Dopo più di 25 anni trascorsi come ufficiale nelle Forze Armate Turche, Murat Aslan attualmente insegna all’Università Sabahattin Zaim di Istanbul ed è ricercatore nel Dipartimento di studi sulla sicurezza di SETA Foundation, i suoi studi si concentrano sull’intelligence e la propaganda nell’ambito della difesa. Lo abbiamo intervistato sul conflitto in Ucraina e in particolare sui negoziati in corso a Istanbul.
Perché la Turchia gioca un ruolo di primo piano nei negoziati di pace Russia-Ucraina?
In accordo con i prerequisiti per essere un membro alleato della Nato, la Turchia sta assistendo l’Ucraina sia politicamente che militarmente, pur mantenendo i legami con la Russia al fine di allentarre la tensione. La Turchia ha infatti capito che più si mette la Russia nell’angolo, più le conseguenze saranno drammatiche.
La Turchia è riuscita a trovare un compromesso che soddisfa anche l’interesse dei paesi occidentali. Il suo ministro degli esteri è regolarmente in contatto con i ministri degli esteri di Russia e Ucraina. Hanno iniziato le discussioni in Bielorussia e c’è la speranza che Putin, Zelensky ed Erdogan si incontrino in Turchia per far fare un salto di qualità ai negoziati.
Si dice che la Russia negozierà solo se si sente sotto pressione. Dal tuo punto di vista, la Russia non deve essere messa all’angolo. Come si può trovare un equilibrio tra queste due opzioni?
In generale, la Russia non si arrende finché non viene sconfitta militarmente.
Per quanto riguarda la questione ucraina, è importante prendere in considerazione alcune dinamiche che influenzeranno la decisione della Russia di rispettare i termini dei probabili accordi. Tali dinamiche sono legate all’autopercezione della Russia, nel senso che la Russia sta ora valutando se la sua capacità militare gli permetterà di raggiungere i suoi obiettivi.
Un altro motivo per cui la Russia esiterebbe a non proseguire il conflitto è legato al modo in cui la pressione internazionale (sanzioni) sta influenzando la sfera pubblica russa sia dal punto di vista economico che psicologico. Tuttavia, quando la Russia comincerà a percepire una minaccia diretta alla suo territorio, sentirà il dovere di reagire, utilizzando forze esagerate.
Quindi, tornando alla tua domanda per trovare un equilibrio, è importante offrire alla Russia un tavolo in cui possa esprimersi, un tavolo in cui i mediatori mostreranno ai russi cosa guadagneranno se accettano di negoziare.
Oggi i negoziati sono più vantaggiosi per la Russia, dato che gli ucraini stanno riuscendo a difendere la loro terra in modo efficiente. Pertanto, se la Russia non è in grado di aumentare le sue forze sul terreno, potrebbe perdere tutti i vantaggi che ha acquisito finora in Ucraina.
Un’altra supposizione potrebbe essere che la Russia stia usando i negoziati come distrazione solo per guadagnare tempo e rifornire il suo esercito.
Come potrebbero essere possibili negoziati senza la presenza degli Stati Uniti a quel tavolo, dato il ruolo che hanno nel sostenere il governo di Zelensky?
Ebbene, è un dato di fatto che in questo conflitto non partecipano direttamente gli Stati Uniti. Allo stesso tempo, la Nato percepisce chiaramente la Russia come un avversario. Qualcuno la chiama la seconda guerra fredda e vedremo una strategia a lungo termine da parte degli alleati della Nato e degli Stati Uniti volta a ridimensionare la Russia.
Non credo che la guerra russo-ucraina si possa concludere con un accordo multilaterale, deve rimanere un accordo tra i paesi coinvolti. Se invece il numero dei partecipanti al negoziato fosse esteso gli argomenti da discutere aumenterebbero e questo rappresenterebbe un grosso rischio per l’Ucraina.
Il governo ucraino è abbastanza indipendente da prendere qualsiasi tipo di decisione da solo?
