Il destino del governo coloniale di Kabul era segnato da tempo e questo era chiaro a tutti gli osservatori più attenti, pertanto a stupire è lo stupore generalizzato di questi gironi.
Di sicuro la tempistica non era così scontata nel dettaglio, ma il dado era tratto dal momento in cui a Doha i rappresentanti del movimento dei Talebani e quelli del governo USA avevano raggiunto un accordo.
L’accordo di Doha non deve trarre in inganno, nonostante da un lato ci fosse la superpotenza ,non si trattava in regime di parità bensì, gli Stati Uniti trattavano la loro resa cercando di far si che apparisse il più onorevole possibile, anche se l’entità della disfatta è oggi molto evidente.
Dopo 20 anni di occupazione gli Stati Uniti e i loro comprimari, tra cui noi italiani, sono costretti a battere in ritirata da quella che è stata a tutti gli effetti una guerra coloniale. Il mondo in questi anni è cambiato, sono cambiati gli equilibri e i rapporti di forza tra potenze. A Washington sanno che quel tipo di impegno non era più sostenibile e costretti a lasciare il paese hanno cercato di non lasciare un governo del tutto ostile ai propri interessi, evitando così di accompagnare speditamente l’Afghanistan verso l’abbraccio della Cina.
Sappiamo che il movimento afgano ha buone relazioni con Pechino così come le ha ovviamente con il Pakistan, saldo alleato dei cinesi nella regione e oggi sta ristabilendo i rapporti con due pesi massimi del mondo islamico e attori di primissimo piano nella regione: l’Iran e la Turchia. Entrambi sono paesi chiave anche per comporre il complicato puzzle etnico del paese. Tutti questi stati, insieme alla Russia, hanno mantenuto in funzione le proprie ambasciate a Kabul e si apprestano a riconoscere il nuovo corso politico.
Quando Biden ha detto che l’interesse americano in Afghanistan non era costruire una democrazia ma combattere il terrorismo, dopo 20 anni di spargimento di sangue il presidente americano è riuscito ad ammettere una verità, l’interesse per la democrazia altrui non è mai esistito, ma Biden continua comunque a mentire sulle ragioni della guerra.
Il terrorismo non c’entra niente
A seguito dell’attentato del 2001 alle Torri Gemelle il presidente USA George W Bush diede seguito a ciò che il think tank neocon Project for the New American Century aveva teorizzato scatenando due guerre devastatrici e criminali, prima contro l’Afghanistan e poi contro l’Iraq. Entrambe furono foriere di terribili conseguenze e di immani sofferenze per i due popoli che ancora ne pagano l’altissimo prezzo in termini di vite umane, violenza, miseria e sottosviluppo.
Il peccato originale
Tutto quello che oggi secondo alcuni dovremmo difendere dall’avanzata talebana: l’Afghanistan occidentalizzato delle città (esiste?) il sistema “democratico” impiantato dalla Coalizione Occidentale, il lavoro delle agenzie delle Nazioni Unite, le migliaia di persone che ora, dopo aver lavorato per gli occupanti, cercano di fuggire in aereo, è il frutto di una gigantesca menzogna.
L’invasione dell’Afghanistan era stata decisa a tavolino in base ad una semplice valutazione strategica che portava gli USA a stabilire un avamposto in Asia Centrale in modo da interdire e controllare ben tre avversari del calibro di Cina, Russia ed Iran. L’undici settembre è stata la scusa perfetta, o forse anche qualcosa di più, per lanciare l’offensiva contro i Talebani accusati di essere la base di Al Qaeda e di ospitare Osama bin Laden, accusato a sua volta dalla Casa Bianca di aver ordito l’attentato.
Ovviamente la macchina della propaganda era già stata messa in moto da un po’ e aveva provveduto a mostrificare i talebani attribuendogli le peggiori nefandezze. Certamente il movimento degli studenti ha una lettura culturalmente filtrata e a mio avviso errata dell’Islam rispetto ad alcune questioni sociali, come ad esempio il rapporto tra i sessi e il ruolo delle donne, ma ciò non si discosta molto da quella che era e in gran parte è la concezione diffusa in Afghanistan tra la popolazione e tra i vari gruppi etnici che la compongono.
Allo stesso modo si sono attribuite ai Talebani efferatezze nei confronti dei nemici e dei civili, in realtà l’etica religiosa che sta alla base del loro agire ha fatto si che fossero mediamente più umani e corretti degli altri contendenti afgani e di certo più degli invasori occidentali che non si sono mai fatti scrupoli nel bombardare scuole e matrimoni. Certo la guerra è una cosa atroce, ma l’etica della guerra dei Talebani ha fatto si che si risparmiassero le atrocità commesse dai vari Dostum. Inoltre, benché avessero subito un’invasione di forze straniere, i Talebani non hanno mai contemplato la possibilità di compiere attentati in Occidente, non sono terroristi insomma.
