questi tempi?
Per cercare una risposta, si parta dall’innocenza di una tipica e semplice conversazione da bar. Sulla scia degli scandali da cronaca mondana, capita che un avventore si chieda: perché i politici e le persone coi soldi sono attratte dai trans? Domanda che spiazza la compagnia, abituata a una sana configurazione berlusconiana e televisiva del potere sessuale, (gioventù, avvenenza e prostituzione).
Arrivano le prime risposte: sono attratti da quel che è diverso…I trans sono una merce rara, come l’oro, quindi valgono e costano di più. Poi interviene l’intellettuale che declina pedantemente il mito delle androgini di Platone, a cui fa eco la risposta più immediata e insensata: perché sono froci! Senza specificare se intende rivolgersi ai trans o ai potenti.
Invece sorge un dubbio più serio: forse i potenti sono attratti dalla transessualità proprio per la sua capacità di esser al di là, di attraversare la sessualità senza definirsi. Insomma il desiderio di possedere, seppur pagando, qualcosa che sfugga all’identità e alla definizione. Allora dietro la faccia superficiale di tale conversazione potrebbe nascondersi un possibile volto di quest’epoca. D’altronde i gusti e i vizi dei potenti sono da sempre sintomatici dei tempi da loro rappresentati.
Infatti il termine trans, prima di diventare un sostantivo legato al genere sessuale, è “un prefisso che indica passaggio oltre un termine, attraversamento, mutamento da una condizione a un’altra.”(Treccani docet) Si tratta quindi di un prefisso in grado di generare diversi vocaboli che specificano una condizione di attraversamento e mutamento.
Magari tutto ha avuto inizio con la transazione, un’azione commerciale o giuridica in cui si cede a terzi (al denaro o al diritto) il potere di decidere. La transazione è un patto originario mediante il quale l’incontro o lo scontro si risolvono cedendo a un entità terza la capacità di decidere il valore di uno scambio o di un’interazione. Si va oltre l’azione per aggirarla, finché la transazione non diventa poi a sua volta un’azione sempre più decisiva e incisiva (diritto più economia: burocrazia, epoca borghese).
Salendo di genere e sfogliando i secoli si arriva a un aggettivo: transnazionale, che conserva intatto il principio di attraversamento per trasferirlo a una nuova entità: la politica. Allora gli Stati diventano sempre meno delle unità decisionali, finendo col delegare la responsabilità ad organismi che attraversano l’unità e si definiscono nel loro andare oltre lo Stato-nazione e ogni tipo di individuazione. Chi decide allora? Se è uno Stato sai contro lottare, se è un entità che transita, attraversa ogni cosa senza lasciar traccia, la lotta non sussiste più. Ci si può opporre all’Onu, all’Oms, alla Banca Mondiale, al Wto e a uno qualunque nella banda degli acronimi?
Dalla politica si scende al quotidiano e si pensa all’ascesa della comunità LGBT, che nel tempo è diventato un valore da riconoscere. I valori sono sempre stati dei monoliti circoscrivibili in una definizione, rafforzati dal loro opposto, come il bene, la giustizia, la carità, la produttività, la libertà…Negli ultimi tempi stiamo assistendo al processo contrario. Qualunque definizione viene scambiata per un’etichetta, una gabbia, una fissazione dell’identità e quindi un insulto.
Guai a dire donna, marito, moglie, italiano! Suonano come altrettante offese mentre un tempo erano un vanto. Come mai? Nel frattempo è emerso un nuovo valore che ingloba tutti gli altri, perché è l’unico capace di esser una forma e non una sostanza. È un valore che si cicatrizza intorno alla trasformazione, al passaggio. Per esempio nella logica di questo valore non rientra affatto l’omosessualità, che nel suo esser antica appartiene al vecchio sistema valoriale.
È infatti cosa immediata opporle come controvalore l’eterosessualità. Invece la transessualità a cosa si oppone? A nulla se non alla definizione e all’identità in sé stesse. E così vocaboli e valori transgenici (come i cibi…) si fondono per disegnare una realtà trasparente, capace di attraversarsi senza fissarsi, ovvero l’epoca liquida di cui parlava Bauman.
Se la trasformazione è diventata un valore non è un caso; alle sue spalle ha agito un’idea, forse l’ultimo grande valore occidentale: il progresso. Che nel frattempo si è denudato, si è svuotato dei suoi contenuti, che ormai smorti sono stati raccattati in politica dallo sguardo timido e miope della Sinistra, che guarda caso, in tutte le democrazie occidentali sta perdendo qualunque residuo di identità. Dall’altra parte la Destra gioca a ridefinire e riciclare valori ormai privi di movimento, come la patria, la famiglia…mentre aderisce alla madre di tutti i vocaboli transgenici: la transazione, applicata soltanto alla sfera economica e commerciale però.
Il progresso che nella sua versione più pura ci proietta in una terribile (per alcuni meravigliosa) visione: il transumanesimo. Se l’umanesimo aveva rafforzato la centralità dell’uomo nel cosmo, iniziando a mettere da parte Dio, il transumanesimo sostiene che grazie alla scienza e alla robotica siamo avviati ad andare al di là dell’uomo, per toccare una dimensione di pura potenza logica. Una prospettiva aberrante che si spera resti confinata tra le mura psichiatriche dei laboratori informatici.
In ogni caso tutto porta a credere che non abitiamo un semplice momento di transizione; ci troviamo piuttosto nell’epoca della transizione. Dalla società dell’intrattenimento siamo arrivati alla società dell’attraversamento. Come dire: dal mondo della apparenza, alimentato dall’immaginario televisivo, all’universo della trasparenza, nutrito dalla virtualità del digitale. La televisione infatti crea dei modelli da imitare nel mondo incarnato, internet moltiplica all’infinito modelli e identità, che possono esser vissute e attraversate senza passare dall’incarnazione.
Forse siamo di fronte alla soluzione geniale per non perder nulla e contenere tutto. Una perenne moltiplicazione in movimento che sfugge alla definizione: privilegio e condanna di un trans-mondo, che rischia però di non lascerà alcuna traccia di sé, se non un infinita memoria disincarnata.