Abou Elkassim Britel è un cittadino italiano di origine marocchina vittima di sequestro, detenzione illegale e tortura nell’ambito delle famigerate extraordinary renditions della CIA. Britel liberato dopo 9 anni da innocente ci ha raccontato il suo incontro in Marocco con l’allora console a Casablanca Luca Attanasio.
Il 10 Marzo del 2002 è arrestato dalla polizia pakistana e torturato perché ritenuto “un combattente terrorista”. Dopo due mesi di interrogatori viene consegnato agli agenti della CIA che lo mettono su un volo charter diretto in Marocco. Qui, viene messo in isolamento e torturato per otto mesi e mezzo, durante i quali sono respinte le richieste di visita da parte del personale del locale Consolato italiano e dei familiari. Liberato senza capi d’imputazione nel febbraio del 2003, cerca con la moglie di ottenere dall’ambasciata italiana in Marocco i documenti per tornare in Italia, ma viene nuovamente arrestato al confine con la Spagna dalle autorità marocchine, detenuto senza processo, torturato e costretto a firmare una “confessione” che non ha mai letto e poi condannato a 15 anni di prigione assieme ad altre 1.400 persone sospettate di aver avuto un ruolo negli attentati suicidi a Casablanca del 16 maggio del 2003
Nel 2011, quasi 10 anni dopo, Britel è stato finalmente rilasciato dopo anni di proteste pacifiche e scioperi della fame in carcere ed è tornato in Italia libero da ogni carico e accusa in quanto anche il procedimento contro di lui in Italia è stato archiviato.
La testimonianza di Abou Elkassim Britel
In memoria di Luca Attanasio.
Ho conosciuto Luca come Console d’Italia a Casablanca in Marocco.
Vivevo in una condizione d’ingiustizia e fino allora le autorità italiane si erano occupate di me, cittadino italiano, con grande fatica e scarso impegno come una noiosa pratica burocratica.
Con Luca Attanasio tutto cambiò radicalmente. Si occupò personalmente di me, senza delegare a funzionari, facendomi sentire l’interesse per il mio caso.
Era una persona molto semplice, pronta all’amicizia e onesta. S’informava direttamente per formare la propria opinione. Non faceva pesare la sua funzione e manteneva le sue promesse.
Senza averne l’obbligo, mi rendeva visita e facilitò le visite di mia moglie dopo un trasferimento violento nel carcere di Kenitra.
Nell’aprile del 2011 mi fece rilasciare il passaporto che mi aveva promesso senza alcuna spesa.
S’impegnò per il nostro rientro in Italia accompagnandoci personalmente e con la sua macchina in aeroporto. Ci offrì anche la colazione e restò con noi per essere sicuro che partissimo senza problemi.
Un trattamento da cittadino italiano che non avevo ricevuto nel 2003 dall’ambasciata italiana a Rabat (e che ebbe gravissime conseguenze per me).
Le più sincere condoglianze ai suoi cari che hanno tanti motivi per essere fieri e orgogliosi di lui, dei buoni ricordi che ha lasciato e della sua generosità disinteressata.
Ho letto su La luce che Luca era diventato musulmano, e non esito a crederlo.
Tanti occidentali che si recano nei paesi musulmani – per un motivo o un altro – restano colpiti dall’ambiente e soprattutto dalle persone. Trovano accoglienza, simpatia, generosità, sincerità e sicurezza. Si sentono a casa loro, cosa che fa nascere il desiderio di stabilirsi lì e soprattutto la voglia di diventare come loro, cioè musulmani.
Ci sono persone che con gesti semplici rimangono nella nostra memoria e nonostante la loro scomparsa: Luca fa parte di esse, che Dio lo copra di misericordia.