La cucina ottomana: storia e ricette di una tradizione imperiale

Negli ultimi anni grazie alla politica attuata dal presidente Erdogan e alla crescente popolarità di numerosi telefilm turchi, come “Diriliş: Ertuğurul” e “Kuruluş: Osman”, si è osservato un notevole e rinnovato interesse nei confronti dell’Impero Ottomano. 

Uno degli aspetti chiave che ci può aiutare a riscoprire questo maestoso Impero, durato quasi 700 anni, risiede proprio nella sua tradizione culinaria. Del resto, la cucina riflette la storia di una società in tutti i suoi aspetti, siano essi culturali, politici, spirituali ed economici. 

La Storia 

È proprio nella storia dell’Impero Ottomano in cui bisogna ricercare le basi su cui fondano le n sue ricette tradizionali, vere e proprie testimoni di tutte le travagliate vicende storiche del passato.

Infatti l’Impero Ottomano (1299-1453) discende dalle tribù nomadi provenienti dalle steppe dell’Asia centrale i cui valori, i simboli e la cultura legata al cibo erano nettamente diversi dal contesto Europeo. 

Gli ambasciatori Ottomani riportano nei loro testi le differenze osservate con la cultura Europea soffermandosi sul fatto che mentre per gli Europei mangiare era un’attività sociale, spesso accompagnata dalla musica, per gli Ottomani invece il consumo del pasto era un evento frugale, scollegato da qualunque aspetto cerimoniale, e non veniva allietato dalla musica o da lunghi scambi di opinioni. Troviamo riscontri anche alla corte del Sultano in cui, durante i due pasti principali della giornata (la colazione e la cena), regnava il silenzio e non vi erano neppure delle stanze adibite ai pasti. 

Questa immagini di semplicità, in netta contrapposizione dallo sfarzo dei palazzi europei, può far supporre erroneamente ad una tradizione culinaria più povera. Benché inizialmente era caratterizzata da una cucina rurale ricca di latte e derivati, frattaglie, carne, con l’influenza della civiltà araba, persiana, ed europea la cucina ottomana divenne raffinata e creò sapori originali, integrando l’influsso di altri gusti. 

L’assenza della stampa è stata uno dei principali motivi che ha ritardato la diffusione nel mondo della cucina ottomana; infatti nell’Impero Ottomano solo dal 1720 circa fu ammessa la stampa in caratteri arabi, perciò l’arte della cucina si trasmetteva solo oralmente, da maestro ad apprendista; non restava altro modo che la migrazione dei cuochi in altri paesi o l’arrivo di ambasciatori. Inoltre, sia a livello culturale che religioso, era ayıp (=scortese-vergognoso) parlare di pietanze e piatti. 

I libri più antichi che ci forniscono informazioni sulla cultura gastronomica ottomana, sono in realtà libri scritti da medici.

Queste raccolte, tra cui quella di Mehmed bin Mahmud Şirvânî (1375-1450), comprendevano sia consigli per una sana alimentazione che numerose ricette. Si tratta principalmente di ricette in uso ad Edirne, perché la città di Istanbul non era ancora stata conquistata dal Sultano Fatih Mehmet II (1432- 1481); anche se in verità è proprio con suo padre Murat II (1404 1451) che ha iniziato a svilupparsi la cucina ottomana più sofisticata.

             

Il sultano Fatih Mehmet II, noto anche con il nome di Mehmet il Conquistatore, fece costruire nel Palazzo Topkapi ad Istanbul una zona adibita a cucina di circa 5250 metri quadrati, composta di ben otto sezioni separate.  Proprio in questo periodo storico risale il libro intitolato Fatih devri yemekleri, che racchiude le pietanze preparate a palazzo e le liste dei prodotti acquistati per poterle realizzare. Inoltre è grazie alla scoperta dell’America e l’arrivo di nuovi prodotti come le patate, i pomodori, i peperoni e il cacao, che la tradizione culinaria ottomana si arricchirà maggiormente.

Successivamente, durante il regno del sultano Solimano il Magnifico (1520-1566), iniziarono a prendere forma i manoscritti i registri dei banchetti religiosi, militari e per funzionari statali oltre che l’usanza di distribuire al popolo pane, piatti di riso, carne e dolciumi. 

