La questione della farmacovigilanza è un aspetto sempre più importante nella nostra società, essendo essa sempre più esposta ad una quantità di nuovi e vecchi farmaci di sintesi, ultimo in ordine di tempo i cosiddetti vaccini contro il COVID19.
Il parere e il possibile veto di organi nazionali e internazionali preposti al tema del controllo delle politiche vaccinali condizionano di fatto scelte di portata globale. Entrare nel merito dei sistemi di farmacovigilanza non è affare semplice anche ma alcune critiche sembrano sollevarsi sul funzionamento del sistema di sorveglianza. In ogni modo alcune considerazioni di portata generale saltano all’occhio anche dei meno esperti.
Il manuale per ricognizione eventi avversi successivi all’immunizzazione dell’OMS
Forse non tutti sanno che esiste una sorta di algoritmo decisionale che presiede il lavoro degli organi che si occupano di farmacovigilanza, questo strumento è risultato dalla revisione della precedente Brighton Scale la quale forniva una valutazione probabilistica dell’associazione tra evento avverso e farmaco. Quest’ultima appunto fu superata in seguito alle sue limitazioni evidenziate nel caso di alcuni bambini deceduti in seguito alla somministrazione del vaccino pentavalente (difterite combinata, tetano, pertosse, Hib ed epatite B) in Sri Lanka nel 2008.
L’attuale algoritmo pubblicato nel 2013 dall’OMS , è stato ispirato da un precedente lavoro svolto da 40 esperti, per inciso 19 dei quali non privi di conflitti di interesse, presso il Consiglio per le Organizzazioni Internazionali delle Scienze Mediche (CIOMS) / OMS: “Relazione sulla farmacovigilanza dei vaccini”.
L’attuale documento dell’OMS da cui scaturisce l’algoritmo in questione denominato “Definizioni e applicazione dei termini per la farmacovigilanza dei vaccini”, secondo il nostro parere, non sembra aver superato il problema e è comunque non privo di forti intrinseche limitazioni.
Limiti dell’attuale sistema di sorveglianza: due critiche
Leggendo tra le righe risulta evidente che oltre ad un problema di metodo esiste innanzi tutto, a nostro avviso, una questione filosofica ovvero una questione che riguarda la logica e la concezione che sottende la creazione dell’algoritmo decisionale stesso.
In primis è evidente che i sistemi biologici possono difficilmente essere valutati adeguatamente tramite una modalità schematica come con l’attuale algoritmo CIOMS/WHO. Più cause possono intervenire nella comparsa di un evento avverso e questo porterà inevitabilmente a scotomizzare dall’analisi le reazioni avverse da vaccino che possono interessare determinate sottogruppi di soggetti che per loro natura, per condizioni preesistenti o fattori concomitanti, saranno maggiormente soggetti a reazioni avverse.
Posto quindi che non è questione semplice stabilire una relazione causa effetto tra la somministrazione di un vaccino ed un evento avverso, la domanda che dovremmo porci è se, come avviene con l’attuale sistema, la priorità sia quella di accertare la probabilità che una determinata reazione avversa sia legata ad un determinato vaccino, o se viceversa in presenza di un evento avverso bisognerebbe dimostrare che esso non sia correlato alla pratica vaccinale, questo a maggior ragione dato che i vaccini vengono somministrati ad una popolazione altrimenti priva della patologia d’interesse.
Vi è a nostro avviso come uno sbilanciamento a favore dell’innocenza farmaco e quindi a danno della sicurezza delle persone. In altre parole, riteniamo che bisognerebbe riconsiderare il sistema di sorveglianza attuale, rivalutando se continuare con l’attuale modalità operativa, che potremmo definire “garantista” nei riguardi dei vaccini, oppure optare per un metodo maggiormente aderente ad un principio di precauzione e primariamente interessato alla tutela nei confronti della popolazione soggetta alla pratica vaccinale.