Il quadro reale indica questa realtà: la NATO fornisce supporto materiale all’Ucraina che sta dimostrando una buona capacità di resistere. L’Ucraina, infatti, è riuscita a mandare in frantumi il piano della Russia di conquistare l’intero Paese in poche settimane. Ora l’Ucraina ha la leva per contrattare al tavolo in questo momento.
Se il sostegno dell’UE continua con questo slancio, l’Ucraina è in grado di negoziare da una buona posizione.
Avere gli Stati Uniti come attore indiretto in questa scena è molto più sicuro in termini di sicurezza e pace globali, altrimenti incomprensioni e calcoli errati potrebbero mettere in pericolo l’ordine globale. Se la Russia percepisce che noi la stiamo sfidando direttamente, inizierà una nuova ondata di “risposta alla minaccia americana”.
La Russia accetterebbe un accordo che escluda la neutralità dell’Ucraina e Kiev è disposta a perdere l’accesso al Mar Nero?
Dipende dal tipo di neutralità di cui stiamo parlando. Se si tratta di smilitarizzare l’Ucraina, non credo che l’Ucraina accetterà, se invece per neutralità intendiamo che l’Ucraina non dovrebbe essere membro della NATO, allora dovrebbero essere fornite chiare garanzie di sicurezza. L’Ucraina aveva effettivamente ricevuto tali garanzie nel 1996 consegnando le testate nucleari alla Russia. La Russia, da parte sua, ha attaccato nonostante la sua promessa di non attaccare.
Anche gli accordi di Minsk sono stati violati però?
Bene, questo non dà alla Russia il diritto di attaccare, in realtà c’erano altre opzioni. Se c’è l’intenzione di iniziare una guerra, questa deve essere dichiarata. La Russia ha affermato che questa è un’operazione di pace, ma tali operazioni di pace devono fare affidamento sul consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
La Turchia non ha fatto la stessa cosa con l’operazione Peace Spring nel nord della Siria?
L’operazione turca a Idlib nel 2020 si basava sugli accordi con russi e iraniani. Questa operazione rientra nell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. Inoltre, c’è un’altra solida base per il caso siriano che sono gli accordi di Astana. Indicano chiaramente che se il regime di Assad consente a qualsiasi formazione terroristica di essere addestrata o di attaccare in Siria, allora la Turchia ha il diritto di intervenire.
Ci sono molte differenze con l’invasione russa, la Russia ha dichiarato che stanno svolgendo un’operazione di sostegno alla pace, in realtà non possono farlo. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite deve agire in primo luogo con una risoluzione.
Politicamente parlando, la Russia può dichiarare ciò che vuole, ma questa è una questione tecnica, questa è una chiara aggressione da parte della Russia.
Per quanto riguarda la neutralità, ancora una volta, devono esserci garanzie di sicurezza che possano soddisfare l’interesse dell’Ucraina. Pertanto, ci deve essere un altro Paese come garante, hanno proposto Turchia, Cina, Israele che osserva la neutralità e in caso di violazione quei Paesi possono intervenire. La neutralità è una questione tecnica e il suo contesto deve essere chiarito prima di una firma.
All’inizio di questo conflitto, la Russia è andata a nord-est per prendere Mariupol in modo da poter rivendicare il diritto di mantenere la sicurezza nelle aree popolate dalla Russia. D’altra parte, la sua avanzata verso nord-ovest aveva lo scopo di circondare Odessa, importante per il controllo del Mar Nero. Quindi, la Russia ha preso di mira Odessa data la presenza di riserve di gas naturale nel Mar Nero scoperte da Romania e Turchia. Quando la Russia avrà il controllo della parte settentrionale del Mar Nero, godrà di maggiori risorse in questa regione.
Dopo la fine dell’Unione Sovietica, la Russia iniziò a ristagnare ed esisteva il rischio che lo step successivo fosse la ritirata, così la Russia ha percepito la zona costiera del Mar Nero come un punto critico e decisivo. Una volta che avranno perso terreno laggiù, il sogno di raggiungere i mari caldi svanirà. Pertanto, la Russia vuole assicurare che avrà una accesso al Mar Nero per trasformare la stagnazione in un’espansione.
