Quo Vadis, Aida? racconta la storia di una interprete bosniaca dell’ONU che cerca disperatamente di salvare suo marito ed i suoi figli dal massacro. Per la regista bosniaca Jasmila Zbanic e la sua troupe, Quo Vadis, Aida?, il loro film nominato agli Oscar sul genocidio di Srebrenica, è più di un semplice film.
Venticinque anni dopo le atrocità che ebbero luogo sotto lo sguardo inerte delle Nazioni Unite, i Bosniaci raccontano ora la loro storia, sul grande schermo, per la prima volta.
“E’ stato molto emozionante per tutta la troupe”, ha dichiarato Zbanic ad Al Jazeera. “Non soltanto per i Bosniaci, ma per tutta la nostra troupe internazionale – questo lavoro è stato più che un mero incarico professionale. Abbiamo tutti avuto la sensazione che non si trattava soltanto di un film”.
“Il processo di guarigione inizia quando il tuo trauma viene riconosciuto e rispettato dagli altri”.
Quo Vadis, Aida? ha collezionato numerosi premi e alcuni critici affermano che la Bosnia-Erzegovina è una forte contendente per la vittoria del suo secondo Oscar nella categoria Lungometraggi Internazionali.
Nel 2001 No Man’s Land di Danis Tanovic, un film che parla della guerra in Bosnia, vinse l’Oscar per il Miglior Lungometraggio Internazionale.
La storia di Zbanic si svolge nel luglio 1995, quando la città bosniaca di Srebrenica, una zona dichiarata sicura dall’ONU, cade in mano alle forze serbe guidate dal leader serbo-bosniaco Ratko Mladic.
Oggi è un criminale di guerra condannato e incarcerato all’Aia, essendo stato riconosciuto colpevole di genocidio.
Nell’arco di pochi giorni, a Srebrenica le forze serbe uccisero sistematicamente oltre 8.000 uomini e ragazzi musulmani bosniaci, mentre l’ONU stava a guardare.
Il film è tratto da Under the UN Flag, un libro di Hasan Nuhanovic, un sopravvissuto bosniaco di Srebrenica che all’epoca lavorava come interprete per le Nazioni Unite. Nuhanovic ha avuto tutta la sua famiglia assassinata.
Le testimonianze dei sopravvissuti, molti dei quali hanno partecipato al film, erano a disposizione per dare vita alla storia.
L’attrice serba Jasna Djuricic interpreta Aida, la protagonista, un’insegnante bosniaca che lavora come interprete inglese per l’ONU. La sua posizione le garantisce protezione, ma non al marito e ai due figli piccoli
Il titolo del film si traduce con “Dove stai andando, Aida?”.
Aida è costantemente in movimento durante tutto il film. Mentre la morte si avvicina per gli uomini e i ragazzi bosniaci alla base ONU di Potocari, il suo ritmo accelera mentre cerca disperatamente di salvare la sua famiglia dall’esecuzione.
Il disprezzo delle Nazioni Unite per i civili, che avrebbero dovuto proteggere, è uno dei temi centrali.
Dopo che Mladic e le sue milizie hanno catturato Srebrenica, e mentre migliaia di Bosniaci si sono radunati all’esterno della base ONU per essere protetti, Thomas Karremans, comandante del Dutchbat (battaglione olandese) delle Nazioni Unite, durante una telefonata con l’ONU chiede perché non siano stati lanciati attacchi aerei per la difesa della città, come aveva promesso al sindaco di Srebrenica.
Invece di ricevere supporto, gli viene detto che il segretario generale e l’intero gruppo di comando delle Nazioni Unite sono in vacanza.
“L’ONU è stata influenzata dall’interesse politico dei paesi occidentali, e gli Olandesi erano in una posizione terribile”, ha detto Zbanic. “Ma avevano comunque una missione ed i mezzi per proteggere la gente, ma non hanno sparato un solo proiettile”.
Mentre Aida corre freneticamente avanti e indietro cercando di salvare la sua famiglia, si vede il Dutchbat muoversi lentamente e reagire passivamente, come se si trovasse in un altro mondo.
Zbanic ha letto il rapporto finale delle Nazioni Unite su Srebrenica, redatto da David Harland, all’epoca un peacekeeper in Bosnia.
“Mi ha aiutato molto a capire certe cose perché lui ha avuto la possibilità di parlare con i comandanti, mentre io no. Avevo chiesto loro più volte, ma si sono rifiutati. David ha letto la sceneggiatura e mi ha dato suggerimenti molto utili”, ha detto Zbanic.
Anche gli aspetti tecnici del film sono stati molto complessi.
Invece che filmare a Srebrenica, la troupe ha dovuto far ricorso a riprese girate a Mostar e Stolac, in Erzegovina.
L’attuale sindaco serbo di Srebrenica, Mladen Grujicic, nega che sia mai avvenuto un genocidio – nonostante le sentenze dei tribunali – così come l’establishment politico serbo, sia in Bosnia che in Serbia.
Djuricic, l’attrice che interpreta Aida, e suo marito serbo Boris Isakovic, che interpreta Mladic, sono stati etichettati come traditori dall’estrema destra serba per aver partecipato al film.
Nel frattempo, le famiglie bosniache stanno ancora cercando i resti di circa 1.000 vittime uccise nel genocidio di Srebrenica.
“Dal punto di vista politico, il genocidio di Srebrenica è ancora oggetto di grandi scontri nel nostro paese… E’ stato molto difficile fare un film in un contesto così emozionante e velenoso, soprattutto tenendo presente che i negazionisti del genocidio sono ancora nel nostro governo”.
“Non sosterranno il film – al contrario. Non abbiamo potuto girare il film a Srebrenica perché il sindaco è uno dei negazionisti”, ha detto Zbanic.
Un certo sostegno finanziario, nel frattempo, è arrivato dall’Europa.
“La Bosnia produce un film all’anno con un budget approssimativo di un milione di euro (1.2 milioni di dollari)”, ha detto Zbanic. “E il nostro film [costa] 4.5 milioni di euro (5.4 milioni di dollari)”.
“Quindi è stato uno sforzo enorme mettere insieme i soldi. Abbiamo avuto nove paesi europei che hanno co-prodotto questo film”.
Zbanic ha dichiarato che non vede l’ora che il pubblico guardi il film.
“Anche se il film tratta di 8.372 [persone] uccise, non c’è quasi nessuna goccia di sangue o uccisione che venga mostrata in maniera esplicita”, ha detto Zbanic.
“E’ un film sulla Bosnia, ma penso che sia un film sugli esseri umani, sugli Stati Uniti, sull’Europa e sul mondo. Racconta la storia di come gli atti di nazionalismo e fascismo, che all’inizio sembrano essere movimenti divertenti o ridicoli, possano andare a finire”.
Articolo originale pubblicato su www.aljazeera.com