Cosa dice davvero la nuova legge ungherese su ideologia LGBT e bambini

Il Parlamento ungherese ha approvato la proposta di legge T/16365 contro la pedofilia e per la protezione dei bambini. Molti media ed esponenti politici progressisti in queste ore stanno criticando la proposta in seguito alle forti proteste della comunità LGBT, scandalizzata perché tale proposta legislativa impedirebbe di insegnare ai bambini l’ideologia dello stesso movimento LGBT (inclusa la normalizzazione di concetti come orientamenti sessuali molteplici e l’identità gender).

La posizione dell’Ungheria sul tema LGBT è chiara da anni. La tendenza del Paese infatti è in larga misura conservatrice e non è rara la promozione di politiche a tutela dei valori cristiani nella società, il che incontra il favore della parte maggioritaria della popolazione.

Nel Parlamento europeo i dibattiti sulla questione si sono accesi negli ultimi anni su iniziativa dei partiti progressisti e di eurodeputati come il federalista ed europeista Guy Verhofstadt (gruppo “Renew Europe”).  Ma fieri oppositori sono stati gli eurodeputati ungheresi e polacchi. A poco è servito il richiamo al motto dell’Unione Europea: “unione nella diversità”, soprattutto dopo che la promozione della normalizzazione LGBT è divenuta una delle priorità della Commissione Europea, attraverso programmi di finanziamento ad hoc su questo tema come il programma CERV, sulla promozione dei valori europei. 

In tali programmi il riferimento all’inclusione ed ai valori europei spesso cela la promozione dell’ideologia LGBT. Ciò probabilmente serve a vincere la riluttanza di molti cittadini europei che non condividono simili posizioni; quindi è opportuno presentare ogni resistenza come violazione dei diritti umani e fomentazione di discorsi d’odio. Ed è proprio da queste basi che partono le critiche contro l’ultima legge ungherese.

Unione Europea: ancora “unità nella diversità?”

L’Ungheria, ed in particolare il suo Primo Ministro Viktor Orban, afferma che l’Unione Europea deve garantire il rispetto della sovranità di ogni Stato membro, senza imporre politiche ed ideologie che eludono il processo democratico interno di ogni Stato membro. Molti deputati del Parlamento europeo, infatti, si appellano al principio dello Stato di diritto per chiedere che nazioni come l’Ungheria e la Polonia non abbiano accesso ai fondi europei, a causa della loro posizione su questioni come il “gender” e gli LGBT.

Cosa afferma la legge approvata dal parlamento ungherese? Il testo della legge non è stato pubblicato dalla stragrande maggioranza dei media, da cui hanno invece estrapolato soltanto alcune frasi. Nella realtà questa legge non discrimina gli LGBT; essa decreta, invece, che l’insegnamento di temi sessuali sia riservato alle famiglie e che le scuole possano trattare tali questioni solamente con gli studenti che hanno raggiunto la maggiore età, al fine di minimizzare il rischio di abusi sessuali ed eliminare il pericolo della pedofilia.

L’ordinamento ungherese, infatti, pone un forte accento sull’istituzione della famiglia naturale, quale elemento fondante del contratto sociale ungherese. La Costituzione ungherese afferma che:

“1. L’Ungheria proteggerà l’istituto del matrimonio come unione di un uomo e una donna stabilita con decisione volontaria, e la famiglia come base della sopravvivenza della nazione. I legami familiari si basano sul matrimonio e/o sul rapporto tra genitori e figli.

  1. L’Ungheria incoraggia l’impegno ad avere figli.
  2. La tutela delle famiglie è regolata da un atto cardinale.

E’ facile comprendere, dunque, come la minaccia all’istituzione familiare sia avvertita come un diretto pericolo nei confronti del contratto sociale su cui si basa lo Stato ungherese. 

Le reali motivazioni delle critiche: legge discriminatoria o nuova argomentazione nell’arsenale conservatore?

D’altro canto le accese critiche alla iniziativa legislativa ungherese non sono da ricercare semplicemente nella posizione dell’Ungheria, che riconosce e tutela l’identità individuale funzionale basata sul sesso biologico in contrapposizione al quadro ideologico gender. L’origine di tali critiche risiede piuttosto nello scacco argomentativo in cui la legge relega gli attivisti ed i militanti LGBT, mettendoli di fronte ad istanze positive che i conservatori giustificano in punto di diritto.

Il testo legislativo ravvisa nella politica “gender” propria degli attivisti LGBT e la conseguente sua promozione nelle scuole un esplicito tentativo di sessualizzazione dei minorenni. Questa argomentazione, lungi dall’essere un espediente retorico capzioso, trova oggettivo riscontro nel contesto europeo: dallo show televisivo danese che presentava adulti nudi davanti a dei bambini (si è scoperto di recente che uno dei partecipanti era un pedofilo già noto alle autorità) alla serie TV Netflix Cuties che raffigurava le bambine protagoniste in attegiamenti marcatamente sensuali, solo per citare i casi più recenti ed eclatanti.

E l’Italia?

La mossa ungherese potrebbe avere anche ripercussioni sull’italico dibattito intorno al DDL Zan, segnato da una direzione apparentemente opposta a quella ungherese, con le forze di quasi tutta la sinistra parlamentare in favore dell’insegnamento LGBT nelle scuole anche per i minori… I conservatori in Italia sapranno approfittare dell’occasione, adottando – a buon diritto – un’argomentazione simile a quella ungherese per bloccare il DDL Zan e promuovere quei valori cristiani che altrove sbandierano per ottenere facili voti?

Non dovrebbe essere compito troppo arduo, giacché anche nella nostra Costituzione il richiamo all’importanza della famiglia è presente. La Costituzione italiana recita infatti:

La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” .

Inoltre essa riconosce la discriminazione basata sulla distinzione di sesso e non sui criteri fortemente fittizi ed arbitrari come quelli dell’identità gender:

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”

La Costituzione riconosce, dunque, come elemento fondante del contratto sociale la famiglia in quanto società “naturale” e riconosce il ruolo del sesso biologico, quello cioè – tocca chiarirlo – composto da donna e uomo e null’altro. L’accoglimento del DDL Zan non significherebbe nulla di meno che il sovvertimento di un elemento fondante della società italiana come rappresentata nella nostra Costituzione che, come si suol ripetere, è “la più bella Costituzione del mondo”.

Il testo della legge ungherese per intero visualizzabile QUI

 

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