Lo scorso 21 luglio al Consiglio Europeo i capi di Stato e di governo hanno raggiunto un accordo per fronteggiare le conseguenze economiche della crisi pandemica attraverso il next generation europe, denominato in Italia Recovery Fund.
Si tratta di uno strumento con il quale l’Unione Europea raccoglierà sui mercati finanziari la cospicua somma di 750 miliardi di euro, tale importo è suddiviso in 360 miliardi di prestiti e 312 in sovvenzioni mentre la restante parte è rivolta ad altre voci di spesa InvestEU, fondi per una transizione giusta ecc.
Il NGEU verrà integrato all’interno del bilancio europeo pluriennale (quadro finanziario pluriennale2021-2027).
Come sappiamo il bilancio europeo viene finanziato dagli stati membri secondo la propria quota di PIL e l’Italia contribuisce con all’incirca 20mld all’anno, per avere una visione dell’entità, nel settennio 2012-2018 l’Italia ha versato al bilancio UE 112mld e ha ricevuto indietro 76mld, il saldo netto è negativo per 36mld.
Secondo i dati trasmessi dalla Commissione e dal governo italiano, al nostro paese spetterebbero 203mld complessivi di cui 127mld di prestiti e 83/85mld di sovvenzioni.
Occorre chiarire che i 750mld che l’UE si impegna a reperire nei mercati finanziari o tramite la BCE saranno ripagati dagli stati membri entro il 2058 e non prima del 2028. Proviamo a capire se questi fondi saranno sufficienti ad avere un impatto positivo macroeconomico.
La parte dei prestiti è composta da 127mld suddivisa per un arco di tempo di 6-7 anni, comporta una modesta cifra di 18mld l’anno, ad un tasso differenziale d’interesse tra quello italiano e quello dell’UE più basso comporta un risparmio di 0,5/1mld per le casse dello Stato. Per la voce di spesa dei sussidi di 83mld le coperture a livello europeo non sono state ancora individuate se non una generica tassa sulla plastica, presumibilmente anche la parte dei sussidi verrà finanziata dai paesi membri con la propria quota.
L’ Italia sarà chiamata a contribuire con almeno 39/40mld, come hanno tenuto ad evidenziare Giuseppe Liturri e Andrea Del Monaco, esperti di fondi europei. In prospettiva sottraendo agli 83mld i 40mld di contribuzione ne rimarrebbero 43. Oltre a ciò, l’Italia dovrà continuare a contribuire in modalità netta al bilancio ordinario con 20mld all’anno. Globalmente, quindi, il saldo netto sarà di 23mld circa, sommati al risparmio per gli interessi sui prestiti avremo la modesta cifra di 30mld.
Considerando che l’Italia quest’anno ha visto bruciare 180mld di PIL, come si può pensare di poter risollevare un’economia devastata con 30mld distribuiti in 7 anni? Ad ogni modo per poter accedere alle risorse del Recovery Fund i paesi membri dovranno presentare un piano nazionale di ripresa e resilienza (pnrr) entro il 30 Aprile del 2021, seguendo le linee guida dettate dalla Commissione, ossia seguire le raccomandazioni del semestre europeo, stimolare il potenziale di crescita, sostenere la transizione verde con non meno del 37% delle risorse per il clima e la sostenibilità ambientale, promuovere la trasformazione digitale attraverso l’uso del 20% delle risorse per digitalizzazione.
La Commissione ha otto settimane per esaminare il piano presentato per poi sottoporlo alla vigilanza del Consiglio Europeo, che analizza le proposte e adotta i piani sulla base di quanto indicato dalla Commissione e può sospendere l’adduzione o i pagamenti di significativa inadempienza. Il regolamento del Recovery Fund pone delle condizioni ai singoli stati per continuare ad usufruire dei fondi ed è necessario che ciascun paese che presenta il proprio piano rispetti le famose “country specific recommendations”, ossia, raccomandazioni specifiche per ogni paese che per l’Italia equivalgono all’aumento dell’età pensionabile, taglio delle pensioni, aumento delle tasse sugli immobili e abbattimento del debito pubblico tramite forte avanzi primari (più tasse).
Nella nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (NADEF) per il 2021 il fabbisogno di finanziamento per lo Stato italiano è stimato in 495mld di cui 372mld di titoli di stato da rinnovare e 123mld di deficit. Questi numeri ci mostrano il vero impatto che hanno le risorse statali introdotte, seppur limitate per via dell’accondiscendenza dei governi italiani verso l’istituzione europea.
La crisi economica che stiamo vivendo è peggiore della crisi finanziaria del 2007/2008 e non può essere fronteggiata con risorse risicate (Recovery Fund).
La questione è che tutto questo è noto ma viene utilizzato come strumento narrativo, come si è fatto in passato con il piano Marshall, usato come strumento di propaganda geopolitica in chiave antisovietica, oggi, invece, come mezzo per accelerare l’integrazione europea.