Cartelloni e bandiere con il disegno di una enorme Q sventolano sempre più frequentemente nelle recenti manifestazioni di protesta. Negli Stati Uniti la Q giace accanto al volto di Trump e alla bandiera a stelle e strisce. Quando il simbolo resta solo, ci troviamo invece in uno degli ultimi cortei negazionisti organizzati in Germania, in Francia e in maniera più timida in Italia. Anche Putin, le cui poche dichiarazioni sono sempre figlie di una precisa strategia politica, ne ha parlato qualche giorno fa. Che cosa significa allora questa misteriosa Q?
È il simbolo che rappresenta un movimento denominato QAnon. Partorito soltanto tre anni fa nell’universo digitale, col passar del tempo ha acquisito sempre più reale consistenza nell’opinione pubblica americana. Tutto è nato da un messaggio di un utente anonimo su 4chan (una piattaforma digitale alternativa), che preannunciava l’arresto della Clinton e lo scoppio di una sorta di rivoluzione civile. Questo messaggio era firmato Q, lettera che sta ad indicare il livello d’accesso ad informazioni e documenti secretati. Per capirsi, si tratta di documenti a cui possono accedere soltanto alti ufficiali governativi o dell’Intelligence americana. Ecco formarsi l’embrione di QAnon, che è la crasi tra Q e Anonymous. La prima profezia non si è avverata, ma ciò non ha impedito che lo stile di Q facesse breccia nel cuore di molti alienati digitali, che hanno iniziato ad attendere con ansia nuovi messaggi profetici. Messaggi che infatti non hanno tardato a venire e hanno assunto poeticamente il nome di gocce (drops), emanate dalla supposta fonte di verità.
Se i messaggi di Q costituiscono l’embrione di QAnon, la sua ossatura è invece rappresentata dai suoi numerosi esegeti nati nel corso dei mesi sul web. Costoro hanno iniziato a studiare e interpretare ogni singola goccia, pubblicando il frutto delle loro riflessioni su canali, questa volta ufficiali e di massa, come Facebook, Twitter o Youtube. Le singole profezie si sono concatenate, fino a consolidarsi in una narrazione sempre più articolata, ma al contempo così fluida da riuscire ad amalgamare tesi cospirazioniste molto eterogenee, insieme a tratti religiosi, ripresi in maniera grossolana dalla Bibbia. In sintesi, a tre anni dalla sua nascita, la rappresentazione del mondo secondo QAnon è la seguente:
Dietro le quinte del potere ufficiale esiste uno Stato Profondo, detto Cabal, composto da un’aristocrazia di pedofili satanisti che governano in maniera occulta il mondo. Tra le sue fila si contano i soliti Clinton, Obama, Soros, Bill Gates e molte altre celebrità mondiali. Fin qui nulla di nuovo, siamo di fronte all’essenza di ogni teoria del complotto contemporanea. Tali potenti però non si limitano a determinare le sorti del mondo, infatti compiono rituali satanici basati sul sacrificio di bambini, finalizzati in particolare all’assimilazione del loro sangue, grazie al quale rigenerarsi e ringiovanire.
Dopo anni di dominio incontrastato, oggi finalmente siamo vicini alla Grande Tempesta, ovvero allo smascheramento di questa setta e al conseguente arresto dei loro membri. Grazie a questa rottura nel sistema di dominio si arriverà allora al Grande Risveglio, all’avvento di un nuovo mondo illuminato, privo degli esponenti della Cabal e retto da un nuovo capo, rappresentante del bene, ovvero Donald Trump, il quale viene infatti ribattezzato col nome di Q+. Questa è la semplificazione della narrazione di base, accanto alla quale si sono man mano moltiplicati i dettagli e le storie particolari, tra cui il supposto ruolo giocato da un nipote dei Kennedy, fintamente morto in un incidente stradale. D’altronde non c’è teoria del complotto che non preveda la presenza di un membro dei Kennedy.
Raccontata così, la parabola di QAnon sembra una delle tante teorie della cospirazione fiorite negli Stati Uniti, che puntuali cadono nel vortice della controinformazione, dove ogni cosa finisce divorata da sé stessa e quindi esclusa dall’informazione che conta. Il cammino di QAnon però procede oltre, perché riesce a generare un importante paradosso: è una teoria del complotto che sta producendo effetti tangibili, quindi reali sull’opinione pubblica.
Anche se non arriva ad esser una “profezia che si autoadempie”, è comunque una fantasia che produce effetti reali. Infatti sulla scia di tali credenze è nato un movimento popolare, capace di produrre diversi candidati alle prossime elezioni e anche di influenzare decine, se non centinaia di migliaia di voti nelle imminenti Presidenziali. Si tratta di un effetto captato dallo stesso Trump, che ha espresso diverse volte la sua simpatia nei confronti dei seguaci di QAnon.
Sono proprio questi ultimi aspetti che stanno attirando l’attenzione degli analisti, che interpretano il fenomeno da un punto di vista politico o strettamente sociologico. Nel primo caso si ipotizza anche che dietro Q potrebbe esserci l’intervento diretto di parte della Destra americana, che ha creato questo fenomeno o quantomeno è riuscito ad indirizzarlo, per favorire la rielezione di Trump. Ipotesi corroborata dalla recente dichiarazione di Putin (alleato implicito di Trump), volta a segnalare l’esistenza di una pericolosa setta di pedofili che ha in mano il potere occidentale.
