Ma che fine ha fatto il comunismo? In pochi se lo domandano ancora e nostalgici lo cercano tra le pieghe del terzo mondo oppure lo profetizzano come lontano orizzonte a venire. Nel frattempo il comunismo è scappato via dalle strade e dalle aule parlamentari per tornare ad essere una categoria storica e filosofica o tutt’al più uno spauracchio da agitare ai fini della propaganda politica.
Probabilmente non era attraverso la rivoluzione, la gerarchia del denaro o il ribaltamento del capitale che il comunismo poteva davvero realizzarsi nell’agiato mondo occidentale. Troppo visibile, destabilizzante e religioso per poter attecchire. Facile così tramutarsi nell’esatto contrario della sua concezione filosofica e avere come destino l’imborghesimento o il soffocamento totalitario, prima della sparizione politica.
Eppure impercettibile e senza nome, una forma di comunismo pare riaffacciarsi in questo momento storico; beffardo si consegna alla realtà come frutto e compimento del suo grande nemico di sempre: il capitalismo. Già, proprio il capitalismo che nel frattempo a sua volta è scivolato nelle terre nominalmente occupate dal suo nemico storico per prosperare in lingua cinese.
Il risultato è che uno Stato come la Cina, che si definisce ancora comunista, è diventato in effetti il regno del capitalismo contemporaneo. Allo stesso tempo le principali democrazie occidentali, patrie storiche del capitalismo e del neoliberismo, promuovono politiche apparentemente di sinistra nel tentativo di implementare il principio di uguaglianza. Infine
l’ultimo vero caudillo comunista pare incarnarsi nella figura del Papa che, con le sue prediche incentrate su una fratellanza politica e sociale piuttosto che religiosa, scioglie la fede nei diritti. Cos’è questa confusione?
Un paradosso ingarbugliato e rumoroso che potrebbe avere una comune origine: il corpo umano. E che c’entra il corpo col comunismo? Sarà un caso ma tutti i grandi temi di attualità girano intorno al corpo, come simbolo di uguaglianza. La malattia, la vaccinazione, la sessualità, la distinzione tra uomo-donna non sono semplici evidenze naturali ma costruzioni sociali, il cui significato è da indagare. Fatto sta che la neutralità è diventata un valore della contemporaneità; il corpo non deve rappresentare o suscitare segni di differenza. La distinzione invece appare legittima solo dopo esser passata attraverso la scelta. Il mio corpo è in sé neutro, sano, lavato e ripulito da qualsiasi traccia discriminante; deve esser in sé stesso insignificante proprio come il denaro. Una banconota non ha alcun valore connaturato se non viene convertita in altro da sé; lo acquisisce solo nel momento in cui decido di spenderla nel mercato dei significati sociali. Così il corpo che assume un significato e un’identità solo nel momento in cui viene convertito in significato sociale.
L’elogio della neutralità conosce l’apice nel delirio di quella neo-lingua, detta schwa, che ha coniato un nuovo simbolo (una e capovolta) da collocare alla fine delle parole per non discriminare tra genere maschile e femminile, nella speranza di emulare l’ambita neutralità della lingua inglese.
Ma che c’entra il comunismo?
Secondo l’ideologia comunista, tutti i membri del corpo sociale devono esser uguali in base al lavoro e al salario corrisposto. Nella teoria marxiana il corpo umano è inteso come semplice forza-lavoro sfruttata dal capitalista per generare plusvalore, quindi denaro e capitale. Insomma i lavoratori sono costretti a prostituirsi, a vendere il proprio corpo come una merce tra le altre per tirare a campare e continuare ad esser sfruttati. La situazione purtroppo non pare esser cambiata di molto; oggi che il lavoro continua ad esser sfruttato e il divario della ricchezza continua ad aumentare. Il corpo però da merce si è trasformato in denaro stesso, ovvero in un simbolo capace di generare all’infinito altro capitale. Il corpo allora è il vero capitale odierno, mentre si sottrae sempre più alle mansioni quotidiane, che via via vengono subappaltate al mondo digitale.
Passiamo ad un altro esempio: la salute, sinonimo di efficienza e produttività. Trascurare la propria e l’altrui salute è considerato oggi come un attentato nei confronti della produttività dell’intero sistema. Se lo fai sei un irresponsabile ed anarchico. Dal green pass (che è meglio chiamare col suo vero nome: passaporto sanitario) in poi, chi non si vaccinerà sarà tacciato di irresponsabilità, non tanto come portatore di rischi sanitari, ma in particolare come anello debole di una catena che rischia di riportare ad una paralisi economica e sociale.
Un corpo ammalato rischia di contagiare anche il corpo sociale ed economico. Così si arriva all’implicita minaccia: se non ti vaccini rischiamo un nuovo lockdown e sarà colpa tua! Caro cittadino, lo Stato ti ha aiutato ad alleviare i danni pandemici, a contenere il numero dei morti, a tenerti aggrappato al tuo bel lavoro grazie a flessibilità e sussidi economici. Ed ora tu mi obbedirai!”
La libertà individuale sacrificata per il bene della comunità: non vi ricorda una certa forma di totalitarismo? E la cosa meravigliosa che non c’è neanche più bisogno della vecchia Propaganda. Qualcuno provi soltanto ad affermare un punto di vista critico su pandemia, comunità lgbtq, parità uomo/donna e sarà all’istante tacciato di complottista, omofobo, maschilista e come definitiva sentenza: fascista. Un paria del web, dove l’opinione della maggioranza (senza corpo) diventa verità unica e assoluta.
Il comunismo allora non è più un’idea destabilizzante, la peste in grado di attaccarsi al corpo sociale della borghesia per distruggere uno status quo iniquo e ribaltarlo in un nuovo ordine. Forse il comunismo è diventato uno stato di fatto capace di trasformare l’uguaglianza in indifferenziazione, il senso della collettività in massa acritica, la ricerca del consenso in un senso unico. Probabilmente il comunismo e il capitalismo si sono accoppiati in Cina qualche anno fa. E i figli di questa copula incestuosa iniziano ora a trasferirsi e metter radici da noi…