Il dominio russo sul Mar Nero preoccupa la Turchia?
No, questo riguarda la Russia. La zona economica della Turchia nel Mar Nero è chiaramente delimitata da chiari accordi con i paesi vicini.
La lettura geopolitica comune di questa situazione dice che la Turchia si sta preoccupando del controllo russo sulla parte settentrionale del Mar Nero, cosa ne pensi?
Una dominazione russa che si estende da est a ovest nella parte settentrionale del Mar Nero è una novità per la Turchia e non farà altro che attivare un allarme nella percezione della sicurezza turca.
La Turchia ha scoperto un’enorme riserva di gas nella propria zona economica esclusiva, un conflitto sicuramente disturberà le sue attività dato che la Turchia è un paese dipendente dall’energia. La stabilità nel Mar Nero è essenziale per la Turchia, non vuole vivere un’altra guerra fredda vicino ai suoi confini vedendo che la Turchia è sempre stata colpita negativamente dalle crisi.
La Turchia ha perso molto quando è avvenuto l’intervento americano dopo l’invasione dell’Iraq da parte del Kuwait, nonostante la Turchia non partecipasse all’Intervento.
Lo stesso è avvenuto durante l’invasione americana dell’Iraq nel 2003 e in Siria, quindi la Turchia non vuole vivere un’altra crisi soprattutto visto che molti grandi intellettuali avevano previsto che una grande crisi economica si stava avvicinando.
Come vedi l’atteggiamento degli europei nei confronti di questi negoziati di pace, considerando anche che gli interessi europei non sono allineati con quelli degli Stati Uniti?
Ebbene, l’UE non è così unita quando arriva il momento di affrontare un problema politico e militare. L’UE è composta da 27 membri e tutti hanno programmi diversi. Nella primissima fase di questo conflitto, ad esempio, la Croazia ha affermato che non invierà nessuno dei suoi soldati ad affrontare i russi, anche la Germania era esitante. Un comportamento normale poiché tutti hanno strategie diverse, ma deve esserci coerenza in termini di approccio con gli altri paesi.
Di conseguenza, ciò che vedo nella politica della UE è una mancanza di visione. Con questo intendo dire che l’UE deve avere una visione chiara di sé per i prossimi anni. Se l’UE non ha una visione chiara di sé, non può identificare principi generali e una politica concordata da seguire.
Questa aggressione russa in Ucraina è una chiara indicazione del fatto che l’UE ha iniziato a pensare in modo unito che è comunque una buona cosa. D’altra parte, questo pensiero unito deve essere istituzionalizzato, deve esserci un meccanismo nell’UE per rispondere a tali minacce.
Per quanto riguarda la turchia invece userò un’analogia: ci sono 27 persone su una barca mentre alla Turchia di nuotare. “Siamo in barca, mangiamo, beviamo e tu nuoti!” e la Turchia è candidata a salire sulla barca ma deve raggiungerla nuotando. Quindi la Turchia ovviamente ha più muscoli del previsto perché il nuoto sviluppa i muscoli. Pertanto è abbastanza forte da combattere con gli squali nell’acqua, gli altri no.
Poi, quando le persone sulla barca vedono gli squali, dicono alla Turchia: per favore, pensaci tu! La Turchia può farlo, ma tutti dovrebbero essere giusti. L’UE deve rivedere la strategia verso la Turchia, deve essere sincera sul fatto di volerla o meno nell’Unione. Se non vogliono ricevere la Turchia devono essere franchi e la Turchia può semplicemente perseguire i propri principi e politiche e l’UE non deve preoccuparsi se la Turchia è più autonoma.