Dal punto di vista sociologico, invece QAnon sarebbe figlio dell’espressione di un disagio sociale, oggi ancora più pericoloso perché capace di catturare, ideologizzare e quindi fomentare personalità fragili, frustrate e con valori di estrema destra: insomma la classica personalità autoritaria di adorniana memoria. La rabbia stessa aggravata dall’attuale pandemia, che rischia di condensare in QAnon ogni tipo di sospetto, da quelli legittimi a quelli deliranti, esportandone la narrazione in Europa, Russia e altre parti del mondo.
Al di là della strumentalità politica e del riduzionismo sociologico, il fascino di questo movimento risiede altrove: QAnon è una metafora incarnata del nostro tempo e dell’inesauribile e connaturato bisogno umano di ricercare verità e valori in cui credere e identificarsi. Nella mitologia di QAnon infatti confluiscono concetti come la patria, la divinità e perfino l’opposizione tra il bene e il male, pur se prosciugati del loro originario slancio di significazione.
Torniamo allora alle origini, alla figura di Q, il cui anonimato è un elemento necessario alla costruzione della leggenda. Se si conoscesse la sua identità, Q sarebbe una sorta di Beppe Grillo americano, che intraprende una lotta contro il potere e l’informazione ufficiale, fino a contagiare milioni di seguaci per poi avviarsi ad una blanda istituzionalizzazione, alla stregua di qualsiasi altro movimento politico.
Invece no, il mistero intorno all’identità della fonte consente a QAnon di andare oltre il territorio politico per toccare una sfera para-religiosa. Il tono profetico dei messaggi di Q è perfetto per alimentare il mistero. Infatti alcuni recitano così: “trova il riflesso nel castello”, “alcune cose devono restare segrete fino alla fine.” Uno stile oscuro, una sorta di parodia di Nietzsche che a sua volta riprendeva con sarcasmo filosofico il linguaggio dei testi sacri.
Così anche le gocce di Q hanno il fine di aprire gli occhi al popolo sottomesso ad un potere oscuro, e nella loro scia si moltiplicano i seguaci, che anelano alla ricerca di una verità nascosta, usando il web come strumento delle loro ricerche personali. Nella configurazione di QAnon ogni adepto diventa un interprete e quindi un ricercatore attivo, che poi si autocompiace nel condividere le informazioni con la propria comunità. È il tipico meccanismo che genera la tracotanza figlia della comunicazione digitale: percepirsi fruitori attivi, ricercare degli ammiratori, sentire il suffragio di una comunità, per quanto ristretta, di utenti che condividono le stesse idee. In sintesi, il credo nasce da uno stimolo illuminante e misterioso, si costruisce dal basso secondo i discutibili principi della democrazia digitale e si consolida nel regno del virtuale, dove per definizione ogni cosa è possibile, senza poter mai essere. Ecco perché teorie ed idee completamente contraddittorie possono acriticamente convivere nella narrazione di QAnon.
L’universo virtuale di Internet diventa allora il vero terreno religioso da concimare, quella patria di mezzo che permette di superare la contrapposizione tra il terreno e e l’al di là, o tra la terra e il cielo. Nel regno del virtuale è semplice fondare nuovi credi para-religiosi in cui la verità proviene da altri uomini, superuomini (più vicini ai supereroi dei fumetti che al superuomo nietzschiano), che grazie alla loro onniscienza riescono a muovere i fili di miliardi di esistenze. Così al posto del trascendente che determina la vita umana, in questa narrazione subentrano uomini che trascendono la loro precaria umanità; da una parte una setta di potenti che incarnano il male, dall’altra Trump nelle vesti del salvatore del mondo.
D’altronde una tale irrazionale fede nell’uomo non è casuale: tra le vecchie mitologie, le grandi religioni e il tempo attuale, c’è stata una lunga epoca illuministica, in cui l’uomo spogliandosi dei suoi Dei, ha provato a celebrare sé stesso. Nonostante il graduale scetticismo nei confronti della ragione e della scienza, oggi pur di credere in qualcosa, sembra più facile credere in uomini con poteri divini, piuttosto che nel divino in sé.
Forse la mitologia classica avrebbe usato la figura del presidente americano per raffigurare la tracotanza umana (hybris), mentre nel vuoto contemporaneo si arriva a conferirgli il divino potere di compiere il bene, lottando contro gli agenti del male. Un manicheismo che nasce tra le pieghe di un’altra mitologia, derivante dall’industria hollywoodiana e dall’unico, vero mito fondativo americano: il western. È quella rappresentazione della lotta tra il bene e il male ad aver forgiato l’immaginario di QAnon e altri credi simili, piuttosto che l’ignorata complessità della Bibbia o di altri testi sacri.
Da questa lotta scaturisce uno scontro che in sé non ha nulla di ideologico, né religioso né politico, perché segue piuttosto la logica dello scontro commerciale. La contrapposizione bene/male equivale a quella tra vincente/perdente, nuovo/vecchio, biologico/industriale e così all’infinito fino ad arrivare al fiorente merchandising di QAnon, dove il simbolo viene riprodotto e miniaturizzato in ogni sorta di oggetto, per poi esser venduto nel vuoto mercato dei valori indolenti, che somiglia ad una sorta di Lourdes postmoderna.
Al di là dell’evidente lato grottesco della faccenda, al di là della patria di internet e delle sue profezie, tutto fa pensare che la parabola di QAnon in fondo sia soltanto umana, troppo umana.