Il 22 e 23 aprile Antonio Di Manno ha corso e vinto per la seconda volta l’ultramaratona Milano-Sanremo, la più lunga d’Europa, che attraversa 3 regioni e 54 comuni per un totale di 185 Km. E’ il presidente dell’A.S.D Vegan Power Team e le sue vittorie sono un megafono per la causa della sofferenza animale.
Di Manno è un atleta interessante sotto diversi punti di vista. Sicuramente per le sue performance ma anche per il rapporto tra lo sport ad alti livelli e l’alimentazione vegana e per la sua compassione per il mondo animale tutto, cioè non per il cane sì e per il maialino no. Intervistandolo abbiamo come incontrato il suo mondo emozionale ed abbiamo scoperto che la targhetta numerata che aveva appesa al collo era l’identificativo di un vitellino che non c’è più. Ci ha anche raccontato di un bambino, da lui definito magico, che gli è andato incontro al momento dello start e che ha rivisto più volte lungo il percorso. Di seguito l’intervista.
Antonio, complimenti per la tua seconda vittoria in questa gara estenuante che si corre, a piedi, su un percorso che poi è quello dell’omonima gara di ciclismo
Grazie. E’ stata davvero una bella gara, su un bel percorso, un mega evento organizzato ottimamente
Sei il primo atleta italiano ad aver vinto due edizioni di questa ultramaratona. Ti senti obbligato a sfidare il record di tre edizioni detenuto dal portoghese Joao Oliveira?
In un certo senso sì. L’anno scorso non l’avrei mai detto però dopo averla vinta sono tornato per vincerla nuovamente e ci sono riuscito. Mentirei se dicessi che l’anno prossimo mi ripresenterò solo per partecipare e per poter respirare l’atmosfera di questa splendida gara.
Non sei stato sempre in testa. Ci sono stati momenti in cui hai pensato di non potercela fare ad arrivare primo?
Per buona parte della gara Ronaldo Espina (poi arrivato secondo, ndr) mi è stato davanti senza mai distanziarmi troppo, nel mentre però io pensavo solo a portare il ritmo che mi ero prefissato. Al km 168 l’ho superato ed ho provato ad allungare per un po’. E’ stato lì che ho avuto la sensazione di avere la gara in pugno e al km 175 ho detto al mio team che avremmo potuto farcela. Ovviamente mancavano ancora più di 100 Km e sarebbe potuto succedere di tutto. Ma è successo che ho vinto.
Parlaci del tuo team. Di solito queste gare le si corre in compagnia?
La Milano-Sanremo è lunga quanto 7 maratone, l’organizzazione raccomanda vivamente di avere un proprio gruppo di supporto lungo il tragitto, la cosiddetta crew, ed io avevo un team di 4 persone che mi dilazionava i ristori e i cambi di abbigliamento lungo il percorso e che mi motivava. Loro erano: mia moglie Nadia che mi segue sempre e conosce tutte le mie esigenze, gli amici Michele e Danilo, poi mio figlio Mirko di 3 anni che dal camper mi dava molta carica. Dopo i primi 41 Km, cioè la distanza di una maratona, è consentito agli accompagnatori di correre insieme ai partecipanti e Danilo ha corso oltre 70 Km con me, 21 una prima volta e poi i 55 Km finali.
Adesso parliamo della tua alimentazione. Qualcuno forse ti avrà già detto “pensa se mangiassi la carne dove potresti arrivare”. Tu cosa rispondi?
Ci sono pregiudizi duri a morire, io non dico “mangia vegano e diventi un supereroe” ma credo si possa pacificamente affermare che la mia attività sportiva dimostra che non ci sono carenze in chi segue una corretta ed equilibrata alimentazione vegana. Quello che sottolineo però è che mangiando vegano non porti a tavola la sofferenza di esseri sensienti che per me è eticamente insostenibile, visto che non è necessario mangiarli.
Curioso che per dimostrare di non essere svantaggiato rispetto ad altri runner devi arrivare primo in gare dove la quasi totalità degli atleti non ha mai neanche pensato di partecipare. Parlaci un po’ delle gare che hai corso, quante ne hai vinte?
Faccio ultramaratone da qualche anno, ho 40 anni, e sono arrivato primo di categoria alla Sorrento-Positano (54 Km) nel 2018 e per due volte primo di categoria alla Scorrendo con il Liri (65 Km): nel 2018, mio esordio nelle ultra, e nel 2019. Sempre nel 2019 ho corso la 100 Km del Passatore ma mi è andata male, ho avuto una crisi di circa 40 km nella seconda parte della gara. Poi ho vinto L’Ultimo Sopravvissuto edizione 2021, la passata edizione della Milano-Sanremo e nel 2022 ho vinto la 100 Miglia di Policoro.
Hai già un palmares di tutto rispetto, di ultra rispetto. L’ultimo sopravvissuto è la “qualificazione” italiana della Blackyard Ultra che si corre in Tennessee, sono competizione che vanno avanti fino a quando in piedi ne resta solo uno. Sei poi stato negli USA?
