Posso dire di aver incontrato, seriamente, l’Islam in India — dove ho vissuto a lungo — e di essere rimasto profondamente colpito dalla nobiltà della sua cultura. Nel 2018 mi sono trasferito a Londra. Non avevo nessun interesse per lo stile di vita “europeo” di quella che è stata una capitale mondiale, esplorando, piuttosto, il suo ricco e variegato ambiente musulmano.
Ho dunque frequentato, con costanza, moschee e confraternite Sufi in diverse aree della città.
Ho iniziato a fare ricerca sulla diffusione dell’Islam in Europa (soprattutto nel Regno Unito). La British Library era la mia seconda casa e navigavo senza risparmio nel web. Tra le altre scoperte interessanti, ho trovato un breve video, realizzato dall’Economist nel febbraio 2019, che è di particolare interesse per questo articolo: Is Islam in the West changing?
In meno di quattro minuti, Robert Guest — il Foreign Editor dell’Economist — spiega come l’Islam si starebbe evolvendo, in Europa, in una forma maggiormente “occidentalizzata”.
Guest elabora le proprie considerazione a partire dal fenomeno dell’immigrazione islamica.
Nella sua, concisa, analisi giornalistica, i musulmani di prima generazione — quella che lasciò i paesi di origine per l’Europa — non erano troppo coinvolti nella cultura locale, erano fondamentalmente focalizzati sul faticoso processo di integrazione sociale, vivendo la propria religione in maniera defilata e “timida”. Diversamente, i musulmani di seconda generazione iniziarono, in non pochi casi, a soffrire di un senso di alienazione, tanto rispetto alle influenze della religione dei loro genitori, quanto alla società in cui erano nati e/o cresciuti e da cui non era raro non si sentissero pienamente accettati. Ancora diverso il caso dei musulmani di terza generazione che, nell’analisi di Robert Guest, sarebbero più assimilati e — in certa misura “di conseguenza” — più liberali.
Citando l’articolo dell’Economist correlato al video:
“Per i giovani musulmani d’Occidente, la fede è sempre più una questione di scelta personale. Le loro convinzioni vanno dall’ultra-conservatore all’estremamente liberale. Alcuni, importanti, studiosi non scoraggiano le donne convertite dal matrimonio con uomini non musulmani; non manca qualche congregazione che offra la possibilità di effettuare la preghiera comunitaria la domenica, in considerazione del fatto che i fedeli lavorano il venerdì; ci sono, infine, anche moschee dirette da donne.”
In ultimo, Robert Guest sostiene che i musulmani di terza generazione — spingendo, in Occidente, nella direzione di un nuovo genere di Islam — possano essere di buon esempio per i fratelli e le sorelle che vivono in altre zone del mondo, contribuendo ad un loro “ammorbidimento dottrinale”.
Forse l’approccio di Robert Guest è troppo schematico? Francamente in questo articolo mi voglio focalizzare più sulle domande che non sulle risposte, lasciando — eventualmente — queste ultime ai lettori, nella speranza di stimolare un dibattito costruttivo.
Ho, tuttavia, una solida certezza: l’Islam può e deve essere una grande risorsa per l’Occidente!
Considerando la drammatica crisi della Cristianità — la religione che, per molti secoli, ha permeato l’Europa e il Nuovo Mondo — cito una altro, recentissimo video (31 dicembre 2021) realizzato da Paul Williams — un blogger e bibliofilo che vive tra Londra e il Sud della Francia — e condiviso nel suo canale You Tube: Blogging Theology.
Il titolo è intrigante: Do Muslims Belong in Europe? I musulmani appartengono all’Europa?
Paul Williams inizia citando un recente articolo del The Guardian:
“Per la prima volta, probabilmente in un millennio, meno della metà di coloro che vivono nel Regno Unito si definiscono cristiani. Stando all’aggiornamento, realizzato questo mese (dicembre 2021) del censimento 2011, l’ultima stima evidenzia una calo dal 60% al 51%, con previsione di scendere, il prossimo anno, sotto il 50%.”
