“C’è solo un aggressore e solo un aggredito”: è questo il mantra recitato con insistenza quotidiana dalla propaganda occidentale, contrapposta a quella russa. Come tutti gli slogan, anche questo è basato su una “logica” del tutto superficiale ma proprio per questo capace di attecchire nelle menti dei più.
E’ opportuno contribuire, invece, alla formazione di un dibattito politico e storico più equilibrato ed oggettivo, capace di indicare concrete vie di risoluzione del conflitto fra Russia ed Ucraina, che va analizzato tanto nella sua complessità quanto nella sua storia pregressa.
Lo slogan citato presuppone de facto e de iure la non legittimità dell’aggressione. Si è già parlato molto in questo giornale sulla questione dei doppi standard occidentali, quindi non mi dilungherò nell’elencare i tanti, troppi esempi di guerra e devastazione che i paesi occidentali hanno causato nel mondo e particolarmente in Medio Oriente.
Il fallace sillogismo alla base di questo slogan si può così riassumere:
Premessa maggiore: chi è aggredito militarmente ha legittimità mentre chi aggredisce militarmente perde legittimità
Premessa minore: L’Ucraina è stata aggredita mentre La Russia ha aggredito per prima
Conclusione: L’Ucraina ha legittimità di difesa e sostegno mentre la Russia ha perso ogni tipo di legittimità
Le premesse nel falso sillogismo sopra citato sono viziate dalla fallacia del non-sequitur. Non è, infatti, sempre vero che l’aggressione militare stabilisce la legittimità della difesa da parte dell’aggredito e la non legittimità dell’aggressore.
Vediamolo con un esempio. Immaginiamo che in una città europea un gruppo di persone inizi a seguire un’ideologia di stampo nazista trasformando la città in una roccaforte in cui questi aberranti ideali sono propalati e celebrati. In una situazione simile gli abitanti di origine ebraica verrebbero presi di mira, discriminati ed oppressi. Subito e giustamente i governi dei paesi occidentali si metterebbero in azione per impedire, anche con l’uso della forza, che crimini simili possano continuare.
In tal caso – con ogni evidenza – l’aggressione non farebbe perdere legittimità all’aggressore; assai probabilmente accadrebbe l’opposto. Ora è proprio questa la giustificazione che il governo russo ha dato e continua a dare rispetto all’invasione dei territori ucraini. Al di là della semplificazione e degli slogan dei mass-media di tutti i paesi coinvolti, inclusi Europa e USA, vi sono in queste pretese inoppugnabili elementi di realtà che vanno distinti da quelli propagandistici, per cercare di comprendere la complessa situazione in corso. Il mondo accademico, se fosse ancora libero, dovrebbe offrire analisi competenti per stimolare un dibattito costruttivo ed inclusivo e permettere a politici e classi dirigenti di prendere decisioni informate e ponderate.
Se così fosse sentiremmo dibattute e analizzare le cause profonde e molteplici di una guerra, quella russo-ucraina, le cui radici risalgono almeno al 2014, con atrocità documentate nei confronti della popolazione russofona in Ucraina ma con torti e ragioni da soppesare nei confronti di entrambe le parti contendenti.
Al contrario, oggi imperversa una dittatura della disinformazione che nega ogni tipo di dibattito, che nega la Storia, che nega fatti evidenti distorcendoli in maniera tragica e grottesca. Ecco allora che media e politica divengono complici nel rappresentare come “eroici” combattenti della resistenza i membri della brigata Azov, già denunciati per crimini contro l’umanità dall’ONU, minimizzando o tacendo tout court la loro adesione al nazi-fascismo.
Il governo della Russia non può – d’altro canto – giustificare ogni sua azione e meno ancora l’invasione militare di un paese indipendente a causa dell’oppressione nei confronti della minoranza russofona, quando ha sul proprio conto crimini di gran lunga peggiori, come avviene ancora oggi in Siria.
Oltre due secoli or sono il celebre pittore spagnolo Francisco Goya diede ad una sua opera il significativo titolo: il sonno della ragione genera mostri. L’informazione dovrebbe aiutare a capire e riflettere, se ridotta a slogan crea inevitabilmente i mostri dell’ignoranza e dell’odio.