Verso il Seicento, oltre alle informazioni culinarie dei libri prettamente medici, si andarono ad aggiungere libri di viaggi, tra cui l’opera Seyahatname (Il libro dei viaggi) del famoso scrittore e viaggiatore Evliya Çelebi (1611–1682). Il libro, che riporta gli usi e i costumi dei luoghi visitati in 42 anni, comprende dieci volumi ed è suddiviso in base ai luoghi visitati; tra questi troviamo un libro dedicato alla Grecia, uno alla Russia e ai Balcani, ma anche volumi dedicati alla Mecca e Medina, a Istanbul e dintorni, fino ad arrivare in Egitto, Iran e Iraq.

Il primo vero e proprio ricettario risale al 1844 e s’intitola “Melceü ‘t-tabbâhîn” e raccoglie ben duecento ricette della cucina ottomana; fu scritto da Mehmet Kamil e successivamente, nel 1862, tradotto in inglese da Türabi Efendi.

Con il periodo del Tanzimat (1839-1876), cioè anni di riforme intente a modernizzare e occidentalizzare l’impero, la società ottomana cambiò radicalmente, sia a partire dall’organizzazione dello stato, dalle scuole e dall’esercito (i giannizzeri) ma anche per quanto concerne l’agricoltura, gli usi e i costumi, l’industria e il sistema giuridico. Questo periodo di estremo cambiamento influenzò anche la cucina ottomana, rendendo popolari sia gli alimenti sia le ricette che venivano dall’Europa. 

La cucina ottomana mutò così nel tempo, unendo sia gli svariati prodotti ottenuti dalle sue terre fertili, dalla vasta vegetazione e dal mare, sia tutto ciò che veniva importato dall’America, dall’Europa e dall’Asia.

La Cucina

Le portate tradizionalmente iniziavano sempre con la çorba (zuppe) preparate con il brodo di carne (pollo o agnello), lo yogurt, il tarhana e i legumi. Basti pensare che già dal XVI secolo sono riportate circa 35 ricette diverse di çorba, amante soprattutto durante il periodo del Ramadan. 

Inoltre la cucina ottomana era ricca di antipasti, che si sono tramandati fino a far parte della cucina turca odierna. Sono famose le varietà di meze, principalmente con una consistenza simile a quella dei purè, che si possono preparare con svariati ingredienti. Tra questi abbiamo antipasti abbiamo quelli con melanzane, lo yogurt, i peperoni arrostiti, i sottaceti e le cipolle.

La tradizione sia degli antipasti che delle zuppe è anche oggi alla base della cucina turca.

I piatti forti della cucina ottomana erano principalmente a base di carne; le carni ovine, in particolare il montone, erano tra le preferite e il grasso presente nella sua coda era uno dei condimenti più usati, mentre l’olio, veniva considerato un ingrediente povero, e si quindi preferiva il burro o il grasso animale. Sebbene la carne di pollo non fosse quella prediletta, veniva preferita durante i caldi mesi estivi. Inevitabilmente questo eccessivo consumo di carne causava la gotta, cioè un accumulo di acido urico a livello delle articolazioni.

La selvaggina non veniva consumata molto, ma è noto che Solimano il Magnifico organizzasse battute di caccia, soprattutto di cervi, con circa duemila persone. I piatti a base di carne della cucina ottomana erano generalmente aromatizzati con aglio, cipolla e spezie e venivano cotti a lungo a fuoco lento. I principali metodi di cottura erano al forno, alla griglia, al tandoori, sul fuoco in pentole di terracotta e spiedini.

Il pilaf (riso) veniva consumato ad ogni pasto ed era il carboidrato principale, oltre al pane. Riso, bulgur o cuscus erano preparati con le melanzane, l’uvetta, le mandorle, i piselli, le arachidi e altri ingredienti locali. Il riso era un cibo prelibato, tanto che veniva servito anche nei festosi giorni delle nozze. Come riporta Friedrich Unger, l’autore dell’opera “I dolci d’Oriente” (1837) “Secondo la credenza dei musulmani, il pilaf è una delle benedizioni del Paradiso, quindi alle feste viene dato molto riso”.  Nell’impero c’erano ventisette tipi di pilaf e anche tutt’oggi il riso riveste un ruolo importante nella cucina turca. 