Purtroppo nel 2021 gli atleti europei non hanno ottenuto il visto a causa delle restrizioni covid. Ma parteciperò alla The Race of the Champions, una gara con lo stesso format e a numero chiuso, massimo 30 partecipanti, che si correrà il 14 maggio a Rettert in Germania, vicino Francoforte. E’ una competizione molto selettiva, si partecipa solo su invito e sto componendo la crew, cerco persone disposte ad essere con me dal 12 al 18-19 maggio.
Torniamo alla tua alimentazione. Dopo le vittorie hai notato intorno a te maggiore curiosità per l’alimentazione vegana nello sport?
Ne parlo già da prima di vincere gare importanti, è una delle cose che faccio con l’A.S.D. Vegan Power Team di cui sono presidente e per la quale corro. Però di recente noto un maggiore interesse soprattutto per la tematica del recupero post gara nelle ultra, che per gli atleti vegani è più rapido.
Il recupero dopo una gara così estenuante non è un argomento banale. Tu sei arrivato in 34 ore e 49 minuti, due giorni ed una notte, e c’è chi è arrivato il giorno dopo. Cosa passa per la testa in così tanto tempo? Come si percepisce il mondo circostante correndo ininterrottamente giorno e notte?
E’ difficile rispondere a questa tipologia di domande perché credo la soggettività dell’atleta determini la risposta. Io sono uno che fin dalla partenza si concentra totalmente su sé stesso. Prima e dopo saluto e abbraccio tutti ma durante tutta la gara sono molto concentrato su di me e non bado a quello che mi sta intorno. Per questa seconda Milano-Sanremo però una persona, oltre al mio team, ha interagito con me, si tratta di un bambino. Credo di essere uno che mantiene una certa lucidità anche dopo tanti kilometri ma ho poi anche pensato che questo bambino fosse magico.
Vuoi dire che questo bambino ha corso con te per 185 Km? Hai bisogno di un dottore?
Mi ha avvicinato durante il countdown e mi ha detto di volermi dare un portafortuna a patto che lo portassi con me per tutta la gara. Me lo ha dato proprio un istante prima della partenza e sono andato nel panico perché non sapevo dove metterlo, in corsa ci si porta meno fastidi possibili
Non dirlo a me, per farmi dei selfie sono arrivato tardi alla consegna degli zaini della Maratona di Istanbul ed ho ben pensato di portarmi il fagotto sulle spalle per 41 Km. Ho avuto i segni sulla schiena per due settimane, la sacca aveva le bretelle di corda. Il bambino ti ha dato un oggetto ingombrante?
No, sembrava un fogliettino rosso e l’ho messo nel marsupietto dove tenevo il cellulare. Mi è caduto una decina di volte lungo il percorso ma l’ho sempre raccolto. Anche perché lui mi ha chiesto più volte “ce l’hai ancora?”
Quando te l’avrebbe chiesto? Sei sicuro di non aver bisogno di un dottore?
Credo fosse col gruppo di un altro partecipante, come mio figlio che era con il mio team, e l’ho rivisto in alcuni punti di ritrovo intermedi della gara. All’arrivo ho chiesto a molti se avessero un bambino al seguito, avrei voluto regalargli le scarpe della gara, mi piacerebbe contattarlo. Una volta tornato a Roma mi sono accorto che quel portafortuna in realtà era il campioncino di un integratore di vitamina B12. Ma non si tratta di un prodotto che uso.
Cambiamo argomento. Dicci della targhetta che avevi al collo
Cerco sempre di sostenere la causa della sofferenza animale ed abbino la mia partecipazione alle gare a raccolte fondi destinate ai rifugi per animali. A volte organizziamo appositamente eventi podistici. Per l’ultima gara la raccolta andava al rifugio L’isola che non c’è di Abbiategrasso. La targhetta che avevo al collo era di Lorenzo un vitellino scampato al mattatoio, dove vengono mandati a 20 giorni dalla nascita tutti i vitelli maschi. Siccome era malato il Santuario Capra Liberi Tutti, un altro rifugio che sta a Nerola (RM), era riuscito a farselo dare. Adesso Lorenzo non c’è più ed ho deciso di indossare la targhetta che gli era stata attaccata addosso per affermare che questi esseri viventi non sono numeri e che non dovrebbero esistere animali da reddito. Uso la visibilità delle mie vittorie per affermare questi principi, spero di continuare a vincere per questo.
Anche la sola partecipazione a queste sfide presuppone un grosso impegno fisico protratto nel tempo, negli anni. Fai l’atleta per lavoro?
Mi alleno per molte ore a settimana e per la preparazione a questa gara negli ultimi tre mesi ho anche corso una ultramaratona di 60km ogni 7 giorni, ma non è il mio lavoro. Sono un infermiere e la mia attività lavorativa si svolge su diversi turni, per questo mi alleno anche di notte.
Per la preparazione ti avvali di collaboratori o fai tutto da solo?
Oltre a mia moglie Nadia Amici, fondamentali per me sono: il preparatore atletico Mauro Maiolli, il nutrizionista Federico Calviello e di recente il fisioterapista Alessandro Catanzaro.
Anche se l’abito non fa il monaco, che scarpe usi per correre?
Da quest’anno sono nel Team Hoka, ma usavo questa marca già da prima.