I palestinesi del villaggio di Beit Dajan hanno dato vita a manifestazioni settimanali per protestare contro la creazione sulla loro terra, ad opera di un colono armato di mitragliatore, di un avamposto; l’esercito israeliano ha risposto con gas lacrimogeni, granate assordanti e proiettili
“Innanzitutto, parliamo delle terre,” così ci ha detto quando siamo arrivati questa settimana Abd al-Rahman Haneini, il capo del consiglio del villaggio di Beit Dajan in Cisgiordania. Siamo venuti per informarci dell’uccisione di un uomo del luogo, Atef Haneisheh, un falegname-contadino di 47 anni, padre di tre figli. La scorsa settimana, mentre partecipava alla dimostrazione settimanale contro un avamposto di coloni illegale che era stato allestito sulla terra del suo villaggio, è stato colpito alla testa e ucciso da una fucilata di un ufficiale delle forze armate israeliane.
Per prima cosa, la terra. Lo scorso settembre, gli abitanti della parte orientale del villaggio riferirono che un bulldozer stava lavorando nottetempo sulla loro terra. Situato ad est di Nablus, Beit Dajan conta una popolazione di circa 4.500 abitanti. Le sue case sono arroccate su un pendio e la sua terra si estende fino alla fertile valle sottostante, verdeggiante in questo periodo dell’anno.
Quando il capo del consiglio ha visitato il sito di cui gli abitanti del villaggio gli avevano parlato, è rimasto sbalordito nel constatare che qualcuno aveva scavato una strada sterrata a circa 4 chilometri dal villaggio, che poteva isolare il villaggio dalla sua terra, consistente in 20.000 dunams (5.000 acri, 1 acro=4046 metri quadrati) coltivati a grano, alberi di mandorle e oliveti. Gli abitanti del villaggio sapevano che una cosa del genere poteva tagliarli fuori dalle loro proprietà col beneplacito delle autorità israeliane. La strada illegale lunga circa 10 chilometri portava alla fattoria Skali, un avamposto istituito nel 1998 da Yitzhak Skali.
Circa un mese dopo, gli abitanti hanno scorto un colono che è arrivato con quindici capi di bestiame e una tenda; ha eretto una recinzione e stabilito un altro avamposto in questa terra di avamposti intorno all’insediamento Itamar. Questo è il metodo preferito negli ultimi anni dai ladri di terra: costruiscono un recinto per bestiame o un piccolo ovile che ben presto si trasforma in un avamposto autorizzato; la terra circostante viene poi adibita al pascolo. La strada sterrata collegava la fattoria Skali al suo nuovo satellite.
Solo un colono al momento vive lì; alcuni palestinesi riferiscono che il suo nome è Kobi, altri invece dicono Koki. Ci mostrano le fotografie di Kobi o Koki, che è un tipo con baffi e folta barba, che porta una grande kippa bianca e imbraccia un mitragliatore pesante.
Le riprese che gli abitanti hanno girato un mese fa lo mostrano mentre parla con loro fino a che un suo amico arriva su un fuori strada e comincia a spingerli e a colpirli violentemente.
Circa un mese dopo che Kobi si è stabilito sulla terra rubata, l’esercito è arrivato e lo ha sfrattato. Si è spostato di circa 50 metri dalla sua prima postazione. Gli abitanti del villaggio hanno innalzato una tenda fuori dall’avamposto che è sorto davanti ai loro occhi sulla loro terra. Qualche giorno dopo, sono giunte le forze armate israeliane, hanno abbattuto la tenda della protesta e si sono limitate alla confisca di qualche attrezzo appartenente all’avamposto di Kobi. Kobi e il suo bestiame sono rimasti sulla terra.
Questi sono avvenimenti accaduti lo scorso ottobre. Da allora Beit Dajan ha manifestato ogni venerdì dopo la preghiera del mezzogiorno per protestare contro l’avamposto di Kobi. Qualche centinaio di abitanti del villaggio marciano in direzione della loro terra e si scontrano con l’esercito, che li aspetta e spara gas lacrimogeni, e pallottole di metallo con la punta di gomma, proiettili “tutu” che si suppone non siano letali, e sono sparati da fucili calibro 22, granate stordenti. Fino ad oggi 10 residenti sono stati feriti nelle proteste, che però non si sono attenuate.
Dopo alcune settimane di dimostrazioni, dei bulldozer dell’esercito hanno bloccato la strada sterrata che porta alla terra dei palestinesi. Da quel momento gli abitanti non sono più stati in grado di raggiungere la loro terra, che si trova a 4 chilometri dal villaggio, se non andandovi individualmente e a piedi. Kobi, con il rinforzo di qualche ragazzo, ha iniziato a scacciare i pastori che arrivavano per utilizzare la loro terra, minacciandoli con le armi e allontanandoli con il fuori strada. Le dimostrazioni del villaggio sono continuate.
