“L’Islam non è e non potrà mai essere, per definizione, in crisi o in bisogno di un cambiamento revisionista; l’Islam, Kitāb wa-Sunnah, è immutabile in ogni luogo fino alla fine dei tempi. È esso stesso critica e principio di equilibrio rispetto al quale tutte le imprese umane devono essere misurate e a loro volta riviste e modificate.”
Così inizia ciò che è possibile definire essere la pietra miliare del pensiero del compianto Shaykh Abdelqader as-Sufi, alias Ian Dallas (Ayr, 1930 – Città del Capo, 2021), il suo testamento spirituale nel quale v’è stabilito ciò che l’homo islamicus deve coltivare per giungere alla nobiltà d’animo e all’equilibrio (mīzān) che dovrebbe contraddistinguerlo.
Possiamo affermare con una certa sicurezza che nella Medina dell’epoca della comunità dei Pii Predecessori l’essere umano sia giunto al suo punto più massimo creando una società la più sana ed equilibrata possibile. Il mito dello sviluppo e del progresso, un’estensione antiscientifica della speculazione biologica vittoriana nel regno della sociologia, non è sostenibile. Tutti gli indizi indicano piuttosto una costante involuzione sociale, ottenuta per mezzo della diminuzione della libertà, della crescente inibizione della vita personale e dei viaggi, dell’invasione della privacy, della degenerazione morale, della deviazione sessuale, della fine del contratto matrimoniale e così via.
Oggi scopriamo che i musulmani sono stati polarizzati in due campi, in una dialettica che sostiene da un lato l’instaurazione di regimi anti-islamici e dall’altro costringe gli uomini all’opposizione antitetica e alla resistenza sovversiva. “È nostra opinione” dice lo Shaykh “che il Ṣirāṭ al-mustaqīm sia tra queste due alternative una via di mezzo, un’interfaccia e una sunnah.”
“Non hai visto a cosa Dio paragona la buona parola? Essa è come un buon albero, la cui radice è salda e i cui rami [sono] nel cielo, e continuamente dà frutti, col permesso di Dio.”
Si prendano queste āyāt (passi coranici) come tema, soggetto e chiave di tutto ciò che verrà esaminato in questa sede. Il tema è at-Tarbīyat al-Islamīyat al-Aṣlīyah – l’educazione islamica radicale. Ciò che s’intende è un’educazione islamica che è assolutamente la fonte dell’Islam, il puro Islam di fonte medinese del Messaggero di Dio, pace e benedizioni divine su di lui.
Nell’ottica dello Shaykh, tale impalcatura di base si realizza su tre elementi e su altrettanti libri. Questi tre elementi sarebbero, innanzitutto, naturalmente il Libro di Dio, il Corano. Propedeutico a ciò, v’è la necessità di conoscere la lingua araba, che dobbiamo presumere e prendere per data. L’inizio è l’arabo. Dopo l’arabo, va conosciuto il Libro.
Successivamente, andrebbe fatta propria la conoscenza delle āyāt abrogate. Infine, si deve sapere il nuzūl (circostanze della rivelazione), si deve conoscere la Storia, i dettagli che circondano la discesa di quell’āyah, o serie di āyāt, o sūrah.
Si deve sapere cos’è collegato ad essa, altrimenti si potrebbe entrare nel reame dell’immaginazione. E per tutto ciò, sulla base della sua fama e della sua chiarezza e per la sua semplicità, per la sua meravigliosa capacità di includere tutti gli elementi essenziali, e per le sue chiare affermazioni sulla grammatica araba che tutti possono capire, potrebbe essere indicato il famosissimo e già molto popolare Tafsīr al-Jalālayn, perlomeno a livello base.
Poi, in secondo luogo, veniamo alla politica, al diritto e agli aḥādīth. Per questo l’opera più indicata non può essere che un libro, che contiene ḥadīth, uṣūl e ‘amal della Gente di Medina, e questo è senz’altro Al-Muwaṭṭaʾ dell’Imam Malik. L’opera in questione costituirebbe il secondo libro di questa Tarbīyat al-Islamīyat al-Aṣlīyah.
Il terzo elemento deriva dal fatto che tutto quanto elencato sopra, e che dovrebbe essere propedeutico, secondo la visione dello Shaykh, alla costituzione di una struttura islamica di base, non si ottiene con nessun altro mezzo se non con l’amore per il Messaggero di Dio, pace e benedizioni divine su di lui. Il mezzo per questa compassione e questa raḥmah è l’amore per l’Inviato di Dio.
E così, per tale scopo va selezionato un libro di sīrah. Esiste una vasta letteratura al riguardo; tra tutte, potrebbe esser utile allo scopo un’opera che è molto antica, ha circa mille anni, e che non contiene fantasie di sorta, nessun elemento favoloso, nessuna agiografia di esaltazione e speculazione metafisica, ma racconta semplicemente la meravigliosa storia del Messaggero di Dio, che Dio lo benedica e gli dia pace. L’opera in questione è Ash-Shifa’ del Qāḍī ʿIyāḍ.
Questa è la base, l’abc, secondo lo Shaykh Abdelqader as-Sufi, la conditio sine qua non è possibile partire sia se ci si vuol fare un’idea obiettiva dell’impatto del fenomeno islamico nel mondo, al di là di facili isterismi e mistificazioni, sia se si vuol aspirare a creare un’intellighenzia islamica degna di questo nome.