É bene ricordare che la guerra occidentale al popolo afgano ha causato 250.000 vittime, un numero enorme di morti, prevalentemente tra la popolazione civile, così come è bene ricordare che l’Afghanistan ha continuato ad essere un paese in guerra in questi ultimi vent’anni e che le violenze degli occupanti e dei corrottissimi governi che si sono succeduti non sono mai cessate.
Cosa abbiamo da esportare?
Però fino a ieri in Afghanistan andava tutto bene, nessuno proponeva corridoi umanitari per chi nelle zone rurali e montane del paese, nelle provincie, subiva i massacri dell’esercito afgano o le esecuzioni sommarie documentate da Human Rights Watch, attuate da gruppi paramilitari armati e sostenuti dalla CIA contro i civili.
D’altronde con le premesse di cui sopra, ovvero una guerra d’invasione lanciata sulla base di una gigantesca menzogna, la violenza dei bombardieri contro i civili, l’arrivo di centinaia di migliaia di uomini occidentali in armi sul territorio di un popolo fiero delle proprie tradizioni e da sempre pronto a lottare per la propria indipendenza, la creazione di un governo fantoccio tramite la cooptazione delle élite corrotte e collaborazioniste, che cosa crediamo abbia da insegnare, da esportare esattamente l’Occidente in Afghanistan?
La codardia di una guerra impari, oppure il cinismo della politica di potenza, o la capacità mistificatoria della macchina della propaganda mediatica? Come mai gli afgani non hanno apprezzato la democrazia dei signori che a Kabul facevano incetta di miliardi mentre nel paese si faceva la fame?
Il ritorno dei Talebani
Quello dei talebani è un ritorno diverso ma anche simile a al primo arrivo, quando a metà degli anni 90 presero il potere lo fecero grazie ad un ampio consenso popolare che si fondava sulla stanchezza e la disperazione degli afgani nei confronti dello scontro tra bande che i signori della guerra, prima armati e utilizzati dagli USA in funzione antisovietica, facevano sulla pelle dei civili.
Vennero a portare pace e stabilità e quello fecero fino al 2001. Anche oggi senza un ampio consenso derivato dai crimini dell’occupazione e dalle infime condizioni di vita che il regime fantoccio garantiva agli afgani, l’avanzata talebana verso le città non sarebbe stata possibile.
Vero è che da anni controllavano una buona percentuale di territorio, ma lo sciogliersi come neve al sole di un esercito regolare di centinaia di migliaia di effettivi non è spiegabile altrimenti.
La preoccupazione per l’esodo e le ritorsioni
Il quadro rappresentato in questi giorni dai media e dalla politica italiana è alquanto imbarazzante, puzza di provincialismo e di cattiva coscienza. Il problema dell’Afghanistan non saremmo noi occidentali e le nostre pretese di colonialismo militare, economico e culturale bensì, gli stessi afgani che hanno combattuto e vinto una guerra di liberazione. Siamo alla logica coloniale dura e pura, noi abbiamo diritto di civilizzare i selvaggi.
La nostra preoccupazione inesistente in questi lunghi vent’anni per i milioni di afgani afflitti da guerra e povertà si risveglia oggi e ci scopriamo pronti ad ospitare i nostri collaborazionisti che vogliono scappare. Certo, il fatto che dopo averli illusi e usati, i paesi della coalizione occupante li abbandonino è un’ulteriore infamia, ma ancora cosa si aspettavano da chi non si è fatto scrupoli ad invadere il loro paese e uccidere centinaia di migliaia di persone?
Ci si preoccupa delle ritorsioni, e sarebbe anche normale che ci fossero, stiamo parlando di gente che lavorava e sosteneva un governo e delle forze armate che in questi anni hanno ucciso decine di migliaia di effettivi talebani e hanno messo a ferro e fuoco i villaggi e le zone che li sostenevano, le ritorsioni, gli arresti, i processi, le condanne e anche le esecuzioni purtroppo sarebbero normali in una situazione del genere.
Grazie a Dio però i Talebani hanno annunciato un’amnistia estesa e generalizzata, c’è da sperare che seguano l’esempio del nostro amato Profeta Muhammad (pbsl) che quando, dopo tanti anni di aggressioni subite, entro a Mecca diede ordine di farlo in modo pacifico e di non praticare ritorsioni di nessun genere sui suoi abitanti.