Venerdì 6 Maggio si è tenuto a Roma, in Piazza dell’ Esquilino un presidio per denunciare la brutalità dell’occupazione israeliana.
Anche quest’anno durante il mese di Ramadan i sionisti hanno compiuto violenze e saccheggi ai danni della popolazione palestinese.
Tra gli stessi israeliani sta aumentando la presa di coscienza e ammissione di come pulizia etnica contro i Palestinesi non sia mai finita.
Approfittando della distrazione generale, focalizzata sulla guerra in Ucraina, e strumentalizzando le questioni religiose, gli israeliani hanno devastato la Moschea Al-Aqsa a Gerusalemme, sito sacro per musulmani di tutto il mondo, invadendola e lasciandola allo scempio dei coloni ebraici, scortati da un gran numero di soldati che non hanno esitato ad esplodere granate stordenti e gas lacrimogeni.
I fedeli musulmani, scacciati a manganellate e proiettili di gomma, indistintamente anziani, bambini, donne, uomini, giornalisti, paramedici. Anche ai Palestinesi cristiani è stato impedito di raggiungere i propri luoghi di culto in città. Dall’inizio di Ramadan, sono stati uccisi decine di Palestinesi e Gaza è stata nuovamente bombardata.
A riconferma della realtà di fatto che difendere la causa Palestinese e la Popolazione Palestinese superstite dalle atrocità che subiscono dalla metà degli anni ’30 – cioè quasi un secolo ormai da quando si preparava il terreno per lo sgombro dei territori e la deportazione del Popolo Palestinese nei campi allestiti dall’UNRWA negli stati confinanti – è uno scomodo che non porta convenienza alcuna a nessuno, assistiamo alla stessa imputridita doppia morale dei nostri governi: le vittime innocenti in Ucraina (quelle di questo momento, già diverse da quelle degli ultimi 15 anni!) non sono minimamente paragonabili a una infinita identica guerra d’invasione, quella israeliana ai danni dei Palestinesi.
Avallare il silenzio-assenso dell’Occidente, di governi, politica e stampa, sul perpetrarsi della Nakba, significa correità.
Il cuore della Palestina, Gerusalemme, è ferito dalle morti, dalle violenze, dai soprusi, dalle umiliazioni e, soprattutto, dall’indifferenza e dall’arroganza del silenzio assordante che lo ha inghiottito. “La Resistenza di un oppresso è lotta di tutti!”