Da qualche giorno la situazione a Gerusalemme ed in particolare nel sobborgo di Sheikh Jarrah è degenerata, sono ricominciati gli espropri di case abitate da arabi palestinesi, per fare spazio ai coloni israeliani, il tutto “legittimato” da una sentenza giudiziaria israeliana.
Quello che avviene oggi è il risultato di una campagna elettorale israeliana che va avanti da più di due anni.
Ho deciso un paio d’anni fa d’iniziare ad interessarmi di come funziona Israele dal suo interno, la sua politica e le implicazioni del sistema sulla società e ho scoperto la precarietà la frammentazione del quadro politico israeliano.
Netanyahu cerca di formare un governo a tutti i costi, anche perché è già stato incriminato per corruzione e l’unico modo per non entrare in carcere è godere dell’immunità politica, così in questi 2 anni si sono succeduti una serie di governi di scopo, con l’unico obiettivo di far fare al Likud (partito guidato da Netanyahu) una costante campagna elettorale.
Ci sono state quattro elezioni in due anni e, ora siamo prossimi alla quinta dato che per l’ennesima volta il governo non si è riuscito a formare, nonostante l’ammucchiata tra i vari partiti di destra ai quali ha teso la mano pure il palestinese Mansour Abbas, già a capo del Ra’am ( la Lista Araba Unita), per capirci la destra islamica israeliana.
Le destre estreme israeliane: Shah, Yamina e Yahadut HaTorah non avrebbero mai accettato, l’unico punto in comune era l’opposizione alle politiche LGBT.
In tutta questa crisi politica israeliana, mai vista prima d’ora, si è scelto di prendersela con i più deboli, gli abitanti di Sheikh Jarrah accerchiati dai coloni che si macchiano quotidianamente di violazioni dei diritti dell’uomo, violenza contro donne e bambini nel più totale silenzio dei nostri media main stream.
Oggi serve informare su quel che succede da giorni in particolar modo: sulla spianata della moschea usurpata, i mercati messi a ferro e fuoco e dulcis in fundo, l’infermeria della moschea Al-Aqsa presa d’attacco come se fossimo in guerra.
Tutto ciò nel mese di Ramadan.