Atef Haneisheh partecipava regolarmente alle proteste, andandovi ogni settimana con una bandiera palestinese. Nonostante i suoi 47 anni, anche lui tirava pietre ai soldati che avevano invaso la terra di Beit Dajan per proteggere i coloni che l’avevano rubata. Haneisheh era proprietario di un terreno che era appartenuto a suo nonno. Era il padre di due bimbi e di una bambina, il maggiore di 13 anni, il più piccolo di 7. Qualche mese prima avevano diagnosticato alla sua bambina di 9 anni un tumore alla gamba. Questa settimana doveva essere sottoposta ad un intervento chirurgico all’Augusta Victoria Hospital a Gerusalemme Est. I genitori di Haneisheh sono ancora in vita; suo padre, Yusuf, ha 87 anni, sua madre Zahiya ne ha 75. Atef era sposato con Islam, che ha 37 anni, e lavorava in una falegnameria che produce mobili, di proprietà sua e di suo fratello. Suo cugino era con lui nella dimostrazione di venerdì scorso.
Alle 12 e 30 dopo aver terminato la preghiera del mezzogiorno, si sono diretti verso i terreni agricoli poi si sono dovuti fermare di fronte ad uno sbarramento di terra. Oltre quel punto di solito proseguivano a piedi. La dimostrazione di venerdì scorso è stata modesta, meno di 200 partecipanti. I giovani stavano davanti, i più anziani dietro di loro. Haneini, il capo del consiglio, che stava insieme agli anziani, improvvisamente ha sentito degli spari, fuoco a volontà. Dice di saper distinguere il suono di pallottole vere da quello prodotto da pallottole con la punta di gomma o dalle cosiddette pallottole tutu.
Mai prima l’esercito aveva usato lì munizioni vere sui dimostranti. Un altro cugino di Atef, Hazam, che ha 43 anni, stava a 40 metri dietro ad Atef e ha visto quello che è successo.
Un gruppo di dimostranti si è seduto per riposare e bere acqua, ci dice Hazam. Atef era con loro. Due soldati erano posizionati su una collina a circa 50 metri da Atef e da gli altri. Atef e i suoi amici gli tiravano pietre, e Atef usava una fionda. Le riprese lo mostrano che cammina con i dimostranti indossando un cappellino da baseball, scarpe da ginnastica bianche, e un maglione rosso che risalta sullo sfondo.
Una fotografia lo ritrae mentre lancia pietre. Un uomo di 47 anni che lancia pietre non è cosa frequente nelle dimostrazioni in Cisgiordania. In genere i lanciatori di pietre sono ragazzi e giovanotti. Ma a Beit Dajan si uniscono anche persone più anziane. I soldati erano troppo lontani e troppo in alto perché le pietre potessero raggiungerli.
Improvvisamente un ufficiale dell’esercito, che si trovava più vicino ai manifestanti, ha sparato in aria; lo si vede in una foto scattata da uno del posto. Dopo qualche raffica, improvvisamente ha puntato il mitragliatore sui dimostranti. Era a qualche decina di metri da loro.
Questi ultimi, spaventati, si sono gettati a terra nel tentativo di proteggersi. L’ufficiale ha sparato tre o quattro raffiche sui lanciatori di pietre. Quando gli spari sono cessati, loro si sono alzati. Tutti meno uno. Era l’uomo col maglione rosso, il loro amico Atef Haneisheh. Un video girato da uno degli abitanti coglie questo momento drammatico. I dimostranti hanno lanciato urla di rabbia: “Sheikh Atef, Sheikh Atef.” Qualche giovane piangeva.
Atef aveva un buco in fronte, il suo sangue impregnava la terra. Probabilmente è morto sul colpo. Un medico locale che si trovava sul posto non riusciva a sentire i battiti del polso. I giovani hanno sollevato Atef e, correndo, lo hanno portato alle macchine che si trovavano a un chilometro e mezzo di distanza, vicine allo sbarramento di terra. I soldati hanno sparato gas lacrimogeni su di loro mentre correvano.
Nel frattempo è arrivata un altro reparto di soldati. Un’ambulanza palestinese si è fermata vicino allo sbarramento di terra ed è partita velocemente verso il Radafia Surgical Hospital di Nablus, dove altro non è stato possibile fare se non constatarne il decesso. Nel pomeriggio è stato sepolto a Beit Dajan.
Il portavoce dell’unità dell’esercito ha dichiarato ad Haaretz: “una violenta manifestazione ha avuto luogo venerdì con la partecipazione di decine di palestinesi nei pressi del villaggio di Beit Dajan, nella zona della Brigata territoriale della Samaria, nel corso della quale elementi perturbatori dell’ordine hanno lanciato pietre contro le forze armate israeliane. Le forze armate israeliane hanno risposto utilizzando strumenti antisommossa e sparando in aria. Un reclamo circa un perturbatore dell’ordine caduto vittima ed evacuato in seguito ci è noto. Al momento cosa abbia causato la vittima non è chiaro. Si sta investigando sull’incidente.”
Una brezza primaverile soffiava questa settimana sul luogo dove Atef Haneisheh è stato ucciso; una fertile e verdeggiante vallata dove crescono mandorli e olivi, circondati da campi di grano e da colline tutt’intorno. Dietro a una collina si nasconde l’avamposto di Kobi, e sulla cima di un’altra collina c’è la fattoria Skali. Abu Kais, un coltivatore di 70 anni, raccoglie mandorle e le distribuisce.
Articolo di Gideon Levy pubblicato suHaaretz