E’ in vigore per tutta l’estate l’ordinanza del Sindaco Gualtieri che colpisce i “negozietti bangla” a Roma e nel frattempo a Torpignattara, il quartiere capitolino tra i più multietnici del mondo, le forze antagoniste politiche e sociali fanno quadrato intorno all’Associazione Dhuumcatu da poco sfrattata. C’è chi vede in corso un processo di gentrificazione che prevede l’espulsione fisiologica dalla zona dei poveri e degli immigrati.
La malamovida a Roma è colpa dei bengalesi?
A partire da febbraio si sono succedute le ordinanze del Sindaco Gualtieri mirate a contrastare il cosiddetto fenomeno della malamovida. In alcuni municipi della Capitale, per lo più dove è presente al maggior parte degli immigrati a Roma, fino a tutto il mese di settembre nel fine settimana i minimarket dovranno rimanere chiusi nelle ore serali e notturne.
Fu subito rilevato che ordinanze di questo tipo colpiscono principalmente i negozietti gestiti da cittadini bengalesi e fu detto che per Roberto Gualtieri la malamovida è colpa dei bengalesi. In realtà gli esercizi commerciali oggetto dell’ordinanza sono anche di altra tipologia, ed i titolari anche di altra etnia, molti italiani, ma la scelta effettuata denota il solito approccio della sinistra delle ZTL. La conseguenza per l’utenza della movida è l’aumento del prezzo medio degli alcolici e questo sicuramente abbassa il tasso di ubriachezza molesta. Ma risolve il problema?
La birra bangla no ma la droga nigeriana si
Il Pigneto a Roma è uno dei quartieri simbolo nella gentrificazione nella Capitale, cioè di quel processo che porta all’aumento del costo degli immobili e degli affitti e ad un “ricambio” della popolazione residente: arrivano i ricchi e se ne devono andare i poveri.
Non molti anni fa la presenza di immigrati al Pigneto era molto maggiore di quanto non lo sia adesso e quella bengalese è una componente preponderante degli immigrati a Roma. Adesso quella in questione è una drink zone pedonale ma una presenza straniera resiste. C’è una via in particolare (via Ascoli Piceno) dove si concentrano alcune realtà immigrate con le loro “attività” in prossimità dei locali della movida-buona.
In questa via c’è una moschea, frequentata principalmente da musulmani bengalesi, ci sono i negozietti bangla che per la vendita di alcolici non sono neanche ben visti dall’utenza più osservante della moschea (per l’Islam il consumo di alcolici è peccato), e poi ci sono immigrati subsahariani che spacciano droga. Ecco, sembrerebbe che per l’ordinanza del Sindaco Gualtieri la birretta economica bangla è malamovida mentre la birra più cara comprata nell locale fighetto unitamente alla droga spacciata dietro l’angolo siano turismo eno-gastronomico.
A Torpignattara è iniziata la gentrificazione?
La gentrificazione a Roma “è un processo iniziato lentamente a metà degli anni Settanta quando dopo un periodo di recessione economica a seguito della chiusura dell’ex Mattatoio… sono cominciati ad arrivare artisti e gruppi di attivisti culturali…. Fu proprio a Testaccio che, dopo la chiusura del Mattatoio, aprì il primo locale gay di Roma, L’Alibi” (fonte Rivista Scienze Sociali).
La comunità bengalese a Roma nei decenni si è progressivamente spostata dal centro verso la periferia orientale dove ora è presente con numeri importanti. Da Piazza Vittorio, passando per il Pigneto, molti bengalesi ora vivono a Torpignattara e qualcuno racconta che gli step di questa transumanza sono sempre stati preceduti dall’intensificazione dei controlli delle forze dell’ordine nei negozi e nelle abitazioni.
Anche la comunità cinese ha vissuto un fenomeno simile ma più che una chinatown a Roma adesso c’è una banglatown che è appunto a Torpignattara. Il quartiere, e l’inizio per esso di un processo di gentrificazione, sarà l’oggetto del progetto di filmaking etnografico, supportato dalla regione Lazio e dal titolo Formazione e Memoria, organizzato da AntropicA.
Per il coordinatore del progetto Parsifal Reparato “è importante riuscire a documentare la realtà sociale che vive in un posto che potrebbe essere completamente trasformato da un processo di gentrificazione perché di solito le persone che sono costrette ad andar via sono le uniche depositarie della memoria di ciò che hanno subito”.
Il caso dell’Associazione Dhuumcatu
Il 10 maggio scorso è stata sfratata dai suoi locali siti in via Capua 4 (sempre a Torpignattara) l’Associazione Dhuumcatu da sempre animata dal suo energico leader Nure Alam Siddique detto Batchcu. Si tratta di una realtà associativa che si occupa in via preferenziale di problematiche legate all’immigrazione non solo bengalese. Nel tempo si è fatta carico anche di gestire una sala di preghiera islamica, spazi per il doposcuola dei bambini e per le riunioni di tante altre realtà, di immigrati e non.
Nel 2016 Dhuumcatu era in prima fila per il problema della chiusura delle moschee a Roma. Caratteristica di Dhuumcatu è di essersi sempre schierata dalla parte dei più deboli, nei conflitti sociali, accumulando negli anni una preziosa esperienza in merito problematiche sociali solitamente non gestite da nessuno al punto da essere anche interlocutore istituzionale nella risoluzione di specifiche controversie legate all’immigrazione.
Intorno a Dhuumcatu e alla rilevanza del suo valore sociale stanno facendo quadrato tutte le forze antagoniste politiche e sociali di zona ma non solo (SI Cobas, Senzaconfine, Torpignattara Solidale,…). Il Presidente del Muncipio V Mauro Caliste, coinvolto nell’intermediazione tra Dhuumcatu e la finanziaria che ha chiesto lo sfratto, è stato da loro individuato come l’interlocutore istituzionale a cui chiedere un intervento deciso a favore dell’associazione ormai senza sede e per lui è stato realizzato anche un video tra il sarcastico e il dileggio (nello stesso video viene canzonato anche il Sindaco Roberto Gualtieri).
Tra Batchcu e Caliste c’è stato poi un diverbio personale solo alla fine ripreso e messo su facebook dal leader bengalese che sostiene di essere stato aggredito verbalmente dal presidente e di aver subito dopo ricevuto più visite da parte delle forze dell’ordine. Il Presidente del Municipio da parte sua non ha fatto alcuna pubblica dichiarazione sull’accaduto ma ha condiviso su Facebook l’ordinanza di Gualtieri sulla malamovida risalente ad un mese e mezzo prima.
Le realtà sociali schierate dalla parte di Dhuumcatu, che chiedono al Municipio di gestire il problema logistico venutosi a creare, sono fermamente convinte che lo sfratto dell’associazione avvenuto “con 100 poliziotti” sia stato un segnale chiarissimo nei confronti degli immigrati che se ne dovrebbero andare dalla zona. La sera del 15 giugno queste realtà hanno volantinato e attacchinato il loro punto di vista sulla vicenda per tutto il quartiere. Nelle assemblee che si sono susseguite dopo lo sgombero dei locali di via Capua 4, a partire dall’idea largamente condivisa che la vicenda riguarda tutte le fasce sociali più deboli, si è fatta largo l’ipotesi di una mobilitazione permanente a sostegno della rivendicazione.