“Volevo togliermi uno sfizio.” Così Malika Chalhy, giovane omosessuale di origini marocchine giustifica l’acquisto della Mercedes di lusso dopo l’inizio della bufera mediatica sulle spese “pazze” che ha fatto coi soldi dei donatori.
Inizialmente Malika aveva negato la proprietà della Mercedes dicendo che apparteneva ai genitori della fidanzata. Malika poi ha confessato: “Sì ho detto una bugia. Mi scuso.”
Malika viene cacciata di casa dalla famiglia dopo il suo coming-out ed ottiene grande visibilità dopo essere apparsa al Maurizio Costanzo Show. Dipinta come paladina e martire della causa LGBT in un periodo delicato in cui è caldo il dibattito sul DDL Zan riceve 140 mila euro grazie alle donazioni di migliaia di persone impietosite dalla sua storia e desiderose di sostenere la causa.
La ragazza spiegava in lacrime al Maurizio Costanzo Show di “non aver mancato di rispetto a nessuno” aspettandosi la totale accettazione del suo coming-out dalla sua famiglia e, come raccontava davanti alle telecamere de Le Iene anche “un abbraccio”. Oggi in molti ricordano quella frase accusando la ragazza di mancanza di rispetto visto che quei 140 mila Euro, che a molti cambierebbero la vita, Malika li spende in beni di lusso, dal Mercedes al French Bulldog da 2500 euro.
Simone, che lavora nell’allevamento in provincia di Firenze da cui Malika ha acquistato il cane descrive la sua impressione nel momento in cui Malika si presentò con la Mercedes nuova di zecca per acquistare il cane: “Malika? Non l’avevo riconosciuta quando è venuta in allevamento, ma poi ho capito. Ha comprato il cane più caro. Non sono cani per tutte le tasche.” Malika si giustifica dicendo che questi beni di lusso siano per lei “beni necessari” affermando “Devo giustificarmi perché spendo i miei soldi come voglio?”
Molti dei donatori si dicono delusi da quella che sarebbe dovuta diventare una paladina dei diritti LGBT. Malika aveva infatti promesso di creare una ONLUS per usare quei soldi per la causa LGBT. La ragazza tenta di coinvolgere anche la Boldrini affermando “avevamo deciso di fondare un’associazione per le vittime di discriminazioni”.
Ma la Boldrini nega tutto ed incalza “tengo a precisare che mai è stata discussa con me o con alcun collaboratore o alcuna collaboratrice del mio staff l’ipotesi di costituire una associazione per le vittime di discriminazione tanto meno di una raccolta fondi. Si tratta perciò di una vera e propria fake news. Il mio nome quindi viene tirato in ballo in maniera totalmente impropria”.
La questione di Malika ha inevitabilmente dato il via al dibattito sul vittimismo speculativo del movimento LGBT che in queste ore strumentalizza casi di violenza già tutelati dall’ordinamento per creare un senso di urgenza rispetto al DDL Zan. Intanto la proposta di legge sta passando al vaglio di molti analisti invitati dai parlamentari ad analizzare le grandi problematiche della proposta di legge soprattutto nei gli articoli 1, 4 e 7.
Sicuramente ora Malika sta soffrendo di meno, libera dalla “persecuzione” della famiglia e con una nuova “famiglia” fluida (quella dei social arcobaleno e dei riflettori) tutto ciò grazie ad una militanza credulona al punto da garantirle una lauta paghetta, una paghetta che la famiglia che le ha dato la vita non si poteva permettere.