I viaggi di Ibn Battuta sono continuati per quasi trent’anni, coprendo la maggior parte del mondo islamico e non solo.
Anche se la maggior parte delle persone ricorda Marco Polo quando si parla di esploratori famosi, lo studioso musulmano Ibn Battuta dovrebbe essere in effetti uno dei primi a venire alla mente. I suoi viaggi, che hanno attraversato un periodo di quasi trent’anni, coprendo circa 73.000 miglia (117.000 km) hanno superato quelli di Marco Polo.
Gli spostamenti del viaggiatore marocchino coprirono la quasi totalità del mondo islamico conosciuto, estendendosi dall’attuale Africa settentrionale e occidentale, fino al Pakistan, all’India, alle Maldive, allo Sri Lanka, al sud-est asiatico e alla Cina, una distanza che ha superato agevolmente quella del suo predecessore e quasi contemporaneo Marco Polo di 15.000 miglia (824.000 km).
Conosciuto come il più grande viaggiatore dei tempi pre-moderni, Ibn Battuta viaggiò per mare, con carovane di cammelli e a piedi, avventurandosi in oltre 40 delle nazioni attuali, spesso mettendosi in situazioni di estremo pericolo solo per soddisfare la sua voglia di viaggiare.
Tornato a casa dopo 29 anni, verso la fine della sua vita, il sultano del Marocco Abu Inan insistette affinchè Ibn Battuta scrivesse il racconto dei suoi viaggi. E oggi possiamo leggere le traduzioni di quel racconto, originariamente intitolato “Tuhfat al-anzar fi gharaaib al-amsar wa ajaaib al-asfar” o “Un regalo a coloro che contemplano le meraviglie delle città e le meraviglie dei viaggi”.
Il titolo del suo libro è un po’ troppo lungo, quindi il testo è generalmente chiamato solo Rihla di Ibn Battuta, che significa viaggio.
Le origini e il viaggio
Ibn Battuta era nato in Marocco nel 1304 durante il dominio della dinastia dei Marinidi. Era comunemente conosciuto col nome di Shams ad-Din e la sua famiglia era di origine berbera con una tradizione di servizio in qualità di giudici.
Nella stessa ottica, Ibn Battuta (Shams ad-Din) aveva ricevuto un’educazione in diritto islamico ma egli scelse invece di viaggiare. Dopo aver lasciato la sua casa nel 1325, all’età di 21 anni, Ibn Battuta si recò dapprima a Mecca per l’Hajj, impiegando 16 mesi per compiere l’intero viaggio. Dopo il pellegrinaggio decise di continuare a viaggiare.
I suoi viaggi erano per lo più effettuati via terra. Per ridurre il rischio di essere aggredito, solitamente sceglieva di aggregarsi a qualche carovana. E’ sopravvissuto a guerre, a naufragi e a rivolte.
La narrazione dei suoi viaggi è un resoconto unico e indispensabile della storia islamica e medievale.
Navigando lungo il Mar Rosso fino alla Mecca, Ibn Battuta ha inizialmente attraversato il vasto deserto arabo, recandosi in Iraq e Iran. Nel 1330 è partito di nuovo lungo il Mar Rosso fino ad Aden e poi in Tanzania. Poi, nel 1332, Ibn Battuta decise di visitare l’India. Ha attraversato Khwarizm, Bukhara, Afghanistan, raggiungendo Delhi che all’epoca era un territorio islamico.
Accogliendo Ibn Battuta, l’allora sultano di Delhi lo nominò giudice e Ibn Battuta rimase nel Subcontinente per otto anni – alcune fonti sostengono che rimase per meno tempo. Quindi, intraprese un altro viaggio.
Trascorrendo oltre un anno alle Maldive come giudice, ha poi attraversato lo Sri Lanka e l’India raggiungendo la Cina.
Nel 1345 arrivò all’odierna Quanzhou, in Cina. Durante il periodo trascorso qui, Ibn Battuta visitò città come Pechino, Hangzhou e Guangzhou. Ha viaggiato lungo il Canal Grande, visitato la Grande Muraglia Cinese e incontrato il Khan mongolo che governava il paese.
La Cina segnò l’inizio della fine dei viaggi di Battuta. Avendo raggiunto i confini del mondo conosciuto, finalmente tornò indietro alla sua casa in Marocco nel 1349. Entrambi i genitori di Battuta erano ormai morti, così egli rimase solo per un breve periodo prima di fare un altro viaggio in Spagna. Poi si imbarcò in un viaggio di alcuni anni attraverso il Sahara fino all’impero del Mali, dove visitò Timbuktu.
Ha affrontato pericoli lungo tutto il percorso. E’ stato attaccato dai banditi, quasi annegato in una nave che stava affondando, e fu quasi decapitato da un tiranno.
Nel 1355, era finalmente tornato a casa a Tangeri, in Marocco, per sempre. In realtà, Ibn Battuta non tenne mai dei diari durante le sue avventure, ma fu il sultano Abu Inan che gli ordinò di compilare l’immenso diario di viaggio (Rihla) ricco di azione dal quale possiamo attingere oggi. Passò un anno a dettare la sua storia ad uno scrittore chiamato Ibn Juzayy.
Dopo aver completato il Rihla (viaggio) si pensa abbia lavorato come giudice in Marocco per diversi anni e che sia morto intorno al 1368.