Dopo questo sconfortante preambolo, Paul Williams cita Justin Welby, arcivescovo di Canterbury che ha recentemente dichiarato che il 2022 rappresenterà il settantesimo anno, consecutivo, di declino del numero di persone che vanno a messa. Oggi meno del 2% della popolazione, sostiene ancora Welby, frequenta la chiesa con regolarità (in molti altri paesi europei le percentuali non sono molto più incoraggianti).
La principale ragione di questa débâcle è la quasi totale assenza di turnover tra vecchie e nuove generazioni (l’età media di chi frequenta regolarmente la Church of England è 61 anni).
Di conseguenza, se vogliamo avere un’idea di come fosse l’Europa (rispetto, ad esempio, alla vita famigliare ed alla centralità della religione o, almeno, del sentimento religioso nella società civile), sostiene Paul Williams citando un non specificato autore musulmano, dobbiamo guardare alle minoranze islamiche.
I musulmani, difatti, sostiene sempre il blogger in questione, hanno molti antidoti “alla nuova, nichilista e socialmente disintegrante filosofia che oggi dilaga in Occidente”, a partire dal trentesimo ayat della trentesimo Sura del Sacro Corano:
“Rivolgi il tuo volto alla religione come puro monoteista, natura originaria che Allah ha connaturato agli uomini; non c’è cambiamento nella creazione di Allah. Ecco la vera religione, ma la maggior parte degli uomini non sa”.
Di fronte allo scenario che abbiamo rapidamente delineato si pongono almeno un paio di domande:
- In che modo l’Islam, in Europa, può colmare adeguatamente il vuoto lasciato dalla Cristianità?
- Che genere di collaborazione interreligiosa può essere plausibile, con alcuni cristiani, per difendere la naturale disposizione alla religione dal nichilismo dilagante? In particolare dopo il viaggio apostolico di Papa Francesco ad Abu Dhabi, il 4 febbraio 2019, da cui è scaturito il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune ed il suo incontro con il Grand Ayatollah Ali al-Sistani, nel marzo 2021?
Potremmo forse capovolgere il titolo del video di Robert Guest, da Is Islam in the West changing? in Is Islam changing the West?
Quella dell’Islam europeo è una questione molto complessa. È stata argomentata da molti studiosi, i principali dei quali, di fede islamica, sono Bassam Tibi e Tariq Ramadan, sostenitori di tesi crucialmente diverse.
Allo stesso tempo l’Islam europeo è straordinariamente vitale e sta crescendo, giorno dopo giorno, sulla base di una quota di nativi musulmani nel mondo balcanico.
Sta crescendo grazie all’immigrazione ma anche alla conversione (al “ritorno all’Islam”) di occidentali che vi ritrovano la propria, naturale, disposizione alla religione (riscoprendovi, in altre parole l’homo religiosus — per usare l’espressione dello storico delle religioni Gerardus Van Der Leeuw, resa poi popolare dal collega Mircea Eliade — che è in loro).
Stando alla mia, personale esperienza nel Regno Unito (a Londra e nel Nord dell’Inghilterra) non è facile trovare convertiti europei nella gran parte delle moschee.
Gli occidentali possono esservi anche guardati con sospetto, per ovvie ragioni.
Ho trovato invece un alto numero di europei nelle confraternite Sufi, soprattutto a Londra. Forse il Sufismo (ponendo, non di rado e soprattutto in un contesto europeo, maggiore enfasi sugli aspetti spirituali che su quelli normativi o politici) è più palatabile per un occidentale?
La questione dei convertiti europei meriterebbe un altro articolo.
Mi auspico che un crescente numero di occidentali sviluppi il desiderio di conoscere meglio la ricchezza culturale e religiosa dell’Islam — sappiamo che l’islamofobia è spesso la diretta conseguenza di una profonda ignoranza — e che un crescente numero di essi, mossi da un genuino desiderio di riscoprire la propria, naturale, disposizione religiosa, trovi il coraggio di avvicinarsi (senza necessariamente convertirsi) ad una comunità che appartiene, ogni giorno di più, al nostro continente.