L’associazione che gestisce da anni il luogo di culto informale di via Cavalcanti annuncia di aver presentato ricorso contro l’esclusione dal bando del Comune avvenuta un mese fa.
Il bando della giunta Sala, che fa seguito a quello del 2015 poi annullato, mette a disposizione solo due aree, quella di via Marignano e gli ex bagni pubblici di via Esterle. I progetti con le relative offerte economiche sono stati presentati entro il 30 maggio, si sa che mentre per l’area di via Marignano non ci sono state offerte, per quella di via Esterle sono giunte due offerte, entrambe da associazioni islamiche: la prima dalla Casa della Cultura Mussulmana di via Padova 144 e la seconda dall’associazione Milan Muslim Center che da anni svolge la sua attività in via Cavalcanti essendo subentrata alla Bangladesh Cultural & Welfare Association che aveva vinto il bando nel 2015.
L’esclusione dal bando
All’apertura delle buste con la verifica dei requisiti amministrativi è stata ritenuta valida solo un’offerta, mentre quella della Comunità bengalese invece è stata esclusa con la motivazione di non aver effettuato il sopralluogo dell’immobile e di non aver tra i suoi scopi statutari il culto, ora l’associazione Milan Muslim Center rende noto di aver presentato ricorso al Tribunale Amministrativo della Lombardia chiedendo di essere riammessa alla gara e opponendosi alla decisione.
In un comunicato diramato oggi si legge: “Abbiamo presentato un’offerta ed un progetto sia culturale che architettonico per l’immobile di via Esterle ma l’amministrazione ci ha escluso dal bando senza valutare né l’offerta tecnica nè quella economica sostenendo che la nostra associazione non riporta in statuto la finalità di culto e che non abbiamo realizzato il sopralluogo indicato come requisito necessario. Per questo motivo abbiamo presentato un ricorso al TAR chiedendo di essere riammessi alla gara, affinché la nostra proposta possa essere valutata ed essere confrontata alle altre in modo venga scelto il progetto migliore nell’interesse della nostra comunità, del Comune di Milano e di tutta la cittadinanza.”
La sede dell’associazione in via Cavalcanti 8 è stata in questi anni bersagliata da provvedimenti amministrativi e procedimenti che hanno portato fino alla condanna dell’ex presidente per la quale oggi pende un ricorso di fronte alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo inoltre è stata spesso definita dalla stampa moschea abusiva e attaccata da diversi esponenti politici, tanto che lo stesso segretario della Lega Matteo Salvini vi si è recato in piena campagna elettorale nel 2017.
Oggi secondo il portavoce di Milan Muslim Center Mozibur Rahman è paradossale che l’associazione venga esclusa dal bando perchè “nello statuto non figura il culto come finalità”, Rahman sottolinea appunto che: “l’ associazione ha da anni sede in via Cavalcanti 8 e da anni deve fare i conti con i problemi legali dovuti al fatto che Milan Muslim Center ha deciso di sopperire alla cronica mancanza di spazi di preghiera i musulmani milanesi ospitando la funzione del venerdì e questo le è costato l’accusa di moschea abusiva che spesso viene riportata sui giornali”
L’associazione ci tiene a ribadire che:“in questi anni la comunità che frequenta lo spazio di via Cavalcanti ha più volte cercato di compiere un percorso di che la portasse fuori da questa situazione, anche proprio attraverso un altro bando che fu l’antenato di questo, nel 2015 infatti la Bangladesh Cultural & Welfare association partecipò al bando del Comune sempre per via Esterle e anche in quell’occasione venne esclusa per motivi che la giustizia ritenne poi illegittimi.”
In effetti Il ricorso al TAR aveva dato ragione all’Associazione di via Cavalcanti, decisione poi confermata dal Consiglio di Stato in risposta ad un nuovo ricorso del Comune, il motivo di esclusione riguardava proprio il fatto che l’associazione si stesse difendendo in giudizio dal Comune che l’accusava di svolgere attività di culto non autorizzate, un bel paradosso per un bando che mirava a regolarizzare le attività esistenti.
Per quanto riguarda il sopralluogo invece il ricorso fa notare in prima battuta come non possa ritenersi un requisito essenziale per questo tipo di bandi e in subordine che i membri dell’associazione conoscessero benissimo l’immobile in quanto nel 2015 avevano già effettuato un sopralluogo e realizzato un progetto di ristrutturazione degli spazi. Bisogna ricordare poi che lo stabile non è libero e quindi non è nemmeno integralmente accessibile perchè oggi vi risiedono numerose persone e famiglie che reclamano una soluzione abitativa.