Riflettendo sulle caratteristiche della guida politica ideale il pensiero non può che andare al Profeta Muhammad (lo benedica Dio e gli conceda la pace), con le sue mirabili capacità di guida spirituale, condottiero, legislatore e governatore. Ma dopo il Profeta la perfezione umana è una direzione da seguire più che una condizione da esigere in una guida spirituale o politica.
Vediamo, dunque, alcune delle caratteristiche che possono – nella realtà di oggi -farci riconoscere quale rappresentante politico potrebbe meritare la nostra fiducia. Non una fiducia incondizionata, ma abbastanza solida da indurci a sostenerlo e promuoverne la leadership.
In generale due sono gli elementi cui si tende a guardare per esprimere una scelta politica: i principi che sono promossi (il programma di un partito), e chi li diffonde (il leader). La saggezza divina inerente alla storia del Profeta ci dà una chiarissima indicazione sul fatto che quand’anche i principi proposti siano i migliori in assoluto (la Parola divina), è necessario che chi invita a seguirli sia credibile, coerente con quanto afferma, sincero nelle sue azioni. “O voi che credete, perché dite quel che poi non fate?” (Corano, 61:2). Come noto, il Profeta Muhammad prima ancora di ricevere la missione profetica era da tutti conosciuto ed apprezzato per la sua onestà ed integrità, tanto da ricevere l’appellativo di al amīn (l’onesto, il degno di fede).
Dunque, la sincerità è una condizione imprescindibile per chi si assume o riceve l’incarico di guidare e tutelare gli interessi collettivi. Tuttavia, si dice che la politica sia l’arte del compromesso, e la storia della nostra nazione offre innumerevoli esempi di uomini ed organizzazioni che, a forza di compromessi, hanno tradito ogni ideale, rinnegato ogni promessa elettorale, calpestato ogni principio fondamentale.
In ambito islamico la giustificazione al compromesso viene spesso trovata nel patto di Hudaybiyah: un accordo stretto dal Profeta Muhammad (lo benedica Allah e gli conceda la pace) con i Coreisciti, nemici della fede e dei musulmani, per cui egli rinunciò a compiere il pellegrinaggio minore (‘umrah) per l’anno in corso in cambio di una pace decennale. Con tutta evidenza qui il Profeta non rinunciò ad un principio sacro, non rinnegò l’importanza ed il dovere di dichiarare la verità; semplicemente sospese, per una volta, la pratica del pellegrinaggio, così da ottenere un periodo di pace nel quale solidificare e rafforzare la comunità dei credenti. Nessun voltafaccia, nessun opportunismo che negasse – anche solo superficialmente – alcun valore islamico, alcun principio dell’identità del credente.
Ciò è confermato dai reiterati tentativi dei Coreisciti stessi per indurre il Profeta ad accogliere il loro politeismo a fianco del suo monoteismo, per rendere quest’ultimo meno assoluto ed esclusivo. L’intransigenza del Profeta fu totale, giacché nessuna convenienza politica e nessun vantaggio collettivo avrebbe mai potuto giustificare il benché minimo compromesso sui principi di fede.
Insomma, il leader può (e talvolta deve) essere disposto a compromessi, purché questi non infrangano – nemmeno parzialmente – i valori ed i principi di riferimento e sulla base dei quali si cerca ed ottiene il consenso.
Raggiunto l’accordo con i Coreisciti, il Profeta esortò i Compagni a compiere alcuni riti come se il pellegrinaggio fosse stato effettuato, ma dovette constatare l’incomprensione e la reticenza da parte dei fedeli. Consultò allora sua moglie Umm Salamah, che gli suggerì di dare l’esempio, compiendo – lui per primo – quei riti dinanzi alla folla incerta e confusa.
Così avvenne, e ciò trasformò quel che a tutta prima appariva come un pesante compromesso in una netta vittoria politica a favore dei credenti. Incidentalmente, notiamo che il Profeta esercitò un’altra delle caratteristiche importanti del genuino leader politico, quella della consultazione, dell’ascolto e della ricezione dei consigli; mentre la nobile madre dei credenti Umm Salamah mostrò le sue doti di leader politica suggerendo quella esemplarità e manifestazione di coerenza ed integrità che costituisce e conferma il carisma della guida, del modello da seguire e supportare.
Molto altro si potrebbe dire a proposito delle caratteristiche di chi si fa guida nell’impegno politico, ma basti qui ricordare almeno un altro elemento che troviamo molto spesso tanto nel Corano che nella Sunnah. Si tratta della capacità di rinnovare se stessi e la società in maniera graduale, tenendo conto delle debolezze umane, delle diverse necessità e maniere di comprensione, della superiorità di un piccolo ma costante miglioramento rispetto ad uno improvviso ma isolato.
Utilizzando riferimenti politici squisitamente occidentali si potrebbe quindi affermare che l’ottimo leader, nell’ottica islamica, deve saper incarnare un atteggiamento assai più riformista che massimalista, almeno laddove le circostanze lo permettono.
Sarebbe velleitario cercare queste ed altre caratteristiche tutte accomunate in un singolo leader, ma sarebbe forse sufficiente cercarne tante quante ognuno di noi è disposto a sforzarsi di raggiungere in se stesso. Se cerco un leader onesto, quanto sono disposto a riformare il mio carattere verso un atteggiamento di maggiore onestà? Se pretendo una guida politica coerente, quanto sono pronto ad abbandonare le mie incoerenze? Se desidero un leader intelligente, quanto sono incline a studiare e riflettere prima di esprimermi su qualsiasi argomento?
A tal proposito non c’è regola più chiara e verità più profonda di quella contenuta nella Parola divina: “In verità Dio non modifica la realtà di un popolo finché esso non muta nel suo intimo” (Corano, 13:11)