In questi tempi di pandemia, non c’è notiziario televisivo che non dedichi almeno una buona metà del suo spazio alla situazione sanitaria, di fatto dal marzo del 2020 a oggi, il virus ha fagocitato l’informazione e quasi senza che ce ne accorgessimo ha colonizzato la nostra attenzione, ci ha quasi impedito di pensare ad altro, oscurando anche la terribile condizione dei migranti bloccati al gelo in Bosnia.
Non c’è trasmissione che non ci renda edotti del numero dei positivi al virus, e dell’importantissimo dato del trend di positività; facendoci sapere se questo trend è in aumento, se in diminuzione, se stabile; e non ci dica poi dei ricoverati in ospedale, distinguendo tra quelli in terapia intensiva, e quelli che stanno semplicemente occupando un letto. E non ci ragguagli infine, ahimè, sul numero dei decessi.
A questa routine informativa ormai consolidata non fa eccezione nemmeno il notiziario delle 7 del mattino su rai3, Buongiorno Italia, notiziario che un tempo si occupava panoramicamente di quanto accadeva in tutte le regioni italiane raccontandoci fatti di cronaca anche piccola: l’incidente stradale, quello sul lavoro, i danni del maltempo, l’episodio di malavita, insomma cose così.
Buongiorno Italia adesso è dedicata in buona parte ai temi della pandemia, e ne esamina l’andamento piuttosto meticolosamente regione per regione, città per città, paesello per paesello.
E così, al mattino seduto di fronte alla tazza di caffè e latte del mio risveglio, il primo caldo conforto della giornata che inizia, se voglio sapere qualcosa che non riguardi direttamente o indirettamente la stramaledetta influenza venuta dalla Cina, devo guardare i sottotitoli che scorrono piuttosto rapidamente in sovraimpressione e mi informano anche di quella coppia di poveri amanti trovati morti perché uccisi dalle esalazioni di monossido uscite dalla stufetta che era stata accesa per proteggersi dalla temperatura glaciale di questi giorni di gennaio, di questo nuovo anno, che speriamo sia meglio di quello mai abbastanza deprecato ed ingiuriato che ci ha preceduto. E, sempre i sottotitoli mi fanno sapere magari anche di quel figlio che per ragioni almeno per noi oscure, mysterium iniquitatis, ha ucciso suo padre, e di quegli escursionisti un po’ scriteriati che si sono persi in montagna, ma i soccorsi giunti tempestivi vivaddio li hanno sottratti alla morte bianca. I sottotitoli in sovraimpressione, appunto.
I vari giornalisti delle redazioni regionali invece, mentre le notizie sommarie di cronaca scorrono sullo schermo, continuano a snocciolare i dati dell’influenza, e mi fanno sapere se la tale regione verrà chiusa, o forse non chiusa del tutto, ma solo un po’, che sì forse sarà arancione, se non addirittura gialla, ma non rossa, mamma mia, rossa no, perché se diventa rossa siamo fritti: in pratica gli arresti domiciliari per tutti, colpevoli e innocenti.
E ora, su tutto questo, ci fanno sapere, è calata l’epifania del vaccino, che se riuscirà a raggiungere almeno il 70% degli italiani forse ci salveremo. Forse.
Di fatto dal marzo del 2020 a oggi, il virus ha fagocitato l’informazione e quasi senza che ce ne accorgessimo ha colonizzato la nostra attenzione, ci ha quasi impedito di pensare ad altro.
Ma malgrado i nostri telegiornali, l’influenza venuta dalla Cina per quanto terribilmente importante non è l’unico avvenimento. Il mondo, questo nostro mondo, è il luogo dove accadono infiniti drammi.
In Bosnia, per esempio, in questi giorni glaciali ci sono migliaia di migranti ammassati in campi profughi dove sono costretti a vivere in condizioni disumane e dove Farid, un giovane migrante afgano, uno dei tanti, giace in un ospedaletto di fortuna perché ha perso una gamba cercando di passare la frontiera fra Croazia e Slovenia, nascosto sotto un camion, e il camion ha avuto un incidente.
Quale motivazione, meglio sarebbe dire quale disperazione, può spingere un essere umano ad appiattirsi fra i semiassi di un TIR per cercare di passare una frontiera? Perché non è rimasto in Afghanistan? Perché non è rimasto a casa sua, dove prima o poi, lo saremmo andati a soccorrere, o almeno così ci ripetevano spesso certi nostri esponenti politici, -oggi lo si sente dire un po’ meno- che gli africani, gli asiatici, i profughi in genere, vorrebbero aiutati a casa loro?
Vagano a migliaia nei boschi, senza nessun riparo, in questa stagione. Forse non tutti sanno che la Slovenia, con i finanziamenti dell’Europa, sta costruendo un muro lungo una quarantina di chilometri in funzione anti-migranti. Dai nostri confini i migranti vengono respinti verso i confini sloveni, poi da lì verso la Croazia e da lì ancora vengono rimandati in Bosnia, uno stato che è al di fuori della legislazione Europea; e una volta in Bosnia, se sono fortunati, trovano posto in campi profughi dove vivranno in condizioni precarie, subumane, dove manca tutto.