La fusione nucleare è realtà
Lo scorso 13 dicembre il dipartimento dell’energia degli stati uniti (DOE) e l’amministrazione nazionale per la sicurezza nucleare (NNSA) hanno annunciato il raggiungimento dell’innesco della fusione nucleare. Come già sostenuto dall’amministrazione Biden-Harris, gli USA puntano ad una rete energetica pulita a zero emissioni di Co2, ma anche a mantenere un deterrente nucleare senza far ricorso ai famigerati test atomici di vecchio stampo.
Hanno partecipato al progetto molte istituzioni anche non statunitensi e diversi laboratori come il Los Alamos National Laboratory del DOE, il Sandia National Laboratories e il Nevada National Security Site, ma anche istituzioni accademiche come il Laboratory for Laser Energetics dell’Università di Rochester (UK), il Massachusetts Institute of Technology, l’Università della California, Berkeley e l’Università di Princeton.
Altri partner internazionali sono stati l’Atomic Weapons Establishment del Regno Unito e la Commissione francese per le energie alternative e l’energia atomica. Sebbene quindi l’eventuale distribuzione dei benefit commerciali spetti a gli Stati Uniti la paternità del progetto non è esclusivamente degli States.
Un po’ di storia
La storia della fusione nucleare ha conosciuto non pochi fallimenti nella recente passato. Dopo il grande bluff della “Fusione Nucleare Fredda” annunciata nel 1989 dai ricercatori dell’università dello Utah, M. Fleischmann e S. Pons, e dopo l’altrettanto fallita dimostrazione pubblica avvenuta ad Osaka in Giappone nel 2008 ad opera di Y. Arata, anche il colosso Google nel 2019, nonostante il generoso finanziamento di 10 milioni di dollari, ha fallito nell’impresa di ottenere la reazione nucleare a freddo.
Dell’impegno dell’URSS nell’ambito della fusione nucleare a catena, avvenuto durante gli anni ’50 del secolo scorso, ci rimane ironicamente il singolare nome del reattore utilizzato oggi dagli statunitensi per gli esperimenti in questo campo.
Possiamo quindi affermare che per la prima volta in assoluto, gli scienziati del National Ignition Facility al Lawrence Livermore National Laboratory in California hanno prodotto con successo una reazione di fusione nucleare con conseguente guadagno netto di energia. Il risultato dell’esperimento sarebbe un enorme passo avanti nella oramai decennale ricerca di una fonte “infinita” di energia pulita e per porre così fine alla dipendenza dai combustibili fossili.
Vantaggi della fusione rispetto alla fissione
La fusione nucleare avviene naturalmente nel sole e nelle altre stelle grazie alle alte temperature e al forte campo gravitazionale. Essa è una reazione dove due o più atomi si fondono formandone un terzo diverso dai primi due, un processo questo che genera un’enorme quantità di energia sotto forma di calore.
A differenza della fissione nucleare, cioè di quel tipo di reazione nucleare che attualmente viene realizzata nelle centrali nucleari di tutto il mondo, la fusione nucleare è detta “pulita” in quando non rilascia null’altro se non atomi innocui per l’uomo e per l’ambiente oltre ad una enorme quantità di energia e quindi nessun tipo di scoria nucleare radioattiva da dover in qualche modo, più spesso discutibile, smaltire.
Fusione for dummies
Se volessimo spiegare come avviene la fusione nucleare possiamo immaginare di lanciare due palloni da calcio uno contro l’altro alla velocità prossima a quella della luce e vedere emergere in seguito al loro scontro una pallina da tennis e molta energia. La massa mancante si sarà convertita in energia secondo la celeberrima relazione: E=mc^2, che spiega appunto come la massa ed energia siano equivalenti e come possano trasformarsi l’una nell’altra.
Il Tomakak
La fusione nucleare è stata realizzata in un Tokamak, acronimo russo per “camera toroidale con spire magnetiche”.
L’esperimento in questione ha utilizzato un processo noto come “fusione inerziale termonucleare”. Nella pratica il tutto avviene in un reattore nucleare a fusione a forma di toroide (ciambella) dove del combustibile ad idrogeno ad altissima temperatura e bassa pressione viene bombardato con una serie di quasi 200 laser creando così una delle esplosioni estremamente veloci e ripetute.
Nel Tokamak, grazie a dei magneti giganti che formano un potente campo magnetico, il combustibile a idrogeno rimane coeso e costretto lontano dalle pareti del reattore.
Quando avviene la reazione il reattore deve raggiungere almeno 150 milioni di gradi Celsius, cioè una temperatura 10 volte maggiore di quella all’interno del nucleo solare, divenendo cosi, nel breve tempo dell’esperimento, il luogo più caldo di tutto il pianeta e contemporaneamente anche il più freddo dato il relativo impianto di raffreddamento necessario.
Cosa avviene nel reattore
I neutroni sono particelle che hanno la caratteristica di essere prive di carica e quindi possono sfuggire al campo magnetico creato nel Tokamak e muoversi liberamente all’interno di esso a differenza delle altre particelle che formano il combustibile della reazione, le quali rimangono costrette e coese grazie al campo magnetico.
È proprio l’energia raccolta da queste particelle che viene estratta come calore. I neutroni infatti una volta avvenuta la reazione possono colpire uno speciale rivestimento presente nelle pareti del reattore e rilasciare la loro energia sotto forma di calore. L’acqua presente nelle pareti della struttura viene riscaldata, tanto che sarà il vapore acqueo che verrà generato a muovere le turbine per la produzione di corrente elettrica, similmente a come avviene nei reattori nucleari “classici”.
Limiti e sguardo al domani
La realtà però vuole che ancora la strada da fare per arrivare ad ottenere un guadagno energetico adeguato per la produzione di elettricità a scopo commerciale sia ancora lunga per due ordini di motivi.
In primis siamo ancora lontani dall’avere un guadagno energetico netto tramite questa reazione, nonostante gli annunci infatti, in questo esperimento è stata ottenuta una energia maggiore di quella utilizzata per far funzionare i laser solo se non si tiene conto della enorme quantità di energia necessaria per mettere in funzione il Tokamak.
In secondo luogo l’esperimento è avvenuto in una scala molto piccola, come affermato infatti dalla stessa responsabile dell’esperimento, la professoressa Kimberly S. Budil “[…] possiamo dire che è un successo della scienza, ma molto lontano dal fornire energia utile”. Ci sono poi una quantità di problemi logistici ancora da risolvere come ad esempio quelli che riguardano le performance dei laser necessari.
Per avere una idea basti sapere che gli attuali laser utilizzati per l’esperimento sono macchine estremamente complesse che lavorano effettuando un singolo sparo al giorno, mentre quelli che sarebbero eventualmente necessari per far funzionare un reattore a fusione a scopo commerciale dovrebbero essere capaci di operare ad una velocità di uno sparo al secondo.
Anche se le capacità tecniche per un utilizzo diffuso dell’energia derivante dalla fusione nucleare siano ad oggi ancora insufficienti, il suo utilizzo rimane un obiettivo assolutamente possibile e per di più futuribile non solo perché possiede il grande vantaggio di essere un processo “pulito” ma anche perché esso risulta essere estremamente vantaggioso, basti pensare che un bicchiere di combustibile utilizzato nella fusione sarebbe sufficiente ad alimentare le necessità energetiche di una casa per 800 anni.