Sembra proprio sia destino e non solo una significativa coincidenza a far cadere insieme l’apertura da parte della Commissione Europea della procedura d’infrazione contro Ungheria e Polonia e la sentenza della Corte Europea che stabilisce la possibilità di vietare il hijab alle dipendenti musulmane.
La Commissione ha messo in mora l’Ungheria accusandola di violare i diritti umani perchè Budapest ha approvato una legge con la quale vuole limitare l’accesso a contenuti omossessuali ai soli maggiori di 18 anni.
La colpa della Polonia risiede invece nella dichiarazione da parte di alcuni comuni e regioni come “Zone libere dall’idelogia LGBT”.
Quello che è succeso invece in Lussemburgo, è che la Corte di Giustizia Europea, ha dato torto a due lavoratrici tedesche: un’ insegnante di sostegno presso un asilo nido e una cassiera in farmacia che sono state sospese dal lavoro perchè portavano il velo.
Il tribunale europeo ha sentenziato che chiedere ad una dipendente di non portare il velo non è discriminazione se il divieto è esteso ad ogni manifestazione religiosa e politica individuale. È facile prevedere quali implicazioni pericolose aprirà questa sentenza che d’altronde non è nuova, perchè la Corte si era pronunciata nello stesso modo già nel 2018.
Questa coincidenza è la più efficace rappresentazione dell’esprit du temps che aleggia sull’Europa, soprattutto sulle sue istituzioni e centri di potere.
La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ebbe a dire sulla decisione delle regioni polacche: “Le zone libere dall’ideologia LGBT sono zone senza umanità. E non c’è spazio per loro nella nostra Unione Europea” e il Parlamento Europeo ha proclamato tutta la UE “Zona di libertà LGBT”.
Chissà se dopo la polemica del sofà la von der Leyen avrà riguardo verso i diritti delle donne musulmane, c’è da credere invece che su questa sentenza calerà il silenzio e l’indifferenza delle istituzioni europee e dei parlamenti nazionali a testimonianza di una chiara concezione di quali siano i valori europei.
La solerzia contro l’Ungheria e la Polonia stride, ad esempio, con la passività assoluta nei confronti della Francia di Macron che negli ultimi anni ha approvato e messo in cantiere una quantità di norme esplicitamente discriminatorie nei confronti dei musulmani.