Che la coalizione occidentale si sarebbe ritirata dall’Afghanistan era risaputo, ma non che se ne sarebbe andata perdendo totalmente la dignità.
In queste settimane l’Afghanistan è al centro di tutte le discussioni, anche se spesso ridondanti e superficiali. Ci si sofferma poco sul perché la situazione sia improvvisamente precipitata e su quanto abbia influito il mancato rispetto dell’accordo di Doha da parte dell’attuale presidente americano Joe Biden.
Facciamo un passo indietro.
Era il 29 febbraio 2020 quando, dopo 20 anni di guerra in Afghanistan, viene siglato l’Accordo di Doha, noto anche come “Agreement for Bringing Peace to Afghanistan”.
L’accordo è (o meglio, era) un accordo di pace tra Stati Uniti e Talebani, con il sostegno unanime del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, per porre fine alla guerra in Afghanistan.
In altre parole, un alibi per il ritiro USA, un modo per uscire di scena con dignità, mascherando, per quanto possibile, la sconfitta. Negli ultimi 10 anni, infatti, i talebani avevano conquistato sempre più territori e potere, tanto da rendere difficoltoso anche ai giornalisti l’accesso ad alcune aree del paese.
Ma vediamo nel dettaglio quali erano i principali punti dell’accordo:
- Il cessate il fuoco permanente tra le parti.
- La liberazione dei prigionieri di guerra, sia da parte dei talebani che da parte del governo afghano.
- Il ritiro delle forze militari USA e di tutte le forze combattenti entro il 1 Maggio 2021. La data scelta non è casuale: è il momento in cui inizia la stagione dei combattimenti primaverili in Afghanistan. Per cui lo scopo era quello di concludere il ritiro prima dell’inizio delle condizioni climatiche ed economiche favorevoli per i combattimenti.
- Solide garanzie anti-terrorismo da parte dei Talebani, che si impegnano ad impedire che Al Qaeda ed altri gruppi terroristici possano operare nelle aree sotto il loro controllo, ovvero impedire ai terroristi di fare dell’Afghanistan la loro base. Rispetto a questo punto è importante sottolineare che i Talebani e Al Qaeda sono due gruppi molto diversi ed in conflitto tra loro da tantissimo tempo. La continua presenza dell’ISIS in Afghanistan è uno dei motivi per cui i talebani possono ricevere sostegno internazionale da paesi, inclusi gli Stati Uniti, che considerano l’ISIS una profonda minaccia.
In seguito all’accordo, il 1° luglio 2020, il Comitato per i servizi armati della Camera degli Stati Uniti, l’HASC, un comitato permanente della Camera, responsabile del finanziamento e della supervisione del Dipartimento della Difesa e delle forze armate, vota a stragrande maggioranza a favore di un emendamento per limitare la capacità del presidente Trump di ritirare le truppe statunitensi dall’Afghanistan. Per farla breve, il Comitato per i servizi armati degli USA cerca di ostacolare il ritiro completo delle truppe.
Degna di nota è anche la dichiarazione del diplomatico americano James Franklin Jeffrey che ha raccontato di come sia lui che i generali mentivano regolarmente al presidente in carica Trump sul numero di truppe che venivano ritirate, facendo figurare che ci fossero meno truppe di quante ce ne fossero in realtà.
A causa di questi ritardi, quando nel gennaio 2021 Biden si insedia, ci sono ancora 2.500 soldati statunitensi in Afghanistan, nonostante la maggior parte dei combattimenti si fosse fermata nel 2020.
Il 20 gennaio 2021, il giorno dell’insediamento presidenziale di Joe Biden, Jake Sullivan annuncia (senza addurre motivazioni) che l’amministrazione Biden avrebbe riesaminato i termini del ritiro.
Il 14 aprile 2021, a sole due settimane dal termine del ritiro previsto nell’accordo di Doha, l’amministrazione Biden dichiara che gli Stati Uniti non avrebbero ritirato i soldati rimanenti entro il 1 maggio, ma li avrebbero ritirati “simbolicamente” entro l’11 settembre. Una decisione unilaterale degli USA che andava di fatto a rompere gli accordi presi a Doha, rinnegando il cessate il fuoco e dando il via libera alla ciclica stagione dei combattimenti.
L’ennesima prova di arroganza di un’amministrazione che di democratico ha ben poco e che solo l’8 luglio annuncia (ancora una volta senza alcun accordo tra le parti) che la data di ritiro degli USA sarà il 31 agosto.
Rompendo il trattato, l’amministrazione Biden ha anche creato quello che viene definito “Il dilemma del prigioniero” per i combattenti.
Qualche settimana fa, i talebani prendono rapidamente il controllo del paese con la forza, nonostante Biden avesse ripetutamente affermato che questo scenario era “altamente improbabile” e lodando la forza dell’esercito afghano.
Secondo l’ex vice-presidente USA Mike Pence,, i talebani hanno lanciato la loro offensiva definitiva a causa della rottura dell’accordo da parte di Biden.
Molte le domande che rimangono senza risposta: perché il Comitato per i Servizi Armati degli USA ha ostacolato il completamento del ritiro delle truppe? Perché Biden ha rotto gli accordi di Doha? Cos’ha fatto l’amministrazione Biden da gennaio ad ora? Perché non ha ritirato le truppe nei tempi previsti? Se, come Biden ha dichiarato “gli Usa hanno raggiunto il loro obiettivo in Afghanistan 10 anni fa con l’uccisione di Osama bin Laden”, perché non hanno rispettato i termini del ritiro da una guerra già conclusa da tempo? E ancora, perché non è stato ritirato a tempo debito tutto il personale civile non diplomatico, private security contractors, formatori, consulenti e personale dei servizi di supporto?
Se gli USA avessero rispettato gli accordi presi, avremmo evitato il caos in cui versa Afghanistan adesso? Può Biden aver agito in maniera così insensata e sconsiderata solo per non sembrare conforme ai termini di un accordo negoziato dal suo predecessore?
Le forze armate statunitensi hanno lasciato 80 miliardi di dollari in forniture militari, tra cui Humvee, elicotteri Apache, droni senza pilota, fucili d’assalto, esplosivi, occhiali e cannocchiali per la visione notturna, scanner biometrici che contengono dati identificabili sui collaboratori afghani e centinaia di milioni di dollari in contanti incustoditi all’aeroporto di Kabul. Questo comportamento è anomalo, dal momento che i militari ricevono un addestramento speciale su come distruggere le risorse strategiche durante l’evacuazione di una posizione. Il fatto che non lo abbiano fatto fa dedurre che sia stato dato un ordine ben preciso in tal senso. Quando un portiere abbandona la propria porta durante una finale, questo non può essere spiegato semplicemente con l’incompetenza.
I talebani hanno poi chiesto “un elenco di tutti i nomi e le informazioni degli americani e delle migliaia di collaboratori afgani che devono ancora essere evacuati dalla zona”
Hanno affermato di aver bisogno di questa lista “per consentire loro un passaggio sicuro quando arrivano all’aeroporto”. Per qualche ragione incomprensibile, l’amministrazione Biden ha fornito loro questa lista, mettendo a rischio la vita dei collaboratori afgani che potrebbero essere in questo modo catturati, processati e giustiziati, anche se i Talebani hanno promesso un’amnistia generale.
Gli alleati militari degli Stati Uniti (inclusi tutti i paesi membri della NATO) sono furiosi per il fatto che gli Stati Uniti non abbiano comunicato correttamente la loro strategia di evacuazione, causando anche il blocco in Afghanistan di soldati e civili degli alleati. La risposta di Biden è stata quella di biasimarli per non essere riusciti a evacuare prima (in netto contrasto con le sue precedenti dichiarazioni, secondo cui l’esercito afghano era pronto a prendere il controllo della sicurezza).
Joe Biden, fino ad oggi, rifiuta di assumersi qualsiasi responsabilità in merito alla crisi in Afghanistan. Ha incolpato Trump, ha cercato di incolpare Kamala Harris (alla Casa Bianca l’hanno sentita urlare “they won’t pin this shit on me!”, ovvero “non mi incolperanno di questa merda!”, ha incolpato l’esercito afghano, ha incolpato i suoi stessi generali. “The buck stops with Biden“.