Con l’effetto combinato della pressione internazionale e la minaccia che proviene dall’interno, Natanyahu e il suo governo sembrano non poter più nascondere il fallimento militare e politico della campagna contro Gaza.
La critica più forte viene dal prestigioso quotidiano Haaretz, sulle cui pagine Aluf Benn, il suo direttore, l’ha definita: “la guerra più fallimentare e stupida condotta da Israele, se paragonata alla seconda guerra del Libano e alle precedenti guerre su Gaza”
Nella sua analisi Benn la definisce “un grave fallimento militare e diplomatico che ha messo in luce gli altri principali fallimenti militari nella preparazione e nella performance dell’esercito israeliano e la confusione politica generata da un governo confuso e impotente”.
Benn ha invitato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a ordinare la fine immediata di questa guerra, invece di “perdere tempo in uno sforzo inutile alla ricerca di una vittoria immaginaria, nonostante la morte e la distruzione che questo provoca a Gaza e mette in pericolo le vite in Israele“
“Se fossimo in un mondo migliore – aggiunge il gionalista- sarebbe stato opportuno sollecitare Netanyahu affinché ordinasse un accurato repulisti tra i quadri dell’esercito israeliano. Ma l’inquisito Netanyahu, che sta lottando per mantenere la sua residenza ufficiale a Balfour Street, non ha autorità né è il potere politico di guidare un cambiamento così importante”
Aluf Benn ha citato i cinque più importanti fallimenti che si sono acclarati nei preparativi e nello svolgimento della guerra.
In primo luogo, negli ultimi anni, Israele ha concentrato la sua attenzione militare sul fronte nord del Paese e sul conflitto con l’Iran. E, ciò facendo, ha considerato Gaza come un fronte secondario che può essere gestito con misure di tipo economico, mentre Hamas, è stato considerato un cattivo vicino, ma debole e isolato, e l’unica fonte di preoccupazione per l’opinione pubblica israeliana relativamente a Gaza è il periodico dibattito sul ritorno dei prigionieri israeliani e sulle spoglie dei suoi militari caduti.
Nessun funzionario dell’intelligence ha avvertito, almeno per quanto si sa, che Hamas potrebbe, con un semplice sforzo, sfuggire alla gabbia che Israele gli ha costruito intorno e prendere l’iniziativa nella lotta palestinese per Al-Aqsa, per non parlare del suo successo nell’ampliare la frattura tra Israele e l’amministrazione del nuovo presidente degli Stati Uniti, Joe Biden.
In secondo luogo, e questo a causa del fallimento dell’intelligence nel valutare le intenzioni e le capacità di Hamas, è evidente che l’esercito israeliano non aveva idea di come paralizzare e neutralizzare la forza offensiva del movimento islamico, anche se, per ipotesi, potesse soffrire la perdita di qualche centinaio di combattenti.
Terzo, Hamas ha gravemente colpito la vita a Tel Aviv e nel sud, e l’esercito non sembra essere in grado di fermare tutto questo nonostante 15 giorni di bombardamenti.
Quarto, le forze di terra israeliane hanno svolto solo un ruolo marginale nel cercare di ingannare e confondere il nemico e spingerlo a scendere nei tunnel nella speranza di neutralizzarlo con attacchi aerei, infatti un gran numero di militanti di hamas non erano all’interno dei tunnel bombardati.
Infine l’analista ha citato l’avvertimento del generale Yitzhak Brick, negli ultimi anni il critico più accanito dell’esercito israeliano, che ha avvertito che la prossima guerra sarà sul fronte interno e che Israele potrebbe non trovare un modo di rispondere agli attacchi di migliaia di razzi, che le sue forze di terra non sono in grado di combattere efficacemente.
Secondo il direttore di Haaretz sarebbe meglio per Netanyahu, di fronte a questi modesti risultati, desse a Biden l’opportunità di raggiungere un risultato – anche se piccolo – accettando un cessate il fuoco immediato che il presidente degli Stati Uniti vorrebbe.