Il 13 maggio del 1871 venne promulgata la Legge sulle Guarentigie, il primo provvedimento normativo italiano in materia di diritto al culto con effetto diretto sulla Chiesa Cattolica oltre che sulla stessa persona del Papa.
A 150 anni di distanza la libertà di culto in Italia resta un principio costituzionale a cui nel nostro ordinamento non corrisponde una norma per la sua attuazione e questo costituisce un vulnus per il nostro stato di diritto.
Il 20 settembre del 1870 la storia salutava l’uscita di scena dello Stato Pontificio con la sua annessione al Regno d’Italia. Una Chiesa senza stato fu per 60 anni la soluzione al dibattito risorgimentale, noto come “questione romana”, sul ruolo che la città di Roma ed il sommo pontefice avrebbero dovuto avere nell’Italia Unita. Il 3 Febbraio del 1871 Roma divenne la Capitale d’Italia e il 13 Maggio venne promulgata la Legge sulle Guarentigie, cioè sulle garanzie concesse alla Chiesa Cattolica su suolo italiano. Si tratta del primo provvedimento normativo italiano in materia di diritto al culto con effetto diretto sulla Chiesa Cattolica oltre che sulla stessa persona del Papa. La Chiesa non accettò mai quello schema ed alla fine l’ha spuntata, dopo aver condotto per anni una campagna sovversiva di cui si trova traccia negli atti parlamentari del periodo liberale del Regno d’Italia.
L’Italia ha deliberatamente evitato di celebrare i 150 di ciò che avvenne a cavallo tra il 1870 ed il 1871, fatti di importanza capitale per l’unificazione nazionale ma altrettanto traumatici per la Chiesa Cattolica che perse il suo stato e la Città Eterna. La storia del diritto al culto in Italia dalla Legge sulle Guarentigie ai giorni nostri merita un approfondimento che noi di La Luce, a Dio piacendo, contiamo di realizzare a breve con un’apposita pubblicazione. Perché si tratta di un secolo e mezzo in cui la laicità delle istituzioni e l’uguaglianza di tutte le confessioni davanti alla legge sono rimasti propositi incompiuti, e perché manca del tutto la percezione di questo ritardo storico.
150 anni, in breve
L’esercizio del potere temporale era stato una prerogativa papale “solo” a partire dal 756 quando, nel 1870, la Breccia di Porta Pia vi pose fine. A partire dal 1929 però la Chiesa Cattolica ha di nuovo un suo stato, che è la Città del Vaticano, di cui il Papa è il monarca.
Se la fine dello Stato Pontificio fu segnata da un’operzione militare la nascita della Città del Vaticano si deve ai Patti Lateranensi, un accordo politico, che per conto dell’Italia furono firmati da Benito Mussolini. A tutt’oggi il territorio su cui vige il potere temporale del Papa è ancora quello che la Chiesa ha ottenuto nel ventennio fascista. Da allora la libertà di culto per i cattolici in Italia è sancita dal Concordato, incluso nei Patti Lateranensi, che è un accordo internazionale tra due stati: l’Italia e l’allora nascente Vaticano. Il diritto al culto di tutte le altre confessioni non potrà mai eguagliare quello del culto cattolico a meno che quest’ultimo non esca dall’ambito del diritto internazionale.
La situazione odierna non è la stessa del ventennio ma, contrariamente a quanto si possa pensare, non è con l’entrata in vigore della Costituzione Repubblicana (1948) che si è avuto un cambio di passo verso l’uguaglianza di tutte le confessioni davanti alla legge. E’ solo nella seconda metà degli anni ’80 del XX secolo che si registra un reale avanzamento, con la riforma del Concordato (1984) e con le prime Intese (concordatini) tra lo stato italiano ed altre confessioni organizzate come enti di diritto italiano. Prima del 1984 quella “cattolica, apostolica e romana” era “la sola religione dello stato”. Ebbene sì, anche l’Italia repubblicana ha avuto una religione di stato per quasi 40 anni. E’ stato poi solo nel 1990 che ha avuto inizio l’esercizio liberale della devoluzione dell’8×1000 in sostituzione della congrua, lo stipendio che l’Italia pagava ai preti, ma contestualmente il maestro di religione cattolica fece la sua comparsa anche nelle scuole materne ed elementari, una sorta di “do ut des”.
A 150 anni dalla Legge sulle Guarentigie la libertà di culto in Italia resta un principio costituzionale, espresso dall’art.19, a cui nel nostro ordinamento non corrisponde una norma per la sua attuazione e questo costituisce un vulnus per il nostro stato di diritto. Chi non ha un concordat(in)o è praticamente fuori da questo diritto e cosi una libertà fondamentale, la libertà di culto, dipende da una forma pattizia che non è un diritto, non essendo le parti obbligate a giungere ad un accordo ed essendo ad esempio palese che con i musulmani lo stato italiano non giungerà mai ad un’Intesa. Nel 2020 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha accolto un ricorso che potrebbe portare ad un obbligo per l’Italia di scrivere quella legge in materia che manca ad oltre 70 anni dall’entrata in vigore della Costituzione rendendo ad oggi possibile un’intollerabile discriminazione soprattutto nei confronti dei musulmani, ma non solo.
Una chiave di lettura storica speranzosa
Potremmo vedere i 150 anni dalla Legge sulle Guarentigie come parte di un ciclo più ampio, di 180 anni, suddiviso in tre periodi, di 60 anni, di cui l’ultimo è appena passato per il giro di boa segnato dal suddetto ricorso alla Corte Europea:
1] (1870-1929) Una Chiesa Cattolica senza Stato
2] (1930-1989) La rivincita della Religione di Stato
3] (1990-2049) Emancipazione dello Stato e delle Religioni
3a (1990-2019) Dall’8×1000 alla Crociata anti-Moschee
3b (2020-2049) Verso una vera Libertà di Culto
Ci troveremmo quindi nell’ipotetica parte finale del cammino dell’Italia verso una laicità delle istituzioni che non sia solo un pretesto utilizzabile in chiave anti-islamica, e verso la piena uguaglianza di tutte le confessioni davanti alla Legge che non sia solo un vacuo principio. Staremmo quindi scrivendo un capitolo importante della storia del nostro paese, se Dio vuole.