Nell’ultimo periodo si sta assistendo ad un riavvicinamento nelle relazioni tra Turchia ed Egitto, in particolare, dopo alcune dichiarazioni benevole verso l’Egitto da parte turca qualche giorno fa si è avuto l’annuncio del ministro degli Esteri turco circa la possibilità di firmare un accordo di demarcazione marittima tra Ankara e Il Cairo e di avviare un dialogo.
Queste osservazioni sono state poi coronate dalla dichiarazione di venerdì del presidente Erdogan che ha affermato che le comunicazioni tra gli apparati di intelligence dei due paesi proseguono ed ha espresso la speranza che i contatti diplomatici e tra apparati di sicurezza migliorino le relazioni.
Soprattutto la questione energetica e del Mar Mediterraneo e la questione libica sembrano rivestire una grande importanza nel miglioramento del rapporto tra due paesi che sono stati in conflitto dall’epoca della presa del potere di Al Sisi in Egitto a seguito del Golpe del 2013.
L’Egitto ha riconosciuto alcune delle zone del Mar Mediterraneo delineate nella mappa frutto dell’accordo turco-libico, fatto che è piaciuto molto ad Ankara, ora un maggiore accordo tra i due paesi riguardo la questione sembra essere nell’interesse di entrambi gli Stati. Inoltre dopo la sconfitta del generale Haftar in Libia su cui aveva puntato Il Cairo, l’accordo dei due Parlamenti storicamente rivali di Tripoli e Tobruk (rispettivamente appoggiati da Turchia ed Egitto), la mancata elezione a primo ministro di Fathi Bashaga su cui puntavano i turchi in favore invece del ricco business-man Abdul Hamid Debeibeh, ex-sodale di Seif al Islam Gheddafi anche il file libico ha creato un reciproco interesse per una riappacificazione.
L’Egitto in primo luogo ha posto alcune condizioni che hanno creato grande dibattito, tra queste spicca quella che chiede alla Turchia di chiudere tutti i media dell’opposizione in esilio– a dire degli egiziani dei Fratelli Musulmani – che attaccano l’Egitto in particolare e gli Stati del Golfo in generale.
Inoltre è stato richiesto alla Turchia di proibire ogni attività politica dei Fratelli Musulmani sui suoi territori. A questo riavvicinamento sono state dedicate nei giorni scorsi numerosissime trasmissioni sui canali satellitari arabi, da Al Jazeera a BBC Arabic a Sky Arabic a RT Arabic fino ai canali direttamente coinvolti ossia Al Sharq, del portavoce della nuova alleanza di opposizione egiziana Ayman Nur, a Watan, il canale direttamente controllato dalla Fratellanza, a Mukammiliin che esprime le posizioni dell’opposizione di ispirazione islamica.
Al Jazeera e Mukammiliin hanno anche intervistato Muhammad Munir, la più alta autorità dei Fratelli Musulmani, che oggi svolge le funzioni di Muhammad Badi’e, il Murshid, o Guida Generale della Confraternita.Munir ha espresso la propria convinzione che lo stato turco continuerà a ospitare gli esponenti della Fratellanza in esilio, e che non consegnerà mai all’Egitto chi ha richiesto asilo politico, in ossequio alla legalità internazionale e ha nettamente rifiutato ogni proposta di riappacificazione con il regime egiziano a seguito delle nuove posizioni internazionali che sta esprimendo la Turchia. Ha però auspicato che a seguito della nuova situazione si arrivi in Egitto ad un rilascio dei numerosissimi prigionieri politici e si possa giungere ad una fine della persecuzione.
Il suo pensiero sembra però seguire più degli auspici che una reale convinzione, perché difficilmente Al Sisi rinuncerà alla narrazione che lo ha portato al potere e di cui si è giovato dal punto di vista internazionale, di baluardo contro le forze islamiste, senza contare che, duramente provato sul piano del consenso interno, Al Sisi non può rischiare di perdere la faccia ribaltando le politiche oppressive e anti-democratiche che hanno caratterizzato il suo agire politico fino ad oggi.
Pare certo però che in Turchia i responsabili dei canali di opposizione abbiano avuto uno o più incontri con gli apparati turchi riguardo ai toni da usare nei confronti della leadership egiziana, da cui è emersa una forte raccomandazione a moderare i toni, raccomandazione che i leader dell’opposizione, da Ayman Nur ai vertici dei Fratelli Musulmani hanno pubblicamente tradotto ad un pubblico comprensibilmente preoccupato, nell’invito a rispettare i codici di condotta televisivi e a non insultare dal punto di vista personale le figure di spicco del regime egiziano.
Va osservato che nonostante le continue controversie turco-egiziane dal colpo di stato militare del luglio 2013, le relazioni commerciali tra i due paesi sono proseguite e sono addirittura in aumento. Gli scambi commerciali tra i due paesi nel 2018 hanno superato i 5,24 miliardi di dollari. Nel frattempo, tra di loro, i due stati cercano di aumentare le importazioni, le esportazioni e gli investimenti reciproci.
Cosa accadrà quindi nel futuro è difficile da prevedere, ma difficilmente si assisterà ad una ripresa dei rapporti che cancelli l’inimicizia creatasi tra Ankara e Il Cairo negli ultimi anni, sicuramente ad entrambi conviene ritornare a parlarsi e porre fine alla situazione di semi guerra fredda che ha caratterizzato l’epoca post 2013, ma parlare di riappacificazione sembra davvero esagerato alla luce delle evoluzioni avvenute. Quello che sembra più probabile è un raffreddamento dei toni ed il ritorno al dialogo, ma non molto di più.