Convenzione di Istanbul: si proteggono le donne anche senza diktat gender

La decisione del governo turco di ritirare l’adesione della Turchia alla Dichiarazione del Consiglio d’Europa sulla questione della violenza di genere ha provocato vaste reazioni negative di tipo ideologico da parte della stampa e di alcuni politici a livello europeo. Anche alcuni esponenti musulmani impegnati nel sociale si sono detti sorpresi ed addolorati come fosse un voltafaccia rispetto a quanto imposto dalla stessa religione musulmana in difesa delle donne e dei deboli sulla Terra.

Non è questione di fare l’ avvocato dell’AKP che senz’altro ne ha di migliori, ma penso che siano stati sottovalutati alcuni aspetti. Non credo che non esista da parte dell’AKP  un’ opposizione nel merito della questione ma siano piuttosto altri i fattori importanti.

Prima di tutto la politica interna: nei mesi scorsi Erdogan  aprendo il dibattito sulla opportunità di ritirarsi dalla Dichiarazione aveva promesso che l’avrebbe fatto se il popolo turco lo avesse voluto. In effetti pare che gran parte dei suoi sostenitori abbiano raggiunto la consapevolezza del fatto che i turchi possano affrontare questo problema in modo positivo per le donne e per la società a prescindere dall’adesione ad una Dichiarazione costruita sul modo di vita occidentale contrabbandato per universalismo.

Un testo cioè  che non tiene conto del contesto storico culturale della Turchia. Del resto anche altri Paesi europei come la Polonia non ne fanno parte proprio perché non condividono l’impostazione della questione data dal Consiglio d Europa. Il contenuto della Dichiarazione che concerne la difesa dei diritti delle donne nell’ambito familiare non è di per sé  in discussione e lo dimostra il fatto che continua l’impegno del Governo nella implementazione di azioni positive a favore delle donne, non solo aumentando le pene in caso di stupro aggressione o stalking, ma anche costruendo uno specifico welfare efficiente.

La Turchia è stato per dieci anni firmataria ratificatrice ed attiva sostenitrice della Dichiarazione appoggiata sia da politici di ispirazione islamica che dalla sinistra ed ovviamente il governo si è  guardato bene dall’incoraggiare eventuali derive pro LGBT o su altre questioni controverse ed islamicamente inaccettabili 

Su questo giornale abbiamo informato in merito alle iniziative prese in questi anni sia per difendere ed ampliare i diritti della donna madre e lavoratrice sia per punire severamente qualsiasi tipo di violenza contro le donne e le bambine. In occasione dello scorso 8 Marzo il Presidente ha rilasciato una dichiarazione riportata dal Daily Sabah e all’Agenzia Anadolu  in cui ha definito le donne sorgente di speranza per l umanità ed ha severamente deplorato ogni forma di violenza o anche solo di mancanza di rispetto verso le donne che siano spose madri vedove o di  qualsiasi altra condizione. 

In un discorso tenuto pochi giorni fa Erdogan ha indicato, tra le più importanti missioni dei prossimi anni, un piano dettagliato per estendere i diritti civili e le libertà individuali contro la tortura e gli abusi nelle carceri per  combattere la violenza di genere e lo stalking. Si tratta di un progetto ambizioso tendente a limitare i poteri dell’esecutivo ed ampliare le garanzie individuali nelle controversie giudiziarie.  

Sembra da queste, ed altre dichiarazioni di esponenti vicini all’area di governo turco, che la decisione del Presidente sia legata nell’immediato al desiderio di tranquillizzare il settore più conservatore dei suoi elettori preoccupato per le possibili ricadute negative sulla famiglia di misure che sbilanciano troppo la giustizia a favore delle donne (ad esempio in sede di separazione o di divorzio) o che comunque possano minare la stabilità familiare.

Preoccupazioni forse esagerate ma a cui Erdogan ha dato una risposta che tuttavia potrebbe incidere molto poco sulla realtà del Paese ma permetterebbe all’AKP di riprendere i voti degli elettorato conservatore senza per questo fermare le riforme cosa che effettivamente sta avvenendo. Insomma un contentino per la destra  che non dovrebbe preoccupare più di tanto.  Paradossalmente secondo il commento Ansa riportato da Huff Post la base elettorale dell AKP o parte di essa non avrebbe mai digerito l’adesione della Turchia alla Convenzione ritenendola un cedimento ad ideologie occidentali. La Turchia è un paese sviluppato ma ancora pieno di problemi soprattutto nelle regioni dell’est e dell’Anatolia, meno competitive economicamente e minate dal terrorismo e dall’instabilità politica, ma è un Paese con un popolo ormai abbastanza ricco nel suo patrimonio religioso e culturale come nel suo spirito civico.

Storicamente la civiltà turca ha sempre dato una grande importanza al ruolo femminile a fianco a quello maschile anche con la presenza di donne intellettuali coraggiose emerse sin dal XIX secolo quando l’Impero Ottomano divenne una monarchia costituzionale mentre mogli e figlie del Sultano e degli uomini più importanti dell’Impero emergevano nella vita sociale. 

