Sul giornale Libero del 15 settembre compare un articolo a firma Andrea Morigi, col seguente titolo: L’Islam mette il turbante al nuovo re.
Innanzitutto congratulazioni al titolista che ha sinteticamente indirizzato il lettore in maniera per nulla faziosa.
L’articolo in questione polemizza con quello scritto da Manuel Olivares e pubblicato su questo giornale qualche giorno fa, e tuttora presente in homepage.
Olivares scrive, con equilibrio e senza forzature, delle dichiarazioni sostanzialmente positive di Carlo III, il nuovo monarca inglese, nei confronti della religione islamica. Nessuno evidentemente ha voluto iscrivere Carlo d’Inghilterra all’Islam, e nessuno si è sognato di presentare il re come un convertito, cosa evidentissima per chiunque abbia voglia di leggere il bel pezzo di Olivares. Non per Morigi però e per il giornale per il quale scrive.
L’articolo de La Luce si è solo limitato a riportare le parole del nuovo monarca, parole pronunciate in occasione di una sua visita all’Oxford Center for Islamic Studies. Vista la circostanza, il discorso sarà sicuramente stato fatto, come sottolinea Morigi, per cortesia, magari però anche per convinzione, difficile entrare nel cuore umano. Le parole di Carlo sono queste, non le riportiamo integralmente, ma chi vuole può leggerle tutte nell’articolo di Olivares: «È strano, per molti versi, che le incomprensioni tra l’Islam e l’Occidente permangano perché ciò che unisce i nostri due mondi è molto più potente di quanto li divida. Musulmani, cristiani ed ebrei sono “popoli del libro” [qui utilizza un’espressione coranica]. Islam e Cristianesimo condividono una visione monoteistica. Dunque la fede in un solo Dio e nella transitorietà della nostra vita terrena, nella responsabilità delle proprie azioni (che verranno vagliate nel giorno del giudizio) e nella certezza di una vita ultraterrena. Condividono, inoltre, alcuni valori-chiave, ad esempio il rispetto per la conoscenza, la giustizia, la compassione verso i poveri e i bisognosi e per la famiglia (“onora il padre e la madre” è un altro precetto coranico). …>>
Ovviamente non ci aspettavamo dal giornale di cui è direttore Vittorio Feltri un approccio, diciamo così, amichevole; tuttavia un minimo sindacale di correttezza nell’informazione, beh, quella non solo ce l’aspettiamo, ma l’esigiamo anche.
Va bene la polemica, va bene che in quanto giornale, che è diventato punto di riferimento per centinaia di migliaia di musulmani italiani, si possa non essere simpatici – è un eufemismo- a tanti, e in modo particolare ad una destra che ha da tempo immemorabile deciso di buttare alle ortiche tutte le possibilità di dialogo, che pure con un minimo di buona volontà non mancherebbero, per promuovere e incoraggiare la voglia di crociata, ma ci sono dei limiti deontologici che tutti, musulmani, cristiani, atei, avventisti del settimo giorno ecc.. dovrebbero rispettare.
Secondo Andrea Morigi, e per la verità a sua parziale giustificazione non è la prima volta che si dice questa cosa, La Luce sarebbe ne più ne meno l’organo italiano della nota organizzazione islamica, detta dei Fratelli Musulmani. Falso.
Sul nostro giornale scrivono musulmani di ogni origine e ispirazione; fratelli nell’Islam che fanno riferimento al mondo Sufi, altri che, è il caso di chi scrive, si considerano semplici musulmani sunniti senza altre specificazioni, e chi segue questo giornale lo sa, vi sono accolti con piacere e non sono rari anche articoli di persone che non hanno nessun riferimento religioso specifico; che per quanto ne sappiamo potrebbero essere cristiani o buddisti, o anche semplicemente agnostici.
Morigi però non si limita a darci una patente di appartenenza che non è in alcun modo la nostra, Morigi fa di meglio; nelle parole introduttive del suo articolo definisce La Luce come sito di riferimento del fondamentalismo islamico in Italia. Anche questo non è vero. Tuttavia è grave, perché tutta una certa destra ha fatto e non da oggi del Fondamentalismo islamico uno spauracchio da agitare in modo strumentale. Il programma di Fratelli d’Italia del 2018 prevedeva espressamente l’introduzione nel nostro ordinamento giuridico il reato di Fondamentalismo islamico. A proposito, che fine ha fatto questa luminosa proposta?
Ma che cos’è poi il Fondamentalismo? Che significa questa parola, con cui molti soprattutto a destra amano riempirsi compiaciuti la bocca?
Il Fondamentalismo nasce cristiano, nasce protestante; è una rigida interpretazione dei precetti religiosi cristiani, tipica di un certo mondo statunitense, la famosa Bible belt; quell’insieme di Stati nordamericani che formano come una cintura territoriale nel cuore del continente americano, dove si pratica una lettura letterale dell’Antico e del Nuovo Testamento; gli Amish, discendenti delle prime comunità protestanti approdate nel nuovo continente, in nome dei loro principi religiosi rifiutano qualsiasi invenzione moderna.
Esistono in ambito religioso interpretazioni molto letterali della fede e delle scritture di riferimento, in ambito islamico come in altre religioni, tra le quali spiccano proprio il cristianesimo e l’ebraismo. Di per sé il cosiddetto fondamentalismo non è un male o un crimine; in un ambito laico, come è ad esempio quello della società italiana, può esserlo se questa rigidità comportamentale di ispirazione religiosa sfocia in aperta violazione degli articoli del codice penale; ma di per sé farsi crescere una lunga barba, circolare col capo coperto dall’hijab, farsi crescere come fanno certi ebrei lunghe basette di capelli e vestirsi di nero non viola alcun articolo del codice, sono scelte personali in cui nessuno Stato ha diritto di intervenire.
Tutto l’articolo di Morigi si fonda su una contrapposizione di base, su una supposta inimicizia insanabile tra Islam e Cristianesimo, e in questo contesto e a questo fine ecco la citazione dell’articolo di Libero delle parole del nuovo monarca inglese, parole pronunciate nel Natale del 2019 quando il re ricorda “le innumerevoli persone che soffrono terribili persecuzioni, costrette a fuggire dalle loro abitazioni, e a rafforzare la nostra determinazione per evitare che il Cristianesimo scompaia dalle terre della Bibbia.” E Morigi specifica, se non avessimo capito, che il sovrano si riferisce a Iraq e Siria.
Peccato dover ricordare all’articolista di Libero e ai tanti come lui, che la sola prima guerra del Golfo ha significato un ecatombe di migliaia di civili iracheni, la stragrande maggioranza dei quali musulmani o islamici come lor signori amano chiamarci, e che il martirio a cui è stato sottoposto il popolo siriano, anch’esso in gran maggioranza musulmano sunnita, è incalcolabile e se in quelle terre i cristiani sono sempre meno, non lo si deve all’Isis o a chissà quale altra sanguinosa setta islamica, ma prevalentemente a motivi più banali e contingenti, come una bassa natalità e la tendenza all’emigrazione verso Europa e Stati Uniti.