Quando Tiziano Terzani da Kabul smentì una fake news della BBC sui Talebani

Che la BBC, ovvero la British Broadcasting Corporation, un modello e un mito per le TV e le radio dell’universo mondo, possa non essere accurata, essenziale e soprattutto onesta è un pensiero che non passerebbe nella testa di nessuno, meno che mai nella testa di chi di mestiere fa il giornalista. A meno che questo giornalista non si chiami Tiziano Terzani. 

Tiziano Terzani si trovava a Kabul nel 2003 quando George Bush, il presidente degli Stati Uniti, uno dei peggiori presidenti della loro storia, pur di dimostrare ai suoi elettori e al mondo che avrebbe fatto giustizia dell’attentato alle torri gemelle, fece la guerra sia all’Iraq di Saddam Hussein che all’Afghanistan dei talebani, ben sapendo che né l’uno né gli altri c’entravano qualcosa con quell’attentato. 

Il sangue di innocenti che scorse fu però un fiume sia in Iraq che in Afghanistan, infinitamente più abbondante di quello prodotto dal crollo delle due torri americane, che pure fu un’ecatombe di oltre 3000 vittime.

Torniamo a Kabul, dove i talebani, anche se infinitamente inferiori sul piano della potenza e della tecnica militare agli americani e ai loro alleati occidentali tenevano tuttavia fieramente testa. Ricordiamo che in Afghanistan c’era all’epoca e c’è ancora adesso ad Herat, in appoggio agli americani, anche un contingente italiano, il cui ritiro sembra previsto per la metà del 2021. Speriamo.

Certo bisognerebbe immaginarsi che cos’era e, visto che anche se pare finalmente alla fine il conflitto è ancora in atto, che cos’è concretamente una guerra come quella. I talebani sono uomini armati di kalashnikov e di poco altro, con ai piedi solo sandali malandati, costretti a difendersi da un nemico che spesso neppure sono in grado di vedere, perché il nemico bombarda con i B52, mostruosi aerei capaci di sganciare da un’altezza siderale dove nessuna arma talebana può raggiungerli, tonnellate e tonnellate di bombe, ordigni micidiali in grado di creare tempeste di fuoco, e devastazione inimmaginabile, ovunque. 

E poi quel nemico che non riesci neppure a vedere, meraviglia della tecnica occidentale, ti può venire a cercare anche con un drone, cioè un aereo senza pilota, che qualcuno, da una base nel New Jersey, su una portaerei in mezzo all’oceano, o chissà, dalle Filippine, manovra grazie a una console elettronica come fosse un videogioco e fra una mitragliata e lo sganciamento di una cluster bomb magari sorseggia un tè, perché no. Ma i cattivi si sa, sono i talebani: oscurantisti, crudeli, fanatici, tanto crudeli e tanto fanatici da non voler piegare il capo alle meraviglie e alle delizie della democrazia e della civiltà occidentale.

In quella situazione, in quei giorni in cui le truppe occidentali stavano avendo la meglio su gli ex padroni di Kabul, la BBC diede una notizia, o meglio, raccontò una storia. Secondo quanto trasmesso e più volte ribadito dal network inglese, le forze del mullah Omar intorno a Kabul fermavano gli autobus, quelle sgangherate corriere piene di afghani coi loro poveri bagagli, e di donne col burqa, -che sia detto en passant non è una crudele imposizione dei guerriglieri islamici, ma una consolidata tradizione del popolo e delle donne afghane-, ne facevano scendere gli occupanti e controllavano che gli uomini portassero la barba.

La barba da quelle parti, e per la verità in tutto il mondo islamico, è un segno di fede per gli uomini, così come il volto velato lo è per la donna. Secondo quanto raccontato dai reportage della BBC, agli uomini che venivano colti col volto rasato, gli studenti islamici, i talebani insomma, per punirli di non aver ottemperato al precetto islamico della barba fluente, tagliavano naso e orecchie, così, d’emblée, senza anestesia. Insomma, un orrore, una cosa raccapricciante.  

Tiziano Terzani ascoltando quella notizia, benché fosse stata trasmessa dalla BBC, volle andare in fondo alla cosa, perché era uomo che amava la verità e la verità di solito è profonda, la verità ama essere cercata, e benché avesse vissuto come giornalista e inviato di un giornale prestigioso come Der Spiegel le situazioni più barbare e violente, tra cui la guerra del Vietnam, e un’ esperienza ravvicinata con i Khmer rossi in Cambogia, che per pochissimo non gli costò la vita, quella notizia gli parve troppo brutta, troppo rispondente ad un cliché precotto per non essere verificata. 

Lasciamogli la parola, perché ci racconti in prima persona come andarono le cose: una mattina ho fatto il giro di tutti gli ospedali della capitale alla ricerca di quei malcapitati. Non ne ho trovato uno. Non esistono. Quella storia era falsa, ma una volta trasmessa nessuno si è preoccupato di smentirla. Allo stesso modo era falsa, anche se è stata perfino usata dalla moglie di Tony Blair come esempio degli «orrori» talebani, la storia secondo cui sotto il regime del mullah Omar le donne che avevano le unghie laccate se le vedevano strappate via di forza. Le emozioni suscitate da tutta una serie di notizie false, compresa quella delle fiale di gas nervino «trovate» in un campo di Al Qaeda vicino a Jalalabad, sono servite a rendere accettabili gli orrori della guerra, a mettere le vittime nel conto dell’«inevitabile prezzo» da pagare per liberare il mondo dal pericolo del terrorismo. (Tiziano Terzani, Lettere contro la guerra, pag. 116, Tea editore)

Da allora sono trascorsi quasi vent’anni, come si è detto la guerra afghana sembra, dopo un tempo infinito e inaudite sofferenze, avviarsi verso una conclusione quasi ragionevole: il ritiro delle truppe di occupazione occidentali e l’avvio di una ricerca di pace fra gli afghani, i soli ad aver diritto di parola in quella che è la loro terra.