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Le donne attualmente riempiono le università, gli istituti di  ricerca  e le Accademie, sono presenti in tutti i campi della vita sociale.  La violenza di genere è un fenomeno trasversale a tutte le culture in contrasto con i principi civici religiosi ed etici. 

La cultura islamica ha una sana diffidenza per i pezzi di carta sapendo che senza la partecipazione attiva del cuore umano ogni legge è  vana, per questo motivo si sforza di sradicare a partire dalla coscienza individuale ogni forma di impurità, rozzezza e violenza. 

Per tali ragioni le Dichiarazioni astratte, specie quando si fanno portavoce di falso universalismo sono utili molto parzialmente, mentre è molto più importante sviluppare la coscienza morale e religiosa delle persone uomini e donne perché non diventino portatori di violenza in nessuno degli ambiti della vita.

Noi musulmani dovremmo sforzarci di non dipendere mai da dottrine altrui, ma di elaborare in modo intelligente i frutti del sapere umano sulla base delle Fonti per trovare soluzioni adatte ai problemi dell’umanità, senza scivolare in una pericolosa subordinazione ad ideologie dannose.

Da parte delle élites globaliste che tanto si battono, a loro dire per i diritti della donna, è in corso una furibonda battaglia contro i valori umani e civili propugnati dalla fede musulmana con l’intento di sradicare questi valori dal cuore dei musulmani europei. La Turchia oggi si trova a vivere in un contesto europeo profondamente diverso. A differenza di dieci anni fa l’Europa è oggi molto più ostile ai musulmani e molto meno democratica oltre che molto più in crisi economicamente, eticamente e spiritualmente. Mentre il potere mondiale si sposta in Asia, la Turchia guarda ad Oriente dove ci sono possibili alleati uniti dalla stessa fede o da comuni interessi economici e geopolitici 

Secondo un autorevole esponente politico turco la Dichiarazione è stata utilizzata finché essa è stata utile dopo di che è stata abbandonata. Nonostante la questione dei cosiddetti diritti LGBT sia marginale, tuttavia l’uso del concetto di genere tutt’altro che neutro, come già spiegato in un articolo pubblicato su questo giornale alcuni mesi fa e, addirittura del concetto di orientamento sessuale, che dissocia l’essere umano dalla sua realtà ontologica creaturale  prefissata da Dio, apre a tutta quella serie di comportamenti perversi ed anti umani criticati anche da una parte dello stesso movimento femminista intersezionale.

Non a caso esponenti del movimento LBGTQI sono stati i primi a manifestare contro la decisione di Erdogan assieme ai settori più estremisti della sinistra turca ed ai soliti studenti universitari radical chic. Costoro sanno benissimo che esiste una strategia delle élites globaliste per sfondare nel mondo arabo con il sogno perverso di ridurre l’Islàm ad una larva come modo di vita. E’ ciò che stanno cercando di fare con un discreto successo con la Chiesa Cattolica ormai allo sbando dal punto di vista dottrinale,  prigioniera del volemose bene senza più una visione escatologica della storia.

L’ Occidente piegato dalla pandemia non produce più valori né filosofie e la Turchia guarda all’Asia per orientarsi. In questo contesto la comunità musulmana è continuamente tentata da un atteggiamento subalterno nei confronti della cultura dominante di cui segue l’agenda mentre dovremmo essere noi a dettarla, senza alcun massimalismo velleitario ma con saggezza.

In questo contesto  le condoglianze e soprattutto le lodi rese da parte di esponenti della comunità musulmana per la morte della scrittrice atea ed  islamofoba egiziana Nawwaal Al Sadaawi sono un altro segno deprimente della subalternità culturale di settori importanti della Umma alle priorità delle élites globaliste su temi importanti, così come lo è un subalterno e mieloso dialogo con i vertici delle Chiese cristiane e l’inserimento nel background musulmano di contenuti estranei al din entrando in movimenti femministi o addirittura difendendo le istanze LGBT.

Tutti segni ulteriori della capacità della cultura globalizzante di affondare le sue grinfie fin dentro la Umma grazie ad improvvisi scivoloni di sorelle iscritte al PD e facenti parte del settore praticante della comunità. 

La pietà umana per carità è cosa lodevole anche verso chi sceglie stili di vita contrari all’ordine divino ma il nemico lo si deve riconoscere anche quando parla arabo e pretende di difendere le donne

In vero si tratta di difendere le donne come loro, non certo quelle come noi come già sappiamo dal silenzio delle femministe quando viene attaccata una donna a causa della sua fede. La liberazione delle donne arabe messa in atto dai francesi spogliandole fisicamente, culturalmente e religiosamente non è la nostra liberazione ma una nuova schiavitù.

Non abbiamo bisogno di firmare Convenzioni ideologicamente dubbie o di prendere lezioni da chi ci vorrebbe liberare con iniezioni letali di neocolonialismo. Sappiamo  benissimo che la nostra liberazione anche dalla violenza di genere sta nel Corano e non in quello che gli si oppone.