Le immagini dell’assalto al Congresso americano hanno fatto inorridire l’opinione pubblica mondiale, ma quali sono le ragioni socioeconomiche all’origine del consenso verso Donald Trump?
Dalla fine degli anni 70 quando negli stati uniti cominciò a prendere il sopravvento l’ideologia neoliberista, promossa fortemente dalle élite economiche e politiche bipartisan, si accentuò in modo crescente la disuguaglianza sociale. Inizialmente la nuova dottrina si presentava come la soluzione all’eccesso, a loro detta, dello statalismo che impedisce il normale funzionamento del mercato, che avrebbe liberato risorse e possibilità di sviluppo anche alle classi meno agiate.
Di fatto, nei primi anni con la sperimentazione di tale ricetta economica che prevedeva meno intervento statale, deregolamentazione economica e finanziaria, dismissione da parte dello Stato di alcuni settori come energia, sanità, istruzione, è innegabile, che ciò ha portato ad una crescita discreta del prodotto interno lordo di cui hanno beneficiato i detentori del capitale a svantaggio dei salariati.
La conseguenza di ciò è stata una finanziarizzazione dell’economia che ha creato una sorprendente crescita dall’azionariato borsistico, che trova il suo culmine con la crisi del 2008. Nonostante ciò, si continua sulla stessa strada dell’accumulazione finanziaria che svantaggia il 99% della popolazione.
Gli Stati Uniti fino alla fine degli anni 70 godevano di un sistema industriale unico nel panorama occidentale. Con la disgregazione dell’Unione Sovietica e la promozione della globalizzazione tramite l’agenda neoliberista, il 90% delle industrie americane hanno delocalizzato in Cina e nel sud-est asiatico, dove il costo della manodopera è infinitamente inferiore e non sindacalizzata come quella statunitense.
Così facendo le masse operaie americane si sono trovate private dei lavori mediamente qualificati e con la conseguente perdita di reddito. Seppur le politiche adottate per creare posti di lavoro hanno prodotto una bassa disoccupazione, in realtà, sono stati generati lavori nel campo dei servizi con basse qualifiche e con salari da fame, la famosa gig economy, l’economia dei lavoretti.
Questo ha creato nella stragrande maggioranza della popolazione un senso di frustrazione e di smarrimento, per via della perdita del tenore di vita e dello status sociale. Infatti, è noto che i salari forniscono supporto materiale alla vita attraverso i beni e i servizi che acquistiamo ma il lavoro è anche altro, da senso alla vita, assegna un ruolo sociale ed è il prerequisito materiale e psicologico per il matrimonio e i figli. Non a caso, risulta che fra i ceti medio alti e quelli medio-bassi, questi ultimi hanno una carenza di stabilità affettiva.
Sul versante della sanità malgrado la riforma sanitaria Obamacare, quasi il 10% della popolazione statunitense, che equivale a 30milioni di persone, è senza assicurazione medica. Nonostante ciò, la sanità nazionale assorbe circa il 18% del pil, quasi 11mila dollari a persona inclusi i non assicurati, per fare un confronto è quasi quattro volte la spesa militare che ammonta 560mld $. Eppure, alcuni indicatori aspettativa di vita, patologie croniche sono tra i peggiori dei paesi sviluppati.
Negli States i datori di lavoro sono la fonte primaria delle coperture sanitarie, di fronte ai corposi rincari da parte delle assicurazioni sanitarie, le imprese spesso riducono i benefici sanitari ai loro dipendenti, di fatto i costi sanitari sono fortemente regressivi, su un salario annuo di 150mila dollari la polizza sanitaria costa all’azienda in media il 10% del totale, mentre su un salario basso l’incidenza arriva fino al 60%.
Nel campo dell’istruzione le cose non vanno tanto meglio sebbene il sistema educativo americano costi il triplo della media Ocse. La retta universitaria media, anche pubblica, si aggira sui 23milla $ l’anno con punte di oltre 70mila $ per atenei di élite. Nel 2020 il debito universitario (prestiti contratti da singoli per finanziarsi gli studi) ha toccato il record di 1600 miliardi di dollari carico di oltre 45milioni di persone, per fare un confronto 1600 miliardi è l’intero pil che viene prodotto in Italia in un anno.
Ovviamente queste problematiche sociali hanno fatto sorgere una consapevolezza, in parte di classe, che Donald Trump ha saputo cavalcare con il suo “make great American again” con l’intento di riportare le produzioni nel territorio americano obiettivo perseguito senza successo, avversato dalle big company e dall’ostilità dei mass media.
Resta il fatto che, quello a cui abbiamo assistito non sarà un evento isolato ma è l’inizio di un crescente malessere che non può essere spento se non con una maggiore giustizia sociale.