Il nostro mondo, da circa un anno, è stato sommerso da un’inondazione che probabilmente quando si ritirerà lascerà un paesaggio, la nostra realtà, completamente cambiato rispetto a quello a cui eravamo abituati.
Il cataclisma pare abbia avuto origine in Cina, ci hanno raccontato che in un grande mercato di una città dove si commerciano animali a fini alimentari, i più improbabili per noi occidentali, come i pipistrelli, un virus, un organismo infinitamente piccolo, ha iniziato la sua opera di colonizzazione della nostra specie viaggiando e trasmettendosi silenzioso ma efficientissimo da essere umano a essere umano.
L’umanità ha conosciuto pestilenze ed epidemie fin dai suoi albori, e questa non è neppure la peggiore. Di diverso e di originale c’è senza dubbio il modo in cui si è fatto fronte a questa ultima invasione virale.
Se in passato un’epidemia costringeva gli uomini ad adottare misure di prevenzione per la diffusione del contagio, queste misure non sono storicamente mai arrivate a fermare la vita sociale quasi completamente, e soprattutto mai erano arrivate a privare le persone delle libertà più essenziali, come la libertà di movimento, tanto a lungo.
Questa storia si è insinuata nelle nostre vite in modo discreto; ne abbiamo avuto notizia l’anno scorso a 2020 appena iniziato. I telegiornali parlavano di una nuova forma influenzale cinese che era arrivata in Italia con, se non ricordo male, quattro cittadini cinesi che però erano stati prontamente individuati, fermati, isolati e curati.
Il seguito è noto. Nel giro di qualche giorno, al massimo un paio di settimane, quella che era iniziata come una tutto sommato normale storia di una forma influenzale aggressiva proveniente dall’Asia si è trasformata nel peggior incubo che l’Italia, e con lei il mondo intero, hanno vissuto dalla seconda guerra mondiale a oggi.
L’epidemia di Covid19, che per la sua universalità chiamiamo pandemia, sta cambiando la società e la nostra vita come forse solo un evento epocale come quella guerra era stata in grado di fare.
Questa pandemia ci ha fatto improvvisamente prendere coscienza di come le cose siano cambiate anche solo rispetto a qualche decennio fa.
La nostra è ormai una società totalmente laica e materialista, dove i valori spirituali sono stati da molto tempo accantonati, ridotti a fatto privato; dove non esiste alcun valore assoluto, ma tutto viene vissuto e valutato in modo relativo, personale ed individuale.
Una società dove perfino la chiesa cattolica, un tempo nella società italiana pervadente e importantissima, si è ridotta a minoranza marginale, molto simile a una ONG qualsiasi, dedita a iniziative sociali anche encomiabili se vogliamo, ma limitate al fatto in sé.
Oltre a qualche timido belato clericale, nessun rimando ad altro. Una chiesa cattolica che non può nemmeno più permettersi di negare la sua benedizione alle cosiddette unioni omosessuali, senza per questo essere ferocemente criticata e riprovata.
In un mondo dove la vita ha senso solo in quanto ricerca del piacere, dove si dà per scontato che una volta finita questa vita fisica, nulla dopo seguirà, inevitabilmente la sopravvivenza può assurgere a valore supremo. Sopravvivere, questo conta. Sopravvivere anche se la pura sopravvivenza deve significare la rinuncia a qualsiasi altro valore, anche se questo valore è la libertà, la dignità, il rispetto di sé.
Per questo dal marzo dell’anno scorso i due governi sostanzialmente identici che si sono succeduti hanno potuto imporre una dittatura sanitaria nella quale i diritti fondamentali sanciti dalla carta costituzionale sono stati “sospesi”. In cui si è sostituito il diritto alla salute con l’obbligo alla salute. In realtà c’è il fondato timore che viste le premesse non di semplice sospensione si tratti, ma di una radicale abolizione che se anche non ufficialmente sancita, sarà attuata nei fatti.
Tutta una fascia sociale, quella delle cosiddette partite iva, è stata pesantemente penalizzata. Baristi, ristoratori, parrucchieri, operatori dell’intrattenimento, gestori di sale cinematografiche e di teatri, e altri ancora, si sono visti imporre lunghe chiusure, in alcuni casi queste attività sono di fatto cessate, non riapriranno più. Morte, defunte. Le nostre città si sono incupite, tutta la nostra vita si è incupita. Ci è stato imposto il coprifuoco, alle 22 tutti a casa, neanche ci fosse l’oscuramento. Ci è stato impedito per lunghi periodi di andare a camminare in montagna o in riva al mare. Ci è stato impedito e ancora ci viene impedito di visitare figli, nipoti, genitori, fidanzate, amanti, amici, che solo abbiano la colpa di vivere in una regione diversa da quella nella quale risediamo.
Le belle famiglie che ancora hanno il coraggio di essere numerose, con bimbi piccini, sono state obbligate a stare chiuse in casa. Vietato portare i bimbi al parco a giocare. Dovevano stare in casa, pazienza se la casa è piccola, magari 50 o 70 metri quadrati, situata in una periferia squallida.
