Il dibattito sul DDL Zan si fa sempre più caldo e in questi giorni la Commissione Giustizia del Senato presieduta dal leghista Andrea Ostellari sta realizzando delle audizioni per coinvolgere nel dibattito parlamentare gli esponenti della società civile. É proprio in questo quadro che Yassine Baradai, segretario dell’Unione delle Comunità Islamiche Italiane, è intervenuto all’audizione della Commissione che lavora sul DDL.
Il DDL Zan viene presentato come una proposta di legge contro la discriminazione delle persone omosessuali e transessuali ma la bozza ha sollevato molte polemiche e tante prese di posizione contrarie di chi ci vede un limite alla legittima libertà d’espressione e chi critica l’introduzione di concetti ambigui e problematici come l’identità di genere.
Baradai insiste poi su un punto: ” le leggi, soprattutto quando afferiscono a temi etici, devono essere sintesi di un dibattito libero e costruttivo, che porti ad unire piuttosto che a dividere, a generare coesione sociale e a tutelare i diritti superando le contrapposizioni.”
L’intervento del dirigente dell’Unione delle Comunità Islamiche poi entra nel merito del testo passando in rassegna i punti considerati critici: “La proposta in questione affronta tematiche molto spinose, molto dibattute e sulle quali ad oggi non vi è consenso né scientifico, né filosofico né tantomeno etico con una leggerezza estremamente problematica che si riflette nella definizione frettolosa ed approssimativa di concetti che solo oggi si affacciano sul dibattito pubblico e da poco sono sottoposti all’attenzione della cittadinanza.”
In primis ciò che preoccupa i musulmani sembra essere la questione riguardante la libertà d’espressione: “I passaggi a nostro avviso più critici sono l’art. 4 che pone diversi dubbi e seri problemi sulla libertà di espressione lasciando intendere ad alcuni la possibilità di continuare ad esprimere la popria posizione culturale, dottrinale, personale sulla natura dell’omosessualità e ad altri linvece l’impossibilità di farlo senza incorrere in un possibile reato.”
Anche la scuola è stata al centro dell’intervento: Altro importante tema è invece l’imposizione di teorie a livello formativo e scolastico ai dirigenti, ai docenti e agli alunni a partire dalla tenera età. Crediamo fortemente che l’imposizione sia lo strumento meno consigliato in relazione a questo tema. Temiamo che una teoria poco condivisa e appartenente ad una minoranza della società possa provocare l’effetto contrario rispetto al voluto. L’imposizione nell’istruzione nella scuola è preoccupante, non solo nel contenuto non condiviso dalla maggioranza, ma anche nelle modalità. Tutte le questioni importanti, come questa, perché rimette in discussione un punto fermo delle nostre convinzioni millenarie e appartenenti alle risposte esistenziali, hanno bisogno di un cammino più lungo e percorsi, non sempre semplici purtroppo, per essere maturate all’interno di una società”.
E ancora sul ruolo della scuola: “…nello stesso documento, delle associazioni LGBT presso il Ministero dell’Istruzione come enti di formazione. Riteniamo di grande importanza che la scuola pubblica continui a tutelare la libertà educativa dei bambini sulle tematiche etiche e le convinzioni religiose degli studenti non vengano sopraffatte da una visione di parte imposta per legge.
Come altri esponenti del mondo religioso ma anche laico e dell’associazionismo femminile Baradai ha messo poi l’accento sulla definizione di identità di genere: “Riteniamo molto problematica anche la definizione ambigua di identità di genere, concetto estremamente ambiguo e aperto che così come posto nella proposta di legge lascia aperta la strada a numerose ed imprevedibili conseguenze in tutti i campi, non ultimo così come già fatto notare dai movimenti a tutela dei diritti delle donne, rappresenta un problema per le conquiste delle donne italiane in molti ambiti”.