Fatwa dell’Ucoii per Saman: un intervento opportuno

Nei giorni scorsi si è levato un forte clamore mediatico per la decisione dell’Ucoii di emettere una fatwa  contro i matrimoni forzati e riguardo al diritto delle donne di offrire il proprio consenso di fronte ad una proposta di matrimonio – diritto sancito dalla tradizione profetica – in seguito alla terribile vicenda di Saman, la giovane pakistana la cui famiglia è accusata di averla uccisa perché aveva rifiutato un matrimonio forzato.

Va premesso che l’Ucoii è nettamente la più rappresentativa delle associazioni islamiche in Italia, anzi, è l’unica che può realmente fregiarsi di offrire rappresentanza ai musulmani della Penisola con oltre 140 centri islamici e moschee che ne fanno parte, di fronte ad altre realtà che oltre ad essere in taluni casi palesi espressioni di Stati stranieri, a malapena rappresentano loro stesse.

Questa prima precisazione è necessaria perché, nonostante la risposta, sia a livello dei media mainstream che dei social media, sia stata in generale di forte apprezzamento, si sono levate anche alcune critiche da parte di chi a mio avviso o è prevenuto o non ha probabilmente idea di cosa significhi essere un ente come l’Ucoii con le responsabilità derivanti dal ruolo, e di cosa comporti offrire rappresentanza a una realtà così composita, numerosa e in costante crescita come la comunità islamica in Italia.

Va rilevato che la fatwa, che è un parere giuridico non vincolante se non per chi ha fiducia nell’autorità che l’ha emessa, non si sovrappone all’ordinamento giuridico italiano, ma va semplicemente ad offrire un’opinione autorevole ai fedeli musulmani.

Se questa annotazione è necessaria per rispondere ad una parte delle voci critiche emerse, va fatto allo stesso tempo notare che ridurre una fatwa religiosa alla stregua di un semplice comunicato stampa come qualcuno ha fatto, è sbagliato e scorretto da un punto di vista islamico. Perché il responso religioso (fatwa) emesso con tanto di dalil (prove dalle fonti) rispecchia la domanda posta (istifta’) da molti musulmani attraverso diversi canali, inclusa la stampa.

Oltretutto l’Ucoii ha il dovere di pensare anche ai neoconvertiti e alla loro necessità di ottenere risposte ed essere guidati ad interrogativi per loro nuovi. Il comunicato stampa invece è risaputo essere una mera dichiarazione, più o meno ricercata, che non necessariamente deve basarsi – anzi non lo è quasi mai – su ragionamenti e citazioni di fonti che portano all’affermazione stessa.

Inoltre l’Ucoii, proprio per essere il più autorevole possibile e raggiungere il massimo numero di musulmani, ha emesso questa fatwa  di concerto con l’”Associazione degli Imam e delle Guide Religiose”, l’unica realtà organizzata di Sapienti islamici presente in Italia, in cui si trovano imam e ulema che fanno parte anche della più prestigiosa associazione europea di questo settore, il “Consiglio per le Fatwa e le Ricerche” con sede a Dublino.

Alcune di queste guide religiose sono persino esponenti dell’ “Unione Internazionale degli Ulema”, che raccoglie tra i più qualificati Ulema a livello mondiale. Non è tra l’altro la prima fatwa che l’Ucoii ha emesso, va ricordata ad esempio l’importante fatwa contro il terrorismo del 2005, che è lì a segnare la perenne condanna e “scomunica” per ogni attacco di quel genere, una fatwa contro ogni tipo di violenza, soprattutto se compiuta in nome della religione islamica, religione che contiene la parola “pace” letteralmente nella sua radice (chiunque abbia un minimo di rudimenti islamici e di lingua araba può capire perfettamente cosa stiamo dicendo).

Si è anche detto che l’Ucoii è intervenuta su qualcosa di ovvio, mentre di ovvio non c’è nulla, nel senso che anche per questioni basilari come il digiuno di Ramadan, su cui c’è certamente consenso nell’Islam costituendone uno dei cinque pilastri, ogni anno vengono emesse decine di fatawa (plur. di fatwa). Infatti i dubbi che possono sorgere su qualsiasi questione sono tanti, ad esempio a Ramadan sono molti a chiedere se il loro digiuno è valido qualora ad esempio usino delle medicine, e quindi in che forme queste medicine siano lecite e in che forme invece possano invalidare il digiuno, o addirittura sullo stesso inizio del mese di Ramadan, con l’annoso dibattito tra chi ritiene che si debba decretarne l’inizio solo quando si vede la luna nuova ad occhio nudo e chi, ormai la maggioranza, segue invece il calcolo astronomico permettendo ai musulmani di organizzarsi in anticipo e non dover attendere fino all’ultimo giorno per annunciare l’inizio di Ramadan.

Le risposte a questi interrogativi costituiscono delle fatawa, e se si deve ricorrervi per questioni di base come il pilastro dell’Islam del digiuno, tanto più sembra importante un autorevole responso giuridico, una fatwa appunto, per chiarire ai fedeli la differenza tra usi tribali, tradizioni, abitudini ecc. e principi religiosi.

Infatti tra i migranti di fede musulmana presenti in Italia, molti ancora confondono pratiche legate alla propria tradizione, come quella dei matrimoni forzati, con pratiche che ritengono islamiche ma che di islamico non hanno proprio nulla e che spesso, proprio come in questo caso, sono nettamente in contrasto con i principi religiosi islamici.

Quindi ben venga un chiarimento di questo tipo, se anche servisse a salvare una sola donna da un matrimonio imposto già sarebbe valsa la pena averlo emesso, ma siccome chiunque conosca la composizione sociale della comunità islamica in Italia sa bene quanta ignoranza in materia religiosa imperversi tra molti migranti, spesso non arabi e quindi senza la possibilità di accedere direttamente alle fonti originali, non si potrà non convenire sull’opportunità e sull’utilità di questa fatwa.

Infine va tenuto conto che l’Ucoii, avendo tra i propri obiettivi fondamentali la tutela della comunità islamica in Italia aveva anche la necessità di mandare un segnale alle istituzioni, un segnale dopo un evento che ha scosso a tal modo l’opinione pubblica, ed essendo una realtà che mantiene vivo un dialogo con le istituzioni, non poteva non intervenire in una situazione simile.