Ci è stato detto quasi fosse un gioco sadico che sì, bisognava stare a casa a novembre, ma poi a Natale avremmo potuto festeggiare serenamente. Siamo stati chiusi a Natale. Il gioco si è ripetuto per la Pasqua. A Pasqua tutto sarà chiuso, e chiusa sarà l’Italia intera anche per i ponti del 25 aprile e del primo maggio.
L’Italia dopo l’esperienza della chiusura generalizzata della primavera 2020, forse con l’intenzione dei decisori di non esasperare ulteriormente la situazione con una nuova chiusura totale, è stata divisa in zone colorate: gialla, arancione, rossa, dove a seconda dell’intensità del colore le misure di chiusura si inaspriscono. Attualmente non ci sono più regioni gialle, regioni cioè dove le limitazioni avrebbero dovuto essere un po’ più blande.
Le scuole, dalle materne all’università sono state chiuse a più riprese. Ora sono ancora chiuse. Dopo Pasqua è stato annunciato che riapriranno le elementari e la prima media nelle zone rosse, nelle altre regioni colorate in arancione, potranno andare a scuola anche le seconde e le terze della scuola media.
Per gli studenti delle superiori e per gli universitari c’è la DAD, cioè un orribile acronimo che sta per Didattica a Distanza, cioè la digitalizzazione completa dell’istruzione. Ogni studente sta chiuso in casa davanti allo schermo di un pc, a seguire lezioni che gli vengono trasmesse da lontano. Inutile dire che un simile regime pedagogico, oltre ad essere sterile e scarsamente efficace, è destinato ad aumentare la sperequazione fra gli studenti di buona estrazione sociale e quelli meno favoriti dal censo e dalle condizioni culturali di partenza della famiglia.
Finita ogni convivialità, ogni cameratismo, ogni gioco; niente più abbracci, niente più baci con i compagni, con le compagne. Tra i ragazzi l’insofferenza e un profondo disagio, come naturale che sia, sono cresciuti in modo esponenziale. Non si contano fra i giovani le depressioni, i casi di autolesionismo, il ricorso sempre più pesante all’alcool e alle droghe.
Ci è stato detto e ripetuto e ci viene detto e ripetuto ogni giorno fino alla nausea, che tutto questo è necessario per preservarci dal morbo; che i morti per il Covid19 sono tantissimi, centinaia ogni giorno, che le terapie intensive sono piene e che questi sacrifici sono necessari per fermare la diffusione del virus, per salvare la vita delle persone, soprattutto delle persone anziane.
Sarà come dicono, ma la Svezia, forse l’unico Stato al mondo che ha rinunciato ad attuare pesanti misure di coercizione nei confronti dei propri cittadini, ha avuto in percentuale meno morti dell’Italia e di tanti altri Stati che hanno attuato politiche di rigorosa chiusura. E lo ha fatto, felice eccezione, nel rispetto della libertà e della dignità dei propri cittadini. Inoltre ricordiamo che l’Italia, pur avendo imposto pesanti politiche di chiusura sociale ai propri cittadini, dopo Messico e Iran, è il paese al mondo che conta più vittime da Covid19. Quindi queste misure sono davvero così efficaci? La domanda è lecita.
Da un po’ di tempo è iniziata la campagna di vaccinazione della popolazione italiana. Il vaccino viene presentato e proposto come la soluzione, la panacea di tutti i mali. Tuttavia, oltre a casi di reazioni avverse, i vaccini immessi sul mercato, e sorvoliamo sui pasticci e i ritardi che i responsabili della campagna vaccinale italiana non si sono fatti mancare, sono stati approntati in tempi eccezionalmente rapidi, non hanno cioè seguito il normale percorso sperimentale al quale ogni farmaco deve essere sottoposto. Ci si augura ovviamente che alla fine le vaccinazioni risultino efficaci e che possano togliere questo incubo dalla nostra vita, senza ulteriori danni, ma resta in proposito più di un dubbio.
Fino a questo punto si è sostanzialmente raccontato di un’intera società che è stata duramente colpita e provata dall’epidemia scatenata da questa forma influenzale particolarmente aggressiva. Abbiamo parlato di un disastro e di macerie. Ma l’epidemia non è solo stata una devastante disgrazia per tutti. Ci sono stati anche grandi vantaggi, colossali vantaggi, per tutta una serie di soggetti. Le grandi aziende farmaceutiche, quelle che vengono designate col termine anglosassone di Big Pharma, hanno moltiplicato in modo esponenziale i profitti, e ora con i vaccini i guadagni sono incalcolabili.
Ci sono tutti i trader di materiale sanitario, le mascherine in primis, ad aver fatto eccellenti affari, lavorando con la Cina, il paese che pare abbia saputo trarre il maggior profitto dalla situazione pur essendo all’origine di questa infausta storia. I grandi giganti del Web, Amazon per prima, hanno visto letteralmente esplodere le loro dimensioni e il loro giro d’affari.
Un mondo nuovo rischia di essere il nostro futuro; un Brave New World, dove molti vivranno impoveriti e al limite della sopravvivenza, dove tutti saremo un po’ più soli, dove la politica e la democrazia saranno un ricordo e solo le élites finanziarie e medico-scientifiche potranno prendere decisioni per tutti.