Il pesce, come riportato nei libri di Evliya Celebi, veniva consumato ma in minor quantità rispetto la carne. Tra tutti i sultani è risaputo che Fatih Sultan Mehmet amava moltissimo le aragoste, i gamberi, il pesce e il caviale. Inoltre l’ammirazione verso i francesi si osserva nei metodi di preparazione del pesce e delle salse abbinate. Invece, il pomodoro e il suo concentrato, nonostante siano molto usati nella cucina odierna turca, all’epoca non erano ingredienti utilizzati, poiché il pomodoro è stato importato nell’impero ottomano molto tardi. Venivano invece usate numerose spezie, tra queste il pepe nero, zenzero, zafferano, cannella, curcuma, coriandolo, cumino e chiodi di garofano.

Nella cucina ottomana anche le verdure fresche erano abbondantemente consumate, tra queste soprattutto le melanzane, il porro, i cavoli, le zucchine ma anche i legumi come le lenticchie, i piselli, i ceci, le fave e i fagioli.

I börek cotti al forno o in padella erano uno dei piatti tipici della cucina, ancora oggi presenti sulle tavole della Turchia. Gli ingredienti utilizzati nell’impasto erano principalmente carne macinata, vari formaggi o spinaci; ovviamente le donne li preparavano in casa e, se la casa non era fornita di un forno adatto, i vassoi venivano portati per essere cotti al panificio del bazar.

Il şerbet (sorbetto) è una delle bevande più consumate dell’epoca ottomana. Si beveva per accompagnare i pasti oltre che servito durante le cerimonie e offerto in casa agli ospiti. Tra le sue varietà le più consumate sono: l’amarena, il basilico, la rosa, i chiodi di garofano, la cannella, la menta e la liquirizia. I sorbetti si ottenevano addolcendo estratti di frutta, alcune spezie ed estratti di erbe, con l’aggiunta di miele o zucchero. Nel palazzo del Sultano le bevande, che d’estate dovevano essere consumate fredde, venivano conservate in grandi masse di ghiaccio, portate appositamente da Uludağ.

Nella religione musulmana le bevande alcoliche non sono permesse (haram), ma sebbene non vengano riportate nei registri del palazzo, venivano ugualmente consumate. Tra queste bevande c’era il vino, il rakı e il Tatar Bozası.

Il caffè, dimenticato nel XVI secolo poiché fu soggetto di un’ingente una tassa per il suo consumo, è in realtà arrivato sulle tavole del mondo Occidentale proprio grazie gli scambi commerciali dell’Impero Ottomano. 

I dessert della cucina ottomana si possono suddividere in tre principali gruppi: alla frutta, a base di latte o quelli preparati con gli impasti ricchi di zucchero o miele. 

Il baklava, probabilmente è quello più conosciuto anche oggi, è preparato con farina, burro, zucchero, miele, noci o pistacchi. Tra quelli a base di latte erano maggiormente consumati il sütlaç o budino di riso, il kazandibi, il güllaç tipico del Ramadan e il tavukgöğüsü, che tradotto letteralmente suonerebbe come petto di pollo. Oltre ai dolci citati non vanno dimenticati l’aşura (preparato tra il decimo e il ventesimo del mese di Muharram), helva e il kadayıf.

Di seguito alcuni piatti tipici della cucina ottomana:

  1. Hünkar beğendi

Preparato con una base di melanzane arrostite e agnello.

  1. Ballı Tavuk (chiamato anche Mahmudiye)

Prende il nome da Sultano Mahmud si tratta di riso accompagnato con pollo al miele, la senape, le mandorle e le albicocche secche 

  1. Helatiye

Ricorda un succo di frutta in pezzi ed è preparato con l’acqua di rose, mandorle, pistacchi, albicocche secche e melograno; viene servito come accompagnamento del pasto principale.

  1. Kavun Dolması

È un melone ripieno di carne di agnello, riso, spezie, ribes, pistacchi e le mandorle.

  1. Babagannuş

Classico antipasto preparato con melanzane, pomodori, peperoni, aglio, cipolle, limone e spezie.

L’estrema varietà che contraddistingue la cucina ottomana è un chiaro indicatore della ricchezza e del potere che ha avuto nel passato l’Impero Ottomano. Essa non ha solo influenzato l’attuale cucina turca, ma anche quella di tutti i territori che fecero parte dell’Impero, tra cui la Grecia, i Balcani e parte del Medio Oriente. Inoltre, include al suo interno la cultura gastronomica Persiana, Selgiuchidi, Bizantina, Europa e Medio Orientale. Questa ricchezza culinaria riflette l’essenza dell’impero Ottomano: un mosaico di innumerevoli culture.