Ed è valido anche per i membri dell’UE che sono anche membri della NATO. Possiamo pensare che abbiano due cappelli, a volte con il cappello dell’UE e altre volte con quello della NATO. La Turchia è consapevole della faccia, non del cappello! Se la Turchia si avvicina a una sorta di minaccia nei prossimi decenni, a causa del suo isolamento, l’UE dovrebbe rivedere la strategia nei confronti della Turchia.
Parli di Turchia e delle relazioni con l’UE, ma anche di rivendicare l’adesione alla NATO. Penso che dopo il colpo di stato del 2016 e la questione del sistema S400 che la Turchia ha acquistato dalla Russia, il Paese si stia comportando, ora, in modo diverso. Non sta attuando sanzioni contro la Russia, come gli Stati Uniti hanno chiesto a tutti di fare e ha anche ricevuto i beni e gli investimenti di uomini d’affari russi…
Non so, non ho analizzato esattamente la questione degli investimenti.
Ma sappiamo che la Turchia non ha posto alcuna limitazione, nessuna sanzione a individui (russi), imprese, capitali, banche. Poi sappiamo che la posizione della Turchia è nel mezzo, non aderisce alla decisione della NATO e penso che questa distensione derivi dal colpo di Stato del luglio 2016. Penso comunque che l’uscita della Turchia dalla NATO non sia uno scenario possibile a breve termine. Vedo, in effetti, che la sua situazione nella NATO è molto difficile ora ma, allo stesso tempo, vedo che la Turchia può aiutare la NATO grazie alla sua posizione e alla possibilità che ha di parlare con la Russia o altri paesi considerati nemici. Cosa ne pensi di questo?
Prima fammi rivedere le istantanee degli eventi. Negli anni 2012-2013-2014 abbiamo avuto problemi con il gas e complotti contro governo attraverso pubblici ministeri e giudici. Nel 2015 il PKK si trovava nei centri cittadini nella parte sud-orientale della Turchia. È stato un grande shock per la percezione della sicurezza turca e il motivo era duplice. Il PKK voleva dimostrare la sua idoneità – agli Stati Uniti – a combattere contro l’ISIS. Inoltre pensavano di poter semplicemente importare la crisi dalla Siria in Turchia, ma non ce l’hanno fatta! Nel 2016 abbiamo avuto i tentativi di colpo di Stato del movimento gulenista. Sono stato nelle scuole superiori fino al 1987 e mi sono reso conto che le propaggini guleniste nelle scuole superiori erano scioccanti a quei tempi. Loro (Gulenisti) non stavano pensando in modo lineare ma come chi ha subito il lavaggio del cervello!
Poi sono stati loro a dare il via ai tentativi di colpo di stato nel 2016.
Dopo tutti questi traumi ogni uno o due anni, in occasione della crisi siriana, ad esempio, la Turchia ha voluto allineare le sue politiche a quelle degli Stati Uniti.
La Turchia ha chiaramente proposto agli Stati Uniti che tutti i paesi agissero insieme in Siria o, se lo desideravano, la Turchia potesse agire per loro conto. E gli Stati Uniti hanno avviato un programma congiunto di addestramento e donazione per l’esercito nazionale siriano. Gli USA hanno formato 60 persone con 600 milioni di dollari. 60 persone non sono niente per affrontare l’Isis. E poi hanno detto: lo faremo anche con il PKK e altri oppositori del governo turco, ma ciò era totalmente contro gli interessi della Turchia e c’è stata un’escalation. Nel frattempo ci sono stati altri problemi con gli Stati Uniti, ad esempio per quanto riguarda il sistema S400. La Turchia ha bussato per la prima volta alla porta degli Stati Uniti e hanno detto: no!
La Turchia ha firmato un accordo con Italia e Francia per l’acquisto del sistema di difesa aerea SAMP-T. ed è stato congelato. Quello che la Turchia ha potuto fare allora è stato cercare un sistema di difesa dalla Cina o dalla Russia. C’è stato un forte malumore nella NATO ovviamente ma bisogna considerare due cose: per primo abbiamo altri stati membri della NATO che si sono procurati S300 e hanno enormi arsenali russi nei loro inventari, seconda cosa: c’è una crisi enorme in corso in Siria e con l’Iran. Gli Stati Uniti e l’Europa sono molto preoccupati per il probabile attacco missilistico iraniano all’area transatlantica e hanno localizzato un radar nel distretto di Malatya City in Turchia.
Chi proteggerà la Turchia da questi missili? Se c’è un’escalation molti missili partiranno e la Turchia non potrà proteggersi. Questo è inaccettabile! E un altro problema: chi può garantire che il regime di Assad non lanci un missile sul territorio turco? Chi difenderà la Turchia? Ciò significa che abbiamo bisogno di un sistema che protegga il nostro spazio vitale!
Un altro problema: quando si inizia a fabbricare armi bisogna formare del personale e per questo siamo di fronte agli effetti delle sanzioni e anche delle sanzioni camuffate (nel caso nessuno dichiari apertamente che la Turchia è sanzionata).
Venendo all’uscita dalla NATO, non esiste alcun meccanismo attraverso il quale la NATO possa espellere alcuno Stato membro. Ci sono state due eccezioni nella storia della NATO; stiamo parlando di Francia e Grecia ma non sono state espulse. Hanno chiesto volontariamente alla NATO di non essere più stati membri. È interessante notare che era il 1982, la Turchia ha accettato un’altra volta l’adesione della Grecia alla NATO. Non vedo alcun argomento secondo il quale la Turchia debba uscire dalla NATO o debba essere espulsa dalla NATO. Non è realistico. Basta andare a visitare Berlino, poca gente in guro. C’è un grande divario in termini di risorse umane, in Europa, per il lavoro non qualificato.Si fatica a costruire un edificio, a trovare dipendenti. L’Europa ha bisogno di un paese popolato, in caso di grave minaccia. Pertanto non è saggio – per l’Europa o per gli Stati Uniti – sostenere che la Turchia debba essere espulsa dalla NATO, perché in qualche modo, in alcune date, l’Europa avrà bisogno della Turchia per difendersi.
Credi che questa crisi porterà il mondo a un nuovo sistema di relazioni internazionali? Vede qualche cambiamento in arrivo in termini di multipolarità?
Ho appena redatto un articolo per un giornale. Eravamo tutti concentrati sulla geopolitica durante la guerra fredda, basata sulla deterrenza, sulla politica di contenimento, ecc. Negli anni Novanta ci sono state guerre etniche e genocidi in Ruanda, Bosnia e Cecenia che hanno acceso il nostro senso di sicurezza. Ma erano guerre locali, non globali. Subito dopo l’11 settembre ci sono stati nuovi tipi di minacce sotto forma di minacce soft e guerra globale al terrorismo e questa è l’errore più grande che gli Stati Uniti hanno commesso. Abbiamo iniziato a discutere dei nuovi tempi di minaccia oltre la modernità; guerra ibrida, ad esempio guerra digitale, competizione spaziale, ecc. malattie pandemiche.
Proprio oggi questa crisi, ci porta a tornare alle logiche della geopolitica tradizionale ma non possiamo dimenticare i tipi di minaccia emergenti; quello che voglio dire è che stiamo entrando in una nuova fase dello scenario internazionale e possiamo correre il rischio di guerra convenzionale, guerra non convenzionale, simmetrica, asimmetrica, con proxy ecc. Nel frattempo cercheremo di gestire le conseguenze del cambiamento climatico: malattie pandemiche, forse una devastazione economica nei prossimi decenni, shock sociali e culturali a causa di questo modello crescente di immigrazione. Ora i conflitti saranno molto più complessi e complicati che gli stati non saranno in grado di rispondere anche se reagiendo in modo collettivo, quindi è necessario identificare questi concetti nella politica internazionale che limiteranno effettivamente le conseguenze di questa complessità.
Per un lungo periodo dopo la fine dell’Unione Sovietica abbiamo visto un solo grande attore nelle questioni internazionali autorizzato a usare la sua forza in diversi teatri di guerra: gli Stati Uniti ma negli ultimi decenni abbiamo visto nuovi attori; potenze globali o regionali come la Russia o la Turchia che competono con gli Stati Uniti o con la Francia intervenendo, ad esempio, in Africa (l’area di influenza tradizionale della Francia ma, si sa, non è l’unico attore nel continente). Infatti abbiamo visto la Turchia in Libia, in Somalia, nell’Africa occidentale. La Russia era in Libia, in Siria ovviamente ma, recentemente, anche in Mali. Il mondo sta cambiando… cosa ne pensi di quello che è successo in Siria dove Iran e Russia sono riusciti a mantenere al potere Bashar Al Assad dopo aver distrutto tutto il Paese. Allora pensi che la Russia stia diventando più attraente per molti dittatori e/o regimi?
Come ricorderete avevamo il bipolarismo, subito dopo la guerra fredda avevamo lo strapotere degli USA, si definivano non superpotenza ma iperpotenza, nell’ultimo decennio si è iniziato a virare verso il multilateralismo, ma in realtà si trattava di un multicentrismo che dava protagonismo alle regioni. In questo caso, se il multicentrismo (o il multilateralismo non ha importanza)… se persistono nel sistema ogni regione avrà dinamiche interne proprie e i giocatori esterni possono essere facilmente inclusi nei giochi in questa regione.
La priorità turca è quale? Ad esempio, hai menzionato la Turchia in Africa, la Turchia in Libia, la Turchia in Siria, c’è una politica della Turchia una “nuova politica per l’Asia” … beh, la Turchia sa che se diventi proattivo, puoi beneficiare delle opportunità. Se reagisci solo alle azioni sei un soggetto, ma se ti senti di rimanere passivo significa che non sei niente.
Ad esempio in Libia la Turchia è stata proattiva, per qunato riguarda l’Africa invece si tratta di una responsabilità morale che il governo sente, d’altra parte la Turchia è ben consapevole che il futuro è l’Africa. Il futuro della vita è l’Africa perché ha un grande potenziale, l’Europa sta morendo, è un dato di fatto, non si tratta solo di capitali accumulati, ma di altre cose. Ho studenti all’università provenienti dall’Africa, credete in me, sono davvero brillanti. Ora, se proietti esattamente ciò che sta arrivando, puoi eseguire le tue politiche interattive e proattive e questo è ciò che sta facendo la Turchia. I paesi europei dovrebbero cogliere questa opportunità e cooperare con la Turchia.
Adesso la Russia è anche ad Africa dove invece la Cina è dominante ma penso che per la Turchia si tratti di un discorso diverso che viene incontro alle aspettative dei paesi africani, perché vogliono avere una sorta di “uscita di emergenza”, sbarazzarsi della povertà, svilupparsi e avere un futuro luminoso, e la Turchia può aiutarli. Anche la Cina può farlo? Sì, ma ci sono delle incognite, si parla di “trappola cinese” perché quando concedono un credito è fortemente condizionato.
La Turchia vuole essere un attore attivo in Africa, è una sfida per le potenze occidentali? Non credo perché l’Occidente è da molto tempo in Africa, perchè la Turchia non potrebbe fare altrettanto.
Ma è chiaro che viene percepita come una sfida da un Paese come la Francia?
Ebbene, penso che la Francia dovrebbe prima valutare come viene percepita in Africa. Se i popoli sono contenti della presenza francese o no, se sono contenti non c’è problema, quindi è evidente che non si tratta della presenza della Turchia ma della presenza francese in Africa.
Popolazioni Le popolazioni africane non sono contente della presenza francese.
Esattamente, intendo dire che non è la politica turca o la politica africana, ma sono le percezioni dei paesi africani che valutano direttamente la presenza francese laggiù, quindi quando valutiamo il coinvolgimento della Turchia in Africa dobbiamo valutare la percezione delle opinioni pubbliche locali, se sono soddisfatte nessun problema, se non lo sono significa che la Turchia sarà semplicemente respinta, semplice.