La recente guerra di Maggio tra Israele e Gaza assediata, ha visto anche un vasto movimento di protesta che si è sviluppato tra i cosiddetti arabi-israeliani.
Si tratta di quei palestinesi che durante la Nakba (la catastrofe del popopolo palestine del 1948) sono riusciti a resistere alla pulizia etnica sionista. Nel Nord del Paese soprattutto per presenza in quella zona di importanti comunità cristiane e il timore che l’Occidente si potesse risentire se fossero stati trattati alla stregua dei palestinesi musulmani.
Oggi in Israele vivono quasi due milioni di cittadini non ebrei, in stragrande maggioranza sono musulmani. Sono concentrati soprattutto nel distretto settentrionale (North triangle) e in quello meridionale (Negev).
Si tratta di persone che hanno una cittadinanza per così dire “ridotta”, e sulla loro condizione abbiamo intervistato Feras Jabareen laureato all’universita degli studi di Siena, già Imam della moschea di Colle Vald’Elsa, vive ad Um El Fahem ed è un palestinese con cittadinanza israeliana.
Qual’è il quadro generale della vostra presenza come palestinesi nello Stato israeliano?
La discriminazione razziale in Israele è una caratteristica del rapporto tra i governi israeliani ed i cittadini arabi palestinesi.
Sono in vigore molte leggi che riconoscono diritti agli ebrei escludendovi gli arabi.Nel 1948 gli arabi erano proprietari al 98% del territorio della Palestina mandataria. Poi nel 1948 furono rasi al suolo 537 cittadine e villaggi arabi e confiscati una quantità enorme di terreni di proprietà palestinese.
Per fare un esempio, la mia città Um el Fahem, nel 1948 aveva un territorio di 140.000 ettari e circa 30 mila abitanti che vivevano di agricoltura e pastorizia.
Dopo la Naqba, con la conquista dei territori arabi Israele, ha sequestrato piu del 90% della terra ed ora siamo 70 mila abitanti ma ci è rimasto un decimo del territorio (circa15mila ettari) e questo a favore della citta ebraica piu vicina a noi, Afula che ha la stessa popolazione ma un territorio di 220.000 ettari
Ci fanno vivere in città sovrappopolate ed è molto difficile avere i permessi necessari per costruire case, capannoni, magazzini ecc.; se costruiamo senza licenza arriva un ordine di demolizione e il destinatario deve farlo con le sue mani, a sua spesa, altrimenti mandano un buldozer e poi la fattura della demolizione. Invece gli ebrei nelle colonie illegali costruiscono come vogliono e quanto vogliono. Le nostre strade sono strettissime sporche rotte…mancano giardini, piazze.
Nelle citta’ arabe manca la sicurezza la polizia non funziona. Addirittura favoriscono la criminalita’ organizzata se è contro gli arabi, se invece le vittime sono ebrei la reprimono.
Nelle nostre città non possiamo avere ospedali pubblici, università, industrie perchè vogliono che si dipenda anche economicamente dalle citta ebraiche e noi siamo sempre più poveri.
Qual’è la relazione, se c’è, tra questi palestinesi che hanno passaporto israeliano e i loro fratelli che vivono in Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est?
Purtroppo siamo del tutto divisi economicamente, politicamente, geograficamente e anche dal punto di vista amministrativo. L’unica relazione che abbiamo è quella sentimentale e parentale .
Abbiamo un po’ più liberta’ di visitare i nostri fratelli in Cisgiordania rispetto a quanta ne abbiano loro. Siamo palestinesi arabi cittadini israeliani dal 1957 ma staccati fisicamente dal nostro popolo che vive in altre zone della Palestina storica. Ci sentiamo comunque parte del mondo arabo, palistinese e musulmano e cerchiamo di mantenerne l’identita’ nonostante quello che fa il governo israeliano per annullarla.
Il nuovo governo che ha sostituito quello guidato da Netanyahu conta sui 4 voti degli eletti della Lista Araba Unità che già sosteneva l’ultimo esecutivo guidato da Netanyahu. Puoi spiegarci la loro strategia ammesso che ne abbiano una?
In Israele c’è una crisi politica che dura da quattro 4 anni e negli ultimi due non si riesce neppure a avere un governo stabile. Le ragioni di questa crisi sono diverse: da un lato la persona di Netanyahu che è inquisito per corruzione e deve essere processato e quasi sicuramente condannato dai tribunali israeliani. Un’altro motivo di questa crisi politica è nella stessa società israeliana che è divisa in molte fazioni etniche e religiose ebraiche, oltre alla divisione ideologica e politica.
I partiti che hanno fatto parte dei governi di Netanyahu negli ultimi 8 anni erano di destra ed estrema destra e hanno cercato sempre di favorire iloro interessi economici, soprattutto quelli che raccolgono voti tra i religiosi fondamentalisti e i coloni.
Hanno promulgato leggi che non avevano l’obiettivo dell’interesse del Paese.
Ad esempio in merito all’espansione delle colonie ebraiche sui territori arabi palestinesi, i provvedimenti in favore dei partiti religiosi fondamentalisti e soprattutto quelli contro gli interessi degli arabi israeliani che hanno impedito lo sviluppo delle città e ostacolato la vita degli arabi dentro Israele. In particolare la legge chiamata della NAZIONE che è una legge razziale estremamente discriminatoria, oppure la CAMINIZ che permette la distruzione di decine di migliaia di abitazioni e insediamenti arabi dentro Israele e la confisca di terreni per darli ai coloni come nel Negev .Un complesso legale che fanno dell’arabo israeliano un cittadino di seconda o infima categoria.
Gli arabi palestinesi in Israele hanno il diritto al voto dal 1957 e costituiscono il 20% dell’intera popolazione, hanno diversi partiti dentro la Knesset e sono sempre stati all’opposizione. Non hanno mai fatto parte di nessun governo per cui erano sempre esclusi dalle decisione degli esecutivi.
Il partito arabo di Mansur Abbas crede che stando vicino dal piatto forse avrà anche lui un po’ della torta. In cambio dell’appoggio al governo in Israele chiede miliardi a favore della popolazione araba.
E’ bene ricordare che la maggior parte dei partiti del nuovo governo sono di destra che gli mancavano 4 voti per formare la maggioranza, per cui hanno accettato un partito arabo dentro la maggioramza ma senza dargli nessun ministero. Con questo governo o qualsiasi altro governo non ci saranno novità utili: la Cisgiordania rimarrà occupata, come pure Gerusalemme e la sicurezza della moschea al Aqsa sempre in pericolo. Rimarrano le violazioni dei diritti del nostro popolo dentro Israele e nei territori occupati. Fare parte di una maggioranza in questi condizione rischia di legittimare politiche di discriminazione e l’applicazione di leggi ingiuste.
La guerra di Maggio ha riportato la questione palestinese al centro dell’attenzione internazionale proprio quando l’isolamento sembrava irreversibile almeno nel medio periodo. Quali sviluppi prevedi?
La guerra degli 11 giorni che l’esercito israeliano ha chiamato di “Protezione delle mura” intendendo quelle di Gerusalemme e della moschea al Aqsa, è stata la conseguenza di quanto ha fatto la polizia israeliana contro i palestinesi in Gerusalemme quando il governo ha deciso di conquistare Shayk Jarrah nel est della citta’ santa …ma invero è stata anche una risposta alla terribile pressione che subiva il popolo palestinese a Gaza, in Cisgiordania e dentro israele. La gente è uscita a manifestare contro tutto ciò.
Questa guerra ha attirato di nuovo l’attenzione della societa’ internazionale sulle violazioni israeliane contro il popolo palestinese, ha dimostrato che il cosiddetto “processo di pace” non esiste: Israele fa quello che vuole e conquista quello che vuole usando la forza contro un popolo che continua ad essere oppresso.
Da più parti si ipotizza che la soluzione della questione palestinese sia nella creazione di uno Stato unico su tutta la Palestina mandataria controllato da una coalizione internazionale.
Pensi che uno Stato democratico dove potranno rimanervi tutti quelli che già ci vivono e in cui potranno tornarvi quelli che ne sono stati scacciati o essere indennizzati possa essere una soluzione?
Non so quale potrà essere la soluzione ma non la vedo facile né vicina: l’ideologia sionista e militarista che governa Israele, al momento non lascia spazio ad alcuna soluzione.