Le politica è fatta di corpi nello spazio. Dovunque esista una comunità libera, essa crea luoghi dove i corpi possono incontrarsi per motivi altri che la pura necessità: è questa la politica come la si intendeva nella polis, prima che diventasse mera lotta per il potere. E dovunque esista una dittatura, vale a dire un potere senza limiti né controlli, essa mira a distruggere questi luoghi, ad impedire ai corpi di radunarsi nello spazio se non per fini di sostegno al proprio potere.
Ci troviamo a vivere la situazione paradossale di un governo democratico che è giunto a limitare in modi impensati il raduno dei corpi nello spazio – i famosi “assembramenti” che in dittatura sono reato oggi sono oggetto di sanzioni. Tuttavia lo stesso governo ha lasciato sussistere isolotti pubblici di resistenza (le edicole) che si combinano con spazi privati di resilienza (i caffè davanti al bar dell’angolo, le code davanti al fornaio sotto casa) e creano un pezzetto di sfera pubblica.
E così mai come oggi possiamo toccare con mano la validità di un principio essenziale: la sfera pubblica per essere tale ha bisogno di potersi regolarmente “reincarnare” nello spazio creato da corpi i quali si radunano senza alcuna “mediazione” (sto attingendo abbondantemente alla filosofa Hannah Arendt, per chi fosse interessato).
Senza questa possibilità di reincarnazione lo spazio astratto dei media e quello virtuale dei social non produce più sfera pubblica, non serve più alla democrazia. Anzi diventa una minaccia per la democrazia. Perché non c’è antidoto alle fake news e alle manipolazioni più efficace del confronto faccia a faccia, meglio se improntato ad una certa dose di casualità.
Gli sfigati, sciammannati, brutti sporchi e cattivi che hanno dato l’assalto al Campidoglio di Washington sono anche questo: un pezzo di sfera pubblica che troppo a lungo tenuto in ebollizione sui social esplode come il coperchio di una pentola a pressione senza valvola di sicurezza e si riversa in un luogo dove i corpi si incontrano quando ormai non sono più in grado di fare quello a cui gli spazi pubblici sono dedicati: confrontarsi con la parola.