Il 25 gennaio 2011 il popolo egiziano insorse in una rivoluzione pacifica contro il regime di Mubarak, il quale ha governato l’Egitto per 30 anni, regime divenuto nel tempo sempre più oppressivo, il quale non si preoccupava dei diritti sociali del popolo egiziano.
Il regime guidato col pugno di ferro da Mubarak e sostenuto dalle forze armate, era fortemente condizionato da Washington, soprattutto negli ultimi anni e questo alimentava ulteriormente il malcontento popolare.
La rivolta è stata innescata principalmente dalla povertà che affliggeva la maggioranza degli egiziani, la situazione si palesava soprattutto sotto il profilo alimentare ma il paese era fortemente arretrato sotto tutti i punti di vista. Il sistema scolastico, il sistema sanitario erano inefficienti e corrotti. Il regime pensò di gestire la crisi con politiche repressive di violenza inaudita contro la folla inerme.
I rivoluzionari ebbero la meglio e costrinsero il governo Mubarak alle dimissioni il 14 febbraio 2011 e la rivoluzione continuò finché venne eletto il primo presidente scelto tramite elezioni libere: Muhammad Morsi. Morsi si insediò nel giugno 2012 con un piano per la rinascita del popolo egiziano.
Il suo programma si chiamava appunto Al Nahda, cioè il rinascimento, nei suoi discorsi parlava di come il popolo egiziano avrebbe dovuto essere autosufficiente, fare da sé il proprio cibo, i propri vestiti, le proprie armi, voleva rendere l’Egitto un paese capace di rialzarsi sulle proprie gambe senza dover dipendere da altre potenze.
Ma dopo un solo anno di governo nel luglio del 2013 il capo delle forze armate, il generale Al Sisi fece un colpo di Stato e il presente Morsi venne rapito con alcuni membri del parlamento. A quel punto ricominciarono le manifestazioni e la rivoluzione in tutte le città egiziane.
In particolare, migliaia di manifestanti si radunarono in una piazza del Cairo, chiamata piazza “Rabia Al Adawiyya”. La piazza è stata occupata per 6 settimane e sono stati allestiti numerosi accampamenti, erano presenti manifestati appartenenti a tutte le classi sociali, i manifestanti erano disarmati e pacifici, la cui unica richiesta era quella di far tornare la vita democratica e rilasciare il presidente Morsi e che l’esercito tornasse alle sue funzioni ordinarie.
I manifestanti rifiutarono di arrendersi , il governo decise di evacuare la piazza, il mattino del 14 agosto le forze di polizia egiziana ussarno tutti gli strumenti che avevano uccidendo deliberatamente migliaia di civili, senza riguardo alcuno per donne, anziani e bambini.
I sopravvissuti vennero arrestati senza nessuna garanzia e fino ad oggi, in questo momento, le carceri egiziane sono piene di detenuti politici, centinaia di migliaia di detenuti la cui unica colpa è di aver espresso la propria opinione, che versano in situazioni disumane, a cui sono vietate visite, a cui sono vietate medicine, e nei casi più estremi vietati anche i viveri. Ogni giorno che passa ci sono detenuti che muoiono in condizioni disumane, anche a causa di torture e abusi.
Oggi sono passati nove anni dal massacro in piazza Rabia, e nessuno parla più della situazione in Egitto, nessuno se ne preoccupa, le ingiustizie sono ingiustizie, non esistono morti più importanti e morti da dimenticare, le Nazioni Unite non si sono mai espresse in difesa dei detenuti politici, ed è un argomento che tocca da vicino l’Italia, perché lo stesso sistema ingiusto e corrotto che ha ucciso i giovani rivoluzionari che cercavano la libertà e la giustizia ha ucciso Giulio Regeni.
Questo è il principale problema dell’Occidente, la sua ipocrisia.