La pubblicazione di Rosso Malpelo nel 1880 da parte di Giovanni Verga rappresentò un importante momento di crescita e sensibilità culturale ed etica in Italia. L’opera di Verga divennne non solo punto di riferimento del verismo letterario -il movimento che mirava a dipingere la realtà dura e cruda – ma anche un esempio unico di denuncia della condizione della popolazione siciliana afflitta dalla miseria.
Questa denuncia diventa particolarmente forte quando si tratta dell’infanzia rubata che viviamo attraverso gli occhi ed il cuore di Rosso Malpelo. Oggi è impossibile non vedere un Rosso Malpelo in ogni bambino oppresso in Palestina dall’apartheid sionista.
Come Rosso Malpelo i piccoli palestinesi vengono demonizzati dai loro oppressori – basti ricordare che la leadership sionista li chiama “serpenti” – o peggio vengono ignorati da chi dovrebbe denunciare la loro situazione e stigmatizzare chi li opprime, e spesso li ignoriamo anche noi.
Watch| Israeli occupation soldiers confiscate a Palestinian child's bicycle and throw it into a dumpster in Jaber neighborhood, south of Hebron. pic.twitter.com/dCzboKD0zP
— Quds News Network (@QudsNen) October 18, 2022
Come Malpelo, la vitalità dei palestinesi e soprattutto quella dei più piccoli si trasforma in un anatema. I palestinesi hanno la colpa di resistere, i piccoli di essere eredi della loro resistenza. Ogni loro lacrima ci ricorda della nostra malvagia noncuranza e della brutalità dei loro oppressori che chiamiamo “alleati”. Persino la violenza esasperata di alcuni di quei bambini palestinesi che rinchiusi ed oppressi non hanno che pietre da lanciare contro quei mostri armati fino ai denti.
Fa parte dell’operazione di distruzione dell’anima palestinee eliminare la gioia. E così scene come quelle diffuse di recente dal canale di informazione la Quds Network in cui un soldato dell’occupazione sionista ruba e getta la bicilcetta di un bambino palestinese diventano un ulteriore simbolo dell’oppressione dell’occupante.
Alla fine di Rosso Malpelo il giovane perde l’amico Ranocchio che muore di tubercolosi. Solo e abbandonato non gli resta che tentare la fortuna attraversando una pericolosa galleria abbandonata. Verga conclude il racconto con un finale aperto, un peso enorme che l’autore lascia ai suoi lettori ed ai posteri il cui messaggio oggi è più forte che mai. Possiamo infatti aiutare ogni Rosso Malpelo, possiamo aiutarli ad attraversare quel pericoloso tunnel.
Verga però non ci lascia alcun contentino, non ci dà la soddisfazione di accontentarci di un felice finale inventato. Al contempo non ci lascia neanche il lusso della rassegnazione con un finale triste. Il finale è terribilmente aperto ed oggi spetta a noi scriverlo prima di tutto per la Palestina ed i Palestinesi.