Cosa spinge parte del popolo no-green-pass a identificarsi con gli ebrei perseguitati dal fascismo? Anche se il paragone è infondato e la tematica è spinosa, perché non provare a quantizzare questa insufficienza in Storia?
I continui accostamenti delle discriminazioni introdotte dal green-pass con la persecuzione degli ebrei durante il ventennio fascista sono, senza ombra di dubbio, fallaci. Fosse solo perché nessun no-vax al momento è stato prelevato da casa per essere mandato a morire. Inoltre, pur lavorando di fantasia la cosa non sembra nemmeno alle porte. Però nella storia della nostra Repubblica non abbiamo alcun precedente con le limitazioni alle libertà che stiamo vivendo da oltre un anno e mezzo.
A questo va aggiunto che sul fascismo e sulla shoah c’è mediamente un’ignoranza da cui nessuna categoria è esente, anti-fascisti compresi. Questo giustifica un utilizzo improprio dei riferimenti storici? Certo che no, al massimo possiamo dire che sul tema memoria le enormi energie da sempre profuse non hanno prodotto i risultai attesi.
Resta il fatto che, pur rifuggendo da espressioni come dittatura sanitaria, per qualcuno è difficile vedere nel green-pass all’italiana, quello necessario per andare a lavoro, una misura equilibrata e salutare. Ma pare sia vietato, o almeno fortemente sconsigliato, avere certe idee.
Siamo una democrazia rappresentativa?
Le ultime restrizioni alle manifestazioni che da mesi affollano i centri storici rischiano di alzare la tensione tra i no-green-pass e le forze dell’ordine. Chi scrive crede che il Viminale non stia gestendo bene queste piazze ma le ultime direttive, contro i cortei del sabato in centro, hanno raccolto addirittura il sostegno da parte dal Capo dello Stato. Anche questo scenario di prolungata piattezza politico-istituzionale è un inedito per la Repubblica italiana: abbiamo un governo di tutti, sostanzialmente senza alcuna opposizione; il premier è arrivato direttamente dalla Banca Centrale Europea e tutti lo danno per papabile alla carica più alta dello Stato; dal Quirinale arriva continuo sostegno ad un Governo che non ha avversari politici.
Si potrebbe sostenere che il (lunghissimo) momento in corso sia particolare, che è stato necessario mettere da parte le contrapposizioni per il supremo bene comune. Ma, pensando alla nostra classe politica, bisogna essere dei gran negazionisti per non lasciarsi andare ad una fragorosa risata.
Quale epoca passata presenta similitudini col presente?
Guido Salvetti ha scritto che “L’esaltazione della scienza e della tecnica si colora improvvisamente di aspetti violenti, aggressivi, intolleranti. Si accentua la presenza di un tipo di intellettuale che si mette al servizio della marcia inarrestabile del progresso. Giunge al culmine una cultura “ufficiale” funzionale alla realtà politico-economia del tempo. Si sviluppa una vera e propria psicologia delle masse che le dittature dei prossimi decenni sapranno ben volgere ai loro fini. Masse da plasmare col nuovo giornalismo organizzato industrialmente”.
Salvetti è un importante musicologo, già direttore del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, ed ovviamente non c’entra niente con la pandemia. Le parole qui riportate sono in un libro del 1982 e fanno riferimento ad un secolo prima, alla fine dell’Ottocento. Si tratta di un libro sulla nascita del ‘900 musicale e sulle sue radici culturali nell’Europea a cavallo tra il XIX e XX secolo.
Quando vengono affrontate le specificità musicali dell’area di lingua tedesca, partendo dall’alleanza politico-militare del 1879 tra l’Impero tedesco di Guglielmo II e l’Impero austro-ungarico di Francesco Giuseppe, è scritto che “con il senno di poi è fin troppo facile rintracciare, in quel momento della civiltà tedesca, motivi di crisi e premonizioni della catastrofe che avrebbe fatto crollare i due imperi con la Grande Guerra.
Per i contemporanei invece quella civiltà presentava i connotati di grande solidità politica, economica, sociale e culturale… la kultur tedesca appariva come un insieme organico, basato su valori omogenei, e celebrava allora la sua egemonia… sul vasto popolo degli ebrei di lingua tedesca… L’età di Guglielmo II non presenta ai nostri occhi apprezzabili differenze di “valori” nei confronti del successivo Reich di Hitler”.
Più che nel ventennio fascista (1922-43) possiamo quindi intravedere delle similitudini tra il nostro presente italiano e gli ultimi decenni dell’Ottocento tedesco, nell’autocelebrazione di certezze che potrebbero rivelarsi senza fondamenta e di “valori” che potrebbero costituire un vero e proprio pericolo. E’ innegabile che il dileggio di chi la pensa diversamente è diffuso, dal Parlamento ai talk show, passando per le discussioni al bar senza mascherina o dentro un affollato autobus.
Quando la stampa è parte del problema
In Italia abbiamo una stampa quasi tutta schierata col pandemismo e questo vuol dire che da oltre un anno e mezzo, per il tema principe, siamo quasi senza giornalisti. Fosse anche un Nobel, ed è capitato, nessuno sembra mai avere abbastanza titoli per essere considerato una fonte attendibile nella critica alle decisioni del governo.
Per sostenere la campagna vaccinale invece va bene chiunque: influencer senz’arte ne arte (ormai venerati anche dalla politica), no-vax pentiti (ormai muoiono solo loro), cantanti non-binari (sembra che cantino solo loro) e persone notoriamente senza manco il diploma di maturità. Ogni volta che una persona autorevole e rispettabile, come ad esempio il prof. Barbero, si permette di criticare il green-pass, pur essendo vaccinato, parte subito la macchina del fango mediatico e la corsa a dissociarsi da parte dei “colleghi” che la pensano diversamente e trovano i giornalisti pronti a dar loro voce.
Filosofi come Cacciari e Agamben, vaccinati, solo grazie alla loro notorietà ed autorevolezza riescono a farsi sentire anche muovendosi nella selva dei blog, e criticano il green-pass. Il loro collega Recalcati può definirli filosofi irresponsabili su un quotidiano nazionale o nella TV pubblica senza alcun contraddittorio a cui invece sono sempre sottoposti gli “imputati”. Tutte le persone critiche nei confronti del green-pass vengono ovviamente assimilati ai no-vax, anche se vaccinate, e Freccero tra un po’ sarà rinchiuso in manicomio.
Il 25 ottobre Report (il cui conduttore Ranucci è vaccinato) ha fatto un primo servizio critico sulla somministrazione ai giovani del vaccino Astra. La stampa mainstream deve aver puntato sul non parlarne per evitare che la cosa avesse eco. Una settimana dopo però Report ha poi fatto un puntatone-scandalo sulla Pfizer e sulla gestione governativa della pandemia ed allora è partita anche un’interrogazione parlamentare.
Nessun grosso quotidiano però si fa problemi nel diffondere “ricerche” secondo le quali il vaccino contro il covid abbasserebbe la mortalità per tutte le patologie oppure nel dar voce ad un immunologo secondo il quale la terza dose darebbe una copertura per 5-10 anni (anni non mesi, l’ha detto un membro del CTS ma nessuno se ne “ricorderà” quando tra pochi mesi ci sarà da fare la quarta dose, di cui per altro già si parla). Siamo cioè alle “comiche”, e ci si mette anche Facebook con i suoi algoritmi a scoraggiare chiunque voglia dissentire dal governo di tutti.
A corroborare la versione ufficiale dei fantomatici dati, la stampa non perde occasione per farci sapere quanti paesi adottano il green pass, come se questo fosse un protocollo universale applicato ovunque in maniera uniforme. Facevano così anche col lockdown, ad ogni dpcm di Conte ci veniva detto dei paesi (genericamente) ancora in lockdown ma il prolungato divieto di spostarsi da una regione all’altra ce l’abbiamo avuto solo noi. Per quasi un mese non ci hanno mai detto in quanti paesi è necessario il green-pass per andare al lavoro ma ci ripetono del picco dei contagi a Trieste anche se le manifestazioni più affollate, prolungate e ripetute, si svolgono a Milano.
Se solo ci fosse un’informazione più normale sarebbe forse più diffusa la critica verso certe limitazioni alle libertà, e forse il Capo dello Stato di fronte alle restrizioni per i cortei no-green-pass magari non si pronuncerebbe a favore della libertà ma almeno terrebbe un atteggiamento più neutrale.