Ieri era il 27 gennaio, una data che abbiamo imparato a ricordare, con la quale conviviamo. Settantasei anni fa ad Auschwitz i soldati dell’Armata Rossa entravano nel più famoso tra i campi di concentramento.
Ricordo l’anno scorso quando tenevo il sermone del venerdì nella moschea universitaria a Parma, parlammo proprio del valore delle persone comuni che hanno messo a repentaglio la loro vita per salvare i loro amici ebrei dalle deportazioni, e da qualche anno oramai i nomi di tantissimi giusti musulmani non sono solo più elencati allo Yad Vashem, ma riecheggiano in articoli di giornale ed eventi che in questi giorni ci ricordano il dramma delle deportazioni e dello sterminio.
Alcuni nomi sono famosi e altri invece sono quelli persone comuni, rimaste comuni per il resto della loro vita. A spingere queste persone fu proprio l’Islam, il Profeta Muhammad (Pace e benedizione su di lui) disse i più amati da Dio di voi, sono i più utili alla gente. Il Profeta non fa distinzione di etnia, religione o sesso, l’importante è essere d’aiuto e arginare in ogni modo il dilagare del male.
Tra i nomi più famosi c’è Mohamed V re del Marocco all’epoca, che sotto l’occupazione coloniale guidata dal governo di Vichy filo nazista, rifiutò la deportazione degli ebrei marocchini, rispondendo “qui abbiamo solo cittadini marocchini”.
Gli ebrei parigini che già da decenni vivevano una persecuzione ancor prima del nazismo, trovarono rifugio nella moschea. Qui Si Kaddur Benghabrit, imam e rettore della Moschea, che nascose gli ebrei parigini negli scantinati della moschea e assieme a Simon Halil, al quale aveva dato un falso certificato di conversione, aiutava gli ebrei della città a raggiungere la moschea.
Albert Assouline che scappò ai campi e trovò rifugio nella moschea di Parigi, raccontò che più di 1700 persone furono salvate da Si Kaddur Benghabrit con il suo stratagemma.
Oggi le gesta di Si Kaddur Benghabrit sono raccolte nel film les homme libre.
Altri nomi meno famosi come Beqir Qoqja, il sarto di Tirana che dava rifugio agli amici ebrei nella sua bottega o Khaled Abdelwahab che a Tunisi nascondeva gli ebrei nella sua casa di campagna.
Tanti altri nomi sono negli archivi dello Yad Vashe, musulmani di cui spesso non si sa nulla e che hanno sacrificato la loro vita, come tanti altri cittadini europei per fratellanza, amore verso i loro amici.
Oggi la Memoria non deve diventare un rito stanco, non deve essere la data in cui ricordiamo i morti e basta, ma bensì come ricordava Davide Giacalone, la memoria deve è ricordare fino a che punto ci siamo spinti, e aggiungo io fino a punto ci spingiamo ancora pur sapendo di sbagliare.
Dovremmo davvero fermarci e chiederci e continuare a chiederci cosa abbiamo imparato da questa data, da questo evento che ha segnato l’Umanità, così forse un giorno questa